2022-03-29
Hollywood s’è desta: è stata la mano di Smith
Appena prima di vincere l’Oscar l’attore è salito sul palco e ha schiaffeggiato il conduttore, che aveva fatto ironia sulla malattiadi sua moglie. Dopo anni di censure e sentimenti plastificati, un marito innamorato demolisce il santuario del politically correct. «Non ti disunire». Se Paolo Sorrentino non ha vinto niente, la battuta cult del suo film È stata la mano di Dio diventa l’undicesimo comandamento d’una cerimonia degli Oscar finalmente all’altezza dell’America profonda che inventacolpi di scena e sa trasformare tiepidi brodini politicamente corretti in scariche di adrenalina western. Passerà alla storia come la notte dello schiaffo, quella del ritorno alla fisicità di un gesto istintivo e primitivo. Una manifestazione di fastidio maleducata ma umana, la reazione «uguale e contraria» a una provocazione cialtronesca a una signora. Con un’evoluzione perfino gentile, se vogliamo: da quelle parti per regolare i conti un secolo fa usavano la Colt Navy o la mazza da baseball. La premiazione sta scorrendo fra gli sbadigli (prego prima lei, contessa) quando il presentatore Chris Rock decide di piazzare una delle sue battute di mezza tacca sulla moglie di Will Smith, che più tardi vincerà la statuetta come miglior attore protagonista per King Richard. Jada Pinkett soffre di alopecia (malattia autoimmune che fa perdere le chiome), ha narrato le sue vicissitudini in diretta su Instagram e invece di coprirsi con sciarpe o cappelli sta seduta accanto al marito con una rasatura totale, stile Skin. Fascinosissima. «Jada ti voglio bene, Soldato Jane 2, non vedo l’ora di vederlo», azzarda Rock mentre lei alza gli occhi al cielo incassando il paragone con Demi Moore in quel film. La platea si sganascia, Will Smith si disunisce. Sale sul palco, tira uno sberlone al comico e torna al posto ripetendo per due volte la frase: «Tieni il nome di mia moglie fuori dalla tua fottuta bocca». Svenimenti di massa all’Academy Awards che si limita a commentare: «Non condoniamo la violenza in nessuna forma», mentre a Los Angeles i cinefili più radical già chiedono il sequestro della statuetta. Nel santuario del conformismo ideologico, dove è in vigore un decalogo che impone quote di «minoranze emergenti» (tot neri, tot gay, tot latinos, tot lesbiche) per produrre film degni di essere selezionati, il ceffone ha il fragore dei cimbali nell’Uomo che sapeva troppo di Alfred Hitchcock. Un risveglio dal torpore. Quel tipo che si avvicina al presentatore per menarlo non è più Will Smith ma John Wayne. Fra i due ci sono ruggini antiche. Qualche anno fa lui boicottò il premio perché non selezionato e Rock disse: «È come se io boicottassi le mutandine di Rihanna, non sono stato invitato». Sempre che tutto ciò non sia fiction, come azzarda qualche giornale americano. Tre possibili incongruenze: 1) Smith ride alla battuta, poi cambia umore; 2) lo schiaffo è enfatizzato dalla gestualità e dal sonoro; 3) Smith gongola quando torna al posto. Il Var giudicherà, rimane lo choc immediato. Poiché questa volta il delitto è perfetto non ci sarebbero tematiche ideologiche da cavalcare per allenare la quota giornaliera di indignazione: né la prepotenza razzista (la rissa è fra due neri), né la violenza sessista (l’aggressore difende la moglie da un villano). È lo spirito di frontiera che ribolle, più forte di ogni convenzione plastificata. Lo conferma il figlio di Will, Jaden Smith, su Twitter: «Noi facciamo così». È la conferma che lontano dai minuetti dem - diciamo pure nella vita reale - la resilienza arriva dopo l’orgoglio famigliare e l’inclusione non dipende da un decreto ma dal grado di educazione percepita. Il siparietto fa il giro del mondo e gli Oscar tornano a far discutere; finora la polemica più sapida era stata imbastita dall’icona western Sam Elliott (l’io narrante di The Big Lebowsky dei fratelli Coen) contro i cow boy fasulli, «pezzi di carne metrosexual», rappresentati dalla Campion ne Il potere del cane. Tutto alle spalle, si può dire che quest’anno ha vinto un docufilm di 20 secondi.In platea le reazioni allo schiaffo sono contrastanti. Denzel Washington abbraccia l’attore vendicativo per solidarietà (e gli dirà: «Nel momento più alto devi stare attento, è lì che il diavolo viene a cercarti») mentre Gabriele Muccino, molto sensibile alla polarizzazione hollywoodiana dei comportamenti, lo accusa: «Mi dispiace enormemente per come Will sia riuscito a rovinare la serata più importante della sua vita. Nessuno sa i pregressi di quel nervo tanto scoperto da fargli perdere così il controllo». Chris Rock, nella sua ebetudine, si limita a commentare: «È la più grande serata nella storia della televisione» e per ora non ha sporto denuncia. Il gesto potrebbe costare all’aggressore sei mesi di carcere e 100.000 dollari di multa.Lo show riparte e sfilano i vincitori. Miglior film I segni del cuore di Sian Heder; miglior regista Jane Campion per Il potere del cane; migliori attori Will Smith e Jessica Chastain (Gli occhi di Tammy Faye); miglior film straniero Drive my car di Ryusuke Hamaguchi. Quando sale sul palco a prendere la statuetta, il marito manesco si scusa con tutti tranne che con il presentatore. Riferendosi a Re Riccardo, il padre delle tenniste Williams, aggiunge commosso per spiegare la reazione: «Lui è stato un feroce difensore della famiglia. Io sono stato chiamato nella mia vita ad amare le persone, a proteggerle ed essere un fiume per la mia gente. Ho dovuto proteggere Jada». Poi conclude: «Spero che mi invitino ancora». Forse se si ammala la guardarobiera.
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Charlie Kirk (Getty Images)