2020-03-30
Hanno votato Ursula e adesso scoprono che è una «rigorista» voluta dalla Merkel
Ursula von der Leyen (Ansa)
In estate Pd, M5s, Forza Italia inneggiarono alla von der Leyen benché lei abbia sempre difeso solamente gli interessi tedeschi.Ma guarda. Nulla sfugge agli eurolirici e agli eurofanatici, sia a quelli pentiti sia a quelli tuttora in servizio permanente effettivo. Adesso è tutto un dolersi, è tutto un frignare perché hanno improvvisamente scoperto che Ursula von der Leyen è una «rigorista», è cattiva, fa sponda all'Olanda, strizza l'occhio ai duri del Nord, non è super partes. Una specie di Crudelia, ci spiegano accorati. Forte della sua delega ai servizi segreti, oltre che dell'assistenza dell'indispensabile Rocco Casalino, pare che Giuseppe Conte sia stato in grado di scoprire perfino l'ultimo oscuro segreto: e cioè che Ursula …è tedesca. Ma pensa, inimmaginabile: i nostri volpini europeisti hanno scoperto che i tedeschi pensano all'interesse nazionale della Germania, mica a quello dell'Italia. Tuttavia, è sufficiente una ricerchina per scoprire che la gran parte di coloro che oggi piangono calde lacrime, a luglio, quando la von der Leyen ottenne il via libera del Parlamento europeo, esultavano come tifosi da stadio, come un'unica curva euroeccitata. I più scatenati erano i grillini, su di giri perché i loro 14 voti erano risultati determinanti (Ursula ebbe infatti la fiducia per uno striminzito margine di 9 voti). Anziché andarsi a nascondere e riflettere sul fatto che, se avessero votato diversamente, la tedesca sarebbe stata bocciata, costringendo Berlino-Parigi-Bruxelles a rimescolare le carte, i pentastellati festeggiavano selvaggiamente. L'implacabile archivio di Twitter mostra l'account di Dino Giarrusso alle 20.14 del 16 luglio scorso: foto del tabellone con i voti alla von der Leyen e una sola, orgogliosa parola di commento: «Decisivi». Ed ecco una nota dell'intera delegazione M5s: «Senza i nostri voti, determinanti, oggi saremmo davanti a una crisi istituzionale senza precedenti in Europa. Siamo stati l'ago della bilancia». Inutile chiedere oggi che fine abbia fatto quell'ago. Ma, in zona giallorossa, la galleria è pressoché infinita. Non proprio preveggente Giuseppe Conte: «Apprezziamo le proposte programmatiche della presidente in direzione di un'Europa finalmente più solidale». E infatti s'è visto. Lucidissima - si fa per dire - anche la previsione di Gianni Pittella, a lungo uomo forte del Pd tra Bruxelles e a Strasburgo: «Auguri presidente von der Leyen. Abbiamo tifato per il varo del nuovo esecutivo europeo perché abbiamo colto nelle sue parole la consapevolezza della crisi profonda del progetto europeo e l'urgenza di un nuovo inizio». Sulla stessa linea il segretario Nicola Zingaretti, scatenato contro la Lega, colpevole di aver votato contro: «Auguri alla presidente Ursula von der Leyen, una donna europeista, e alle forze che l'hanno sostenuta con una scelta basata sull'impegno per crescita, clima, riforma di Dublino e riforme istituzionali. Tutti obiettivi contro i quali lavora la Lega che infatti le ha votato contro». Lirico anche Matteo Renzi: «È la prima donna, non sarà l'ultima. Tutti insieme dovremo aiutarla per restituire un'anima all'Europa, un ideale, una speranza, una passione. Viva l'Europa, buon lavoro signora presidente».Fa impressione anche la differenza tra l'onesto sconforto di oggi di Carlo Calenda («Una delusione dopo l'altra. La von der Leyen si sta decisamente dimostrando unfit per governare l'Ue in questo momento drammatico. Teniamoci forte») e il tifo da stadio di luglio: «Gran bel discorso di Ursula von der Leyen. Ha recepito molti, direi tutti, i temi sollevati dall'Italia e soprattutto ben rappresenta lo spirito di Siamo europei (il nome che aveva allora il movimento di Calenda, ndr). Un attacco frontale agli antieuropeisti. La voterò con convinzione. Avanti». E Roberto Gualtieri? Allineato ed esultante pure lui, in prima fila: «Il Pd ha deciso di votare sì, a favore dell'elezione di Ursula von der Leyen. Lo facciamo perché siamo soddisfatti delle risposte che ha dato alle nostre richieste, con la lettera di ieri e con il dibattito di oggi». Naturalmente non mancavano, in quanto aderenti al Ppe, gli uomini di Forza Italia, che votarono sia a luglio per la von der Leyen sia a fine novembre per tutta la Commissione, diversamente da Lega e Fratelli d'Italia. Ma se in Aula a Strasburgo Antonio Tajani fu saggiamente cauto, e ribadì in più passaggi alcune richieste programmatiche, a Roma qualcuno andò in corsia di sorpasso, come Mara Carfagna: «La Commissione presieduta da Ursula von der Leyen rappresenta una scommessa sul futuro dell'Europa. Noi di Forza Italia questa scommessa vogliamo vincerla al suo fianco, perché siamo convinti che la scelta europeista sia essenziale per garantire pace e sicurezza, sviluppo economico, certezza dei diritti e tutela della nostra identità». Alé. Forse - ci permettiamo di ipotizzare - nessuno dei personaggi citati conosceva l'aneddoto raccontato da Charles Moore nella sua straordinaria biografia di Margaret Thatcher. Una volta, la Lady di ferro invitò un gruppo di storici a Chequers, la residenza di campagna del primo ministro inglese, e pose loro un paio di questioni. Primo: come fu possibile che un popolo colto come i tedeschi, negli anni Trenta, accettasse l'avventura nazista? Secondo: quella voglia di espansione, quella propensione a unire l'Europa - ma non nella libertà - potevano riproporsi in futuro, ad esempio attraverso l'economia? Sarebbe il caso di riflettere sugli effetti perversi di questa Ue: si voleva europeizzare la Germania, e invece si è finito per germanizzare l'Europa. Ben svegliati, cari eurolirici, cari eurofanatici. Però adesso non fateci anche lo spiegone.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)