2023-09-30
Haftar da Putin. Ora ci vuole il Piano Mattei
Vladimir Putin e Khalifa Haftar (Ansa)
Il generale della Cirenaica vola dallo zar, che sfrutta le debolezze francesi per espandersi nel continente. Dove già influenza il Niger e contribuisce al caos in Libia. Usa e Ue cincischiano, ma la destabilizzazione dell’Africa rischia di provocare altri sbarchi a raffica.La Russia continua a mantenere la presa sul Nord Africa. Il generale della Cirenaica, Khalifa Haftar, si è recato a Mosca, dove ha incontrato Vladimir Putin. Il faccia a faccia con lo zar, il primo dal 2019, è stato confermato dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, secondo cui i due «hanno discusso della situazione in Libia e nella regione nel suo insieme». È importante sottolineare che, secondo Agenzia Nova, il generale libico è stato accolto in Russia con il picchetto d’onore e con «una cerimonia di ricevimento ufficiale, durante la quale erano stati suonati gli inni nazionali dei due Paesi». Non solo. La stessa fonte ha riportato che la visita di Haftar sarebbe avvenuta su invito delle autorità di Mosca. Questo significa che Putin mira a rafforzare ulteriormente la propria influenza sulla parte orientale della Libia. Non è d’altronde un mistero che il generale della Cirenaica sia storicamente spalleggiato dai mercenari russi del Wagner group, sulle cui operazioni è stata finora veicolata gran parte della politica estera di Mosca nel continente africano: dal Nord Africa al Sahel. Anzi, Putin ha utilizzato proprio la Libia orientale come trampolino di lancio per estendere la sua longa manus sullo stesso Sahel. Era lo scorso aprile, quando la Cnn rivelò che il Wagner group aveva rifornito di armamenti i paramilitari sudanesi delle Rsf attraverso basi militari di Haftar. Reparti delle Rsf avevano spalleggiato il generale della Cirenaica nella sua azione militare contro Tripoli nel 2019 e che le stesse Rsf intrattengono storicamente legami con i mercenari Wagner: un’organizzazione che, nonostante il fallito golpe e la morte di Evgenij Prigozhin, sembra tutt’altro che defunta. Proprio ieri Putin ha incontrato l’ex comandante del Wagner group, Andrei Troshev, assegnandogli la supervisione dei combattenti volontari in Ucraina. Nel complesso, l’influenza russa nell’area africana sta pericolosamente crescendo. La Francia è sempre più debole nel Sahel e Mosca ne approfitta. Basti pensare che, a metà settembre, Mali, Burkina Faso e Niger - tre Paesi che, negli ultimi due anni, sono entrati saldamente nell’orbita d’influenza russa - hanno siglato un patto di sicurezza che prevede mutua assistenza militare: uno schiaffo sia all’Ecowas sia al G5 Sahel (che è storicamente appoggiato da Parigi). Non è d’altronde un caso che uno stretto alleato di Mosca come l’Iran abbia a sua volta rafforzato i legami sia col Mali sia col Burkina. Teheran si sta evidentemente muovendo sulla scia della strategia russa. Senza poi trascurare ulteriori ripercussioni mediorientali.Secondo il New York Times, gli Emirati Arabi starebbero sostenendo le Rsf in Sudan: quegli stessi Emirati che stanno per entrare nei Brics e che storicamente appoggiavano Haftar in Libia. Neanche i cinesi se ne stanno con le mani in mano. Pechino ha inviato tonnellate di aiuti umanitari a Bengasi in risposta alle recenti alluvioni che hanno colpito l’Est libico. Inoltre, secondo Rfi, il governo orientale della Libia (da sempre vicino al generale della Cirenaica) ha annunciato che la Cina parteciperà alla ricostruzione dell’area a seguito del cataclisma naturale. Insomma, Haftar sembra essere al centro della fitta rete d’influenza russa (e, almeno in parte, cinese) riguardante il continente africano. Se i russi prediligono l’approccio politico-militare, i cinesi si muovono maggiormente sul binario politico-economico. Tuttavia sia Mosca sia Pechino puntellano la propria crescente influenza sull’Africa tramite una retorica terzomondista, facendo leva specialmente su un diffuso sentimento di ostilità nei confronti di Parigi. Le scellerate politiche africane dell’Eliseo hanno alimentato un sentimento antifrancese che si è tramutato poi in sentimento antioccidentale, facendo il gioco di Russia e Cina. Tutto questo, mentre Bruxelles e Joe Biden sembrano in tutt’altre faccende affaccendati.Come uscirne? Il Piano Mattei, che Giorgia Meloni dovrebbe ufficialmente presentare nei prossimi giorni, potrebbe essere la strada giusta. La logica alla base del progetto è quella di promuovere investimenti in Africa, avviando partnership economico-energetiche con i Paesi africani su base paritaria: l’esatto opposto dell’arrogante approccio francese e del terzomondismo ipocrita dei sino-russi. Se Parigi non ha mai abbandonato del tutto i suoi atteggiamenti di matrice coloniale, il Wagner group è assai interessato all’oro sudanese, mentre - come recentemente confermato dall’Associated press - Pechino ha fatto scattare la trappola del debito in Paesi come Kenya e Zambia.È quindi la logica del Piano Mattei che Bruxelles e Washington dovrebbero adottare per acquisire soft power nell’area, stabilizzare il più possibile la regione e cercare di disinnescare i poderosi flussi migratori che la stanno attualmente attraversando. Ovviamente tutto questo andrebbe collegato a un’adeguata politica di sicurezza: non dimentichiamo che nel Sahel, oltre al Wagner group, è presente anche un rilevante pericolo jihadista.Certo: pochi giorni fa, Repubblica ha parlato di «gelo» da parte di Emmanuel Macron sul Piano Mattei. Ebbene, ce ne faremo una ragione. È stata la miopia francese a infiammare Nord Africa e Sahel, rafforzando indirettamente i sino-russi in loco. Adesso bisogna rimediare ai disastri compiuti da Parigi. E il Piano Mattei può essere la strada giusta.
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