
Surreale proclama sulle riconquiste ucraine da parte della Nato, che intanto ammette: il fronte è congelato. Si conferma pure il flop delle sanzioni: Mosca importa tramite Turchia e Kirghizistan, ci manda petrolio dalla Bulgaria e Gazprom fa il boom di export in Cina.Ma che film trasmettono al quartier generale della Nato? Secondo Jens Stoltenberg, segretario dell’organizzazione, «l’Ucraina ha riconquistato il 50% del territorio che la Russia aveva preso. Ha prevalso come nazione sovrana indipendente: questa è una grande vittoria». Proprio così: mentre la testa di ponte sbarcata sulla riva destra del Dnipro viene massacrata dal fuoco degli invasori; mentre la resistenza continua a versare sangue nelle trincee del Donbass; mentre i nemici cingono d’assedio Avdiivka, bersagliano Kherson e hanno pure ripreso a bombardare massicciamente Kiev, l’Alleanza atlantica proclama il trionfo dei buoni. Il funzionario norvegese deve ammettere che «la prima linea non si è mossa molto». In compenso, assicura che Mosca «è debole economicamente, politicamente e militarmente». Vediamo. Debolezza politica? Vladimir Putin è tornato al G20. Il suo omologo, Volodymyr Zelensky, intanto sconta le bizze di Viktor Orbán, il quale minaccia veti sugli ulteriori aiuti finanziari all’Ucraina e sul via libera ai negoziati per accoglierla nell’Ue. Sì, lo zar ha rotto con l’Occidente. Ma ha rafforzato le relazioni con le altre potenze, a cominciare dalla Cina. È in posizione subordinata? Inevitabile: il suo è un impero in declino. L’Orso, nondimeno, rimane ben piazzato e temibile. Perciò, cosa dire della debolezza militare? Le risorse umane di cui dispone il Cremlino sono illimitate, se paragonate a quelle sulle quali può contare Zelensky. L’industria russa si è riconvertita con successo alla produzione bellica. È sostenuta dalla Corea del Nord - piccola nazione a vocazione marziale - e, probabilmente, dal Dragone. Al contrario, Kiev è condizionata dai ritardi degli alleati. Ieri, intervistato dal Corriere, Petr Pavel, presidente della Repubblica Ceca, ha confermato che «le nostre consegne di equipaggiamento militare non sono sufficienti a permettere all’Ucraina di continuare un’operazione ad alta intensità. Non abbiamo mantenuto le nostre promesse di fornire loro munizioni per l’artiglieria, l’addestramento per gli F-16 non procede alla velocità con cui dovrebbe». E «Berlino non ha ancora deciso» se mandare i missili Taurus. Pertanto, «il prossimo anno potrebbe essere ancora più favorevole a Mosca».Almeno, il nostro avversario è stato logorato dalle sanzioni? Le previsioni per i fondamentali della Russia, certificate dalla stessa Unione europea, parlano di un +2% di Pil nel 2023. Alcune banche stimano un +3%. Nel secondo trimestre dell’anno, il Paese è cresciuto di quasi il 5%. Il blocco delle relazioni commerciali è stato facilmente aggirato.Pensate che strano: da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina, l’export tedesco di veicoli e componentistica verso il Kirghizistan, ex Repubblica sovietica in stretti rapporti con Mosca, è cresciuto del 5.500%. Non ci vuole un’aquila per immaginare dover potrebbe essere finita, in realtà, quella merce. Ieri, il Financial Times ha sottolineato pure il sensibile aumento delle esportazioni turche verso la Russia di 45 materiali civili, utilizzati però dalle forze armate. L’America ha mangiato la foglia: questa settimana, il sottosegretario al Tesoro Usa, Brian Nelson, volerà ad Ankara per discutere degli «sforzi per prevenire, interrompere e indagare sul commercio e le attività finanziarie che favoriscono lo sforzo russo nella guerra». Le autorità ucraine hanno redatto un report su transistor, batterie e altri apparecchi rinvenuti a bordo dei mezzi russi. Non basta: secondo Bloomberg, il 23 novembre, la compagnia statale cinese dell’energia avrebbe richiesto a Gazprom volumi di Gnl al di sopra degli obblighi contrattuali della società. Nel 2024, saranno 38 miliardi i metri cubi di gas venduti al Dragone. I rapporti con Pechino saranno sufficienti a compensare il divorzio dall’Ue. La quale, comunque, continua a ricevere il petrolio di Putin, attraverso la raffineria Lukoil in Bulgaria. Dulcis in fundo, la Banca centrale russa, col rublo in ripresa, ha informato che, dal prossimo anno, riprenderà ad acquistare valute estere sul mercato interno dei cambi. Questo non somiglia al ritratto di un Paese in ginocchio. Ecco perché i surreali proclami di Stoltenberg potrebbero essere letti obliquamente. Ieri, il numero uno della Nato ha annunciato che alla riunione fissata per oggi e domani a Bruxelles, i ministri degli Esteri dell’Alleanza ribadiranno l’ok al (lungo) percorso di integrazione di Kiev. Ma quale Ucraina dovrebbe entrare nella Nato? È rimbalzata più volte l’idea di ammettere nel club soltanto le zone fuori dal controllo russo. Ciò si tradurrebbe in uno smembramento della nazione, che consentirebbe allo zar di vendere alla sua gente, magari nel 2024, l’anno delle presidenziali, la medesima broscia che, a parti invertite, Stoltenberg rifila a noi: abbiamo vinto, perché abbiamo preso Crimea, Mar d’Azov e regioni irredenti. Poco male se la Russia ha fallito l’assalto alla capitale e ha mancato l’obiettivo di rimuovere il governo a essa ostile.Quant’è breve il passo che porta, dalla pace fondata sulla giustizia, alla pace fondata su una menzogna?
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.
Automobili Byd (Ansa)
La società cinese ha selezionato 85 ditte dell’indotto automobilistico mollate dall’ex Fiat. Rendere profittevole l’elettrico anche qui, quindi, è possibile... per chi sa e vuole farlo.
Byd si sta prendendo tutti i fornitori italiani che Stellantis ha lasciato a piedi. Verrebbe da pensare, allora, che il modo per rendere profittevole l’auto elettrica in Italia esiste e forse il gruppo guidato dall’ad Antonio Filosa non ha saputo coglierne le opportunità.






