2020-09-16
Sacerdote ucciso da immigrato ma danno la colpa agli italiani
Sappiate che siete colpevoli. A prescindere, anche se nessuno vi aveva informato e pure se non c'eravate. Parola di Roberto Bernasconi, direttore della Caritas di Como. Il suo è il commento a caldo rilasciato dopo l'uccisione di Don Roberto Malgesini, il prete dei poveri, una vita spesa ad aiutare le persone in difficoltà. Ieri mattina un senzatetto di origini tunisine, uno che doveva essere stato espulso da un pezzo, lo ha accoltellato a morte, colpendolo alle spalle mentre stava distribuendo cibo ai mendicanti. «Questa tragedia è paragonabile a un martirio. Don Roberto voleva trasmettere un messaggio cristiano attraverso la vicinanza a queste persone», ha dichiarato Bernasconi ai giornalisti locali. E fin qui condividiamo le parole del direttore della Caritas, perché don Roberto era, secondo chi lo conosceva bene, troppo buono. Ma è quello che Bernasconi ha detto dopo che vi mette, e io non sono escluso, sul banco degli imputati. «È una tragedia che nasce dall'odio che monta in questi giorni ed è la causa scatenante al di là della persona fisica che ha compiuto questo gesto». Avete capito? L'autore dell'omicidio secondo il responsabile dell'assistenza diocesana non c'entra nulla, passa in secondo piano, degradato a semplice esecutore materiale delle coltellate. Il suo ruolo sfuma fra mille attenuanti e sulla scena del crimine avanzano i veri responsabili, i mandanti dell'omicidio di don Roberto. «O la smettiamo di odiarci o tragedie come questa si ripeteranno», ammonisce il direttore della Caritas, che alla fine conclude: «Spero che questo martirio possa contribuire allo svelenamento della società». Con chi ce l'abbia il responsabile cittadino dell'organizzazione caritatevole è presto detto. La colpa, secondo lui, è della giunta che si sta dando da fare per eliminare il degrado dal centro storico della città lombarda, proibendo bivacchi e accattonaggio. Aver provato ad allontanare senzatetto ed extracomunitari, secondo Bernasconi, è la causa di quel che è successo. Che don Roberto insistesse a portare da mangiare ai clochard, anche a rischio di infrangere le ordinanze comunali, poco importa. Che sia stato colpito a morte proprio colui che aiutava i più poveri e diseredati e non altri, per il direttore della Caritas non costituisce un salto logico. La colpa rimane di chi chiede il rispetto delle leggi e si oppone allo sfascio di una città, opponendo le regole al dormitorio in piazza.Se non ci fosse di mezzo un morto, un prete che tutti descrivono come un angelo, si potrebbe chiudere qui, archiviando le frasi di Bernasconi nel fascicolo delle dichiarazioni prive di senso se non, peggio, delle strumentalizzazioni. Ma il discorso del direttore della Caritas comasca non può essere lasciato cadere così, perché punta a stravolgere il senso delle cose e a politicizzare, al contrario, una vicenda dolorosa. Don Roberto non è stato ucciso da un assessore della giunta comasca e nemmeno da un leghista. Il sacerdote che portava da mangiare ai senzatetto è stato assassinato da una delle persone che si prefiggeva di aiutare. Il clochard non ha colpito la mano di chi lo voleva cacciare o sottrargli una coperta, ma la mano di chi gli offriva cibo e aiuto. Non c'entrano nulla dunque il clima di odio, il veleno della società o altro. C'entra il fatto che l'amore, anche quello di un prete verso chi soffre, non cura tutto. E c'entra il fatto che non sempre chi riceve aiuto, chi viene accolto, ricambia il gesto con un atto benevolo.Ma purtroppo la sociologia da due soldi, o per meglio dire la sociologia ideologizzata, questo non lo può capire. Tutto viene guardato con gli occhiali deformati dei propri convincimenti radicali. Non c'è un extracomunitario (con problemi o meno, questo lo accerterà una perizia) che uccide. C'è un extracomunitario che è indotto a commettere un omicidio a causa del clima d'odio che lo circonda. La realtà è piegata agli interessi di bottega, alle ragioni di bandiera, alla faziosità camuffata da bontà.Così, quando un giovane la cui famiglia è originaria di Capo Verde viene ucciso in maniera brutale, la narrazione non si limita alla cronaca, ma deve virare verso la politica, parlando di violenza fascista. Nessuno sa per chi votassero i suoi assassini, ma i coristi politicamente corretti, per assolvere la propria coscienza hanno già pronte le etichette, a costo di distorcere la realtà. Perché è confortante che i violenti e l'odio stiano sempre da una parte. Sia che a uccidere un ragazzo italiano a Bastia Umbra siano tre extracomunitari, sia che a colpire un ragazzo i cui genitori sono immigrati siano italiani. Sì, l'odio ha sempre un solo colore, quello che non piace alla sinistra. Se un prete muore per mano di uno straniero va messo all'indice il clima di ostilità in cui lo straniero ha maturato il proprio delitto. Non il suo assassino e chi lo ha lasciato circolare liberamente, coccolandolo con la cultura dell'accoglienza.Detto ciò, per quanto ci riguarda, noi, che siamo colpevoli a prescindere, invece di andare a caccia dei responsabili preferiamo pregare. E forse lo dovrebbe fare anche chi si ispira a sentimenti di cristianità e di carità.