2020-06-16
I 5 stelle dribblano il «Caracasgate» per azzuffarsi sul ritorno di Dibba
La sortita dell'ex deputato sulla costituente ringalluzzisce le grilline estromesse dai ministeri. Lui liscia il pelo a Virginia Raggi, però punta a soffiarle la candidatura a Roma. E l'ala pro Luigi Di Maio contesta la debolezza di Vito Crimi.Il potenziale «Caracasgate» pare non aver messo in fibrillazione i grillini. Evidentemente, i principali grattacapi li sta generando la ridiscesa in campo di un chavista della prima ora, Alessandro Di Battista.«Ieri ho parlato di congresso e delle mie idee e Beppe mi ha mandato a quel paese. Io ho delle idee e, se non siamo d'accordo, francamente, amen…». Di Battista non lascia, anzi raddoppia: a Quarta Repubblica, su Rete 4, dedica un bel «me ne frego» alla fatwa lanciata contro di lui da Beppe Grillo e procede per la sua strada, quella che, secondo autorevolissime fonti del M5s, dovrebbe portarlo, il prossimo anno, a essere il candidato del M5s a sindaco di Roma. Dibba ha questa idea in testa, un chiodo fisso, e non è disposto a rinunciarvi. Per rafforzare la sua posizione, sta lavorando alla costituzione di una corrente di dissidenti interna al M5s. La sua richiesta di un congresso grillino, che Beppe Grillo ha paragonato alle teorie terrapiattiste, è stato, secondo quanto ha ricostruito La Verità ascoltando diversi big pentastellati, il segnale della sua (ri)discesa in campo: «Alessandro», rivela una fonte parlamentare del M5s, «vuole compattare intorno a sé tutti gli scontenti, soprattutto tra gli attivisti, nella prospettiva di una votazione su Rousseau per la scelta del candidato a sindaco della capitale. Non gli interessa tanto provocare terremoti in Parlamento, anche perché sa bene di non poter contare che sui soliti nomi, quelli che ce l'hanno a morte con Luigi Di Maio per non essere stati riconfermati al governo nel passaggio da gialloblù a giallorossi».Non è un caso che la sortita di Di Battista abbia riscontrato il consenso pubblico di due ex ministre, Giulia Grillo e Barbara Lezzi, che hanno detto addio alle poltrone ministeriali nel passaggio tra il Conte 1 e il Conte 2, e del parlamentare europeo Ignazio Corrao. Di Battista conta anche su un rapporto solido con Paola Taverna, e nel tentativo di depistare sulle sue reali intenzioni, lo scorso 27 maggio, ha pubblicato sui social una bella foto insieme a «un'amica speciale e coraggiosa», come lui stesso ha definito Virginia Raggi. Pura tattica, per non dire fuffa propagandistica. La partita è tutta da giocare, tanto più che la Raggi ha il problema del terzo mandato: uno lo ha fatto da consigliera di opposizione e uno da sindaco. Lo stesso Di Battista, a Mezz'ora in più, su Rai 3, ha silurato l'«amica speciale e coraggiosa»: «La deroga», ha detto, «per consentire una nuova elezione dopo due mandati? Io non ho mai sentito dai miei colleghi di voler cambiare questa regola. E non sarò certo io. Se qualcuno lo volesse fare lo dirà pubblicamente e si assumerà la responsabilità. L'impegno politico non è un lavoro per sempre». In realtà qualcuno lo ha detto pubblicamente, e non un passante ma il leader dei pentastellati: «Penso», ha sottolineato alcuni giorni fa a questo proposito il reggente del M5s, Vito Crimi, al Fatto Quotidiano, «che si debba discutere della permanenza del vincolo per chi amministra. Abbiamo sindaci al secondo mandato a Roma, Torino, Marino e Vimercate. Chi amministra dovrebbe poter lavorare in un'ottica pluriennale, quindi una riflessione va fatta. Il mondo cambia, e dobbiamo tenerne conto». Un auspicio, quello di Crimi, che però fino ad ora non si è tradotto nella necessaria modifica al regolamento, che tra l'altro Davide Casaleggio non vede con favore. A proposito di Crimi: mentre registriamo che il giallo venezuelano non ha prodotto alcuna spaccatura nel M5s, è singolare constatare come la gestione del reggente stia facendo crescere, tra i pentastellati, la nostalgia di Luigi Di Maio. «Lo abbiamo criticato e attaccato», spiega una fonte non dimaiana, «ma almeno Luigi, con tutti i suoi difetti, riusciva a tenere una linea. Crimi è volenteroso ma non ha polso, e ognuno fa come gli pare». Dunque, se corrente sarà, quella di Di Battista andrà a bilanciare sulla destra la componente di sinistra radicale del M5s, che fa capo al presidente della Camera, Roberto Fico. Il quale non ha alcuna intenzione di lasciare la poltrona più importante di Montecitorio, la terza carica dello Stato, per entrare a far parte dell'esecutivo, ipotesi che pure qualcuno gli ha sottoposto. Ripercussioni sulla stabilità del governo, comunque, sono escluse da tutti: «Il governo non cade per fronde o dissidenti», aggiunge la nostra fonte, «perché nessuno ha intenzione di lasciare il governo del Paese al centrodestra né tanto meno di mollare la poltrona. Che Giuseppe Conte miri alla guida del M5s ci sembra una fantasia, piuttosto il timore, per non dire il terrore, è che in autunno la crisi economica travolga tutto e tutti, e a quel punto sarebbe molto difficile tenere a bada chi spinge per un governo di salvezza nazionale guidato magari da Mario Draghi o dallo stesso Vittorio Colao».Ieri Di Battista ha pubblicato su Facebook un post del blog di Beppe Grillo sull'acqua come bene comune. Al di là del merito dell'articolo di Grillo, in molti hanno letto la mossa di Dibba come un tentativo di riappacificarsi con il fondatore del M5s, o comunque di mostrare ai suoi followers che la sua stima per il fondatore non è diminuita.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)