2023-10-27
Ankara tratta con l’Iran che punta al Caucaso
Recep Tayyip Erdogan e il ministro degli Affari Esteri turco Hakan Fidan (Ansa)
Per sbloccare la crisi, la Turchia schiera il suo ministro Hakan Fidan. L’ex spia ha il profilo giusto per ottenere da Teheran l’indebolimento di Hamas e il rafforzamento dell’Anp. In cambio, la Repubblica islamica avrebbe mano libera sul gas azero a scapito di Ue e Russia.Hakan Fidan ha 55 anni, è nel pieno della sua carriera politica ed è considerato dopo Recep Erdogan l’uomo più sottile e influente della Turchia. Dallo scorso giugno è ministro degli Esteri e - inutile dirlo - punta di diamante del nuovo governo e della nuova era Erdogan. Ha studiato all’università del Maryland e per oltre 12 anni è stato il direttore del servizio centrale di intelligence turco. In Italia non è conosciuto, in Europa poco, ma la guerra arabo israeliana e l’imminente invasione di terra a Gaza da parte dello Tsahal rischia di diventare il trampolino per una improvvisa celebrità. Certo, Fidan ha ancora molto la postura da spia più che quella da diplomatico, un tratto pure questo che, visto il momento, può tradursi in un duplice vantaggio. Stati Uniti ed Europa frenano Gerusalemme. Più tempo passa e più l’immagine di Israele, quella militare, rischia di indebolirsi. Al contrario, un attacco da cielo e da terra su tutta la superficie di Gaza rischia di tagliare le gambe allo stesso governo di Bibi Netanyahu. Ecco perché tutti navigano su una faglia sottilissima che vede il punto di equilibrio a Teheran. Come abbiamo già scritto, l’Iran sarà un diabolico partner di mediazione o diventerà il nemico esplicito? In entrambe i casi, ai pericoli si aggiunge il vantaggio di depotenziare Hamas. Ovviamente tra i pericoli c’è quello di dare all’Iran megafono e l’autorizzazione a usarlo. Per questo Fidan rischia di essere l’uomo giusto al momento giusto. Nel 2014, quando vestiva i panni dell’agente, finì in un piccolo scandalo, se così si può chiamare. In occasione di un visita ufficiale di Erdogan in Iran (incontrò l’allora ayatollah Ali Khamenei) Fidan avrebbe deviato dal percorso per un meeting segreto in un garage con Qasem Soleimani, il comandante delle guardie della Rivoluzione, ucciso da un bombardamento autorizzato dagli Usa all’aeroporto di Bagdad sei anni dopo. Quell’incontro riservato fu oggetto di alcune analisi di intelligence e taluni dipinsero per Fidan un ruolo di asset iraniano all’interno del mondo turco. Almeno a partire dal 2010. Evidentemente, anche se così è stato, nulla è avvenuto all’insaputa di Erdogan. Tanto che adesso Fidan è entrato a giocare nella serie A. E da quando gestisce il ministero degli Esteri ha già fatto due importanti viaggi a Teheran. Dove non ha più Soleimani come amico, ma deve aver mantenuto una buona rete. Ai primi di settembre è volato in Iran per discutere una possibile cooperazione bilaterale. Mentre sei giorni fa è tornato per infilarsi nel meeting a tre (iraniani, azeri ed armeni) sul futuro del Nagorno Karabakh. A fine agosto, lo stesso ministro turco è stato però in Iraq. I giornali del Medio Oriente hanno dedicato paginate all’evento. Interessante però la lettura fatta dagli iraniani. Fidan sembra aprire una nuova era nei rapporti con l’Iraq, riportando le lancette indietro di almeno sei secoli. Nel suo viaggio ha parlato di terrorismo e di lotta al Pkk dei curdi, il quale a sua volta deve fronteggiare una spaccatura interna con la costola del Puk. Il governo iracheno sembra aprire le porte, e in cambio vorrebbe aiuto per nuove autostrade e per le condotte d’acqua. Se la Turchia riesce a stringere questi rapporti, per l’Iran si fa più difficile nella zona, tanto più che in Siria il problema degli equilibri si complica. In ballo c’è pure la Russia, con i suoi rapporti bilaterali con Assad. E al tempo stesso con il governo palestinese. Tornando all’Iraq, va ricordato che Fidan per anni ha coltivato canali occulti a Bagdad che gli hanno permesso ingenti operazioni contro i curdi. Quei canali gli hanno anche permesso di muoversi su più punti e di essere di fatto il vero ideatore del riavvicinamento con l’Arabia Saudita e, a partire dal 2017, con l’Egitto. Fidan sa che se vuole chiudere la partita irachena ha bisogno dell’ok iraniano. E probabilmente in queste ora starà osservando con estrema attenzione le mosse russe. Il riferimento è ai colloqui tra Vladimir Putin e i vertici del governo palestinese. L’intento è quello di avviare una mediazione, ma al tempo stesso, al di là del sostegno solo formale ad Hamas, di risuscitare il ruolo politico ad Abu Mazen, separare il suo destino da quello di Hamas e fare in modo che la Fratellanza Musulmana si divide a sua volta. Sembra di capire che l’intento russo e turco potrebbe essere questo. Il neo di Fidan è il suo rapporto con Netanyahu. Va ricordato il celebre episodio della Flottiglia di Gaza del 2010. Israele assaltò il naviglio e uccise alcuni marinai turchi. Dietro l’idea, sul fronte di Ankara, c’era proprio Fidan. Da lì è facile immaginare che i rapporti sono stati a zero. Ma se Fidan è sopravvissuto al Mossad, probabilmente lo si deve agli americani. Ci scusiamo per la complessità delle relazioni e del racconto. Purtroppo dipende dalla storia del Medio Oriente e dalla quantità di Giano Bifronte che ci vivino. Difficile dunque provare a immaginare come uscire dall’attuale ulteriore ingarbugliamento. Probabilmente, con la mediazione turca, l’Iran potrebbe sacrificare parte dei suoi legami con Hamas in cambio di mano libera sul Caucaso. A discapito dei russi e pure della sovranità energetica dell’Europa. Immaginate che cosa potrebbe succedere nel Vecchio Continente se i gasdotti di Baku finissero sotto l’influsso iraniano. La domanda è retorica. D’altronde dovremmo pure ingoiare un rospo enorme, visto che la jihad di fatto nel lungo termine vuole comunque distruggere tutti gli «infedeli, non solo gli ebrei. Resta un ulteriore tema: che cosa decideranno gli Stati Uniti. Ieri l’ex braccio destro di Donald Trump, Mike Pompeo, ha rivendicato il fatto di non aver concesso mai i visti di ingresso ai macellai iraniani, a differenza dell’attuale amministrazione dem. Il voto si avvicina anche negli Usa e la voce di Pompeo è non solo la voce dei Repubblicani, ma anche quella delle istituzioni e del deep State. C’è da immaginarsi, dunque, un freno all’attività di mediazione da parte dei turchi guidati da Fidan. Anche ieri, una dozzina di Paesi arabi ha condannato solo le morti di Gaza, Ma l’alternativa è ammettere che Teheran è il nemico numero uno non solo di Israele, ma anche di Usa ed Europa. E affrontare una guerra.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.