
L’assessore lombardo allo Sviluppo economico denuncia la crisi di molte aziende alle prese con le norme capestro dell’Ue «Rischiamo un continente green ma desertificato. Senza cambiamenti, porteremo in piazza i lavoratori. Non solo quelli dell’auto».Bruxelles si prepara a un nuovo assalto, ma questa volta non saranno gli agricoltori. Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo economico della Regione Lombardia e presidente dell’Automotive regions alliance, non usa mezzi termini: «Se Bruxelles non cambia rotta rispetto alla strada intrapresa dalla precedente commissione, porteremo in piazza Schuman mezzi e lavoratori delle aziende manifatturiere a rischio chiusura. Perché, quando muore una azienda manifatturiera, muore un’intera filiera, servizi compresi». Guidesi denuncia alla Verità il «suicidio economico» dell’Europa: norme asfissianti, costi energetici folli e l’ossessione per uniche soluzioni omologate stanno svuotando il Vecchio continente della sua manifattura, regalando alla Cina mercati e posti di lavoro. Con la Lombardia in prima linea nella battaglia per la sopravvivenza industriale. Non si tratta, infatti, solo della crisi del mondo delle quattro ruote, ma di tutto il sistema della manifattura italiana, dove l’Italia era ai vertici e ora rischia di perdere competitività a causa di norme che favoriscono chi produce inquinando di più e senza le limitazioni imposte agli imprenditori. Le soluzioni a tutto questo ci sarebbero anche, ma a Bruxelles in molti fanno le orecchie da mercante. Ecco perché l’unica risposta potrebbe essere una protesta simile a quella dei trattori utilizzati da chi opera nell’agricoltura. Assessore Guidesi, i dati mostrano un crollo verticale della produzione automobilistica europea. Quali sono le cause profonde di questa crisi? È solo la transizione elettrica?«L’origine è una doppia crisi, di competitività e di visione. Le imprese soffocano sotto costi energetici insostenibili - in Lombardia paghiamo l’energia il 40% in più della media Ue - e un quadro normativo asfissiante che strozza l’innovazione. Solo per l’automotive, il 40% del costo finale di un’auto europea deriva da burocrazia e adempimenti. L’errore strategico fatale dell’Ue è aver trasformato la transizione ecologica in un monoculto tecnologico sull’elettrico a batteria, una scelta miope e ideologica con conseguenze devastanti: si distruggono 600.000 posti di lavoro nella componentistica termica in Europa entro poco tempo, si regala il mercato alla Cina che produce batterie al 30% in meno sfruttando carbone e dumping sociale, e si paralizzano soluzioni ibride e biocarburanti che ridurrebbero subito le emissioni del parco circolante esistente. Questa non è transizione, è deindustrializzazione accelerata ed il rischio che l’esempio dell’automotive si ripeta su altri settori è reale e imminente»Quali alternative concrete propone la Lombardia rispetto all’imposizione dell’elettrico puro?«Ci battiamo per la neutralità tecnologica: l’obiettivo deve essere la riduzione delle emissioni, non imporre una tecnologia unica. Abbiamo soluzioni reali e innovative che però hanno bisogno di aperture mentali e regolamentari. Teniamo gli obiettivi ambientali ma apriamoci totalmente all’innovazione così vinceremo la sfida della sostenibilità mantenendo competitività».Perché la Commissione Ue ignora questi allarmi nonostante i dati preoccupanti?«Viviamo un paradosso tragico. Le vendite auto nell’Ue sono crollate del 23% in due anni, gli impianti lavorano al 25% della potenzialità. La siderurgia ha fatto ingenti investimenti ed è ambientalmente sostenibile, ma se non si interviene su costi energetici, sul blocco dell’export del rottame e tanto altro rischia di non essere competitiva. E poi c’è la chimica, che senza cambiamenti regolamentati è praticamente esclusa perché sarebbe diseconomico farla nell’Unione europea».La minaccia di protesta a Bruxelles è concreta? Cosa chiedete all’Ue?«Assolutamente sì. Quando gli agricoltori bloccarono Bruxelles, la Commissione sbloccò 500 milioni in 48 ore. La manifattura lombarda vale il 33% del Pil italiano con 4 milioni di occupati. Abbiamo fatto un lavoro costruttivo di proposte concrete da parte del sistema lombardo e condivise con altri territori europei, o si cambia o è a rischio l’industria in Ue. C’è poco tempo e se non vedremo cambiamenti porteremo a piazza Schuman aziende e lavoratori che rischiano perché dietro ogni stabilimento c’è un settore che muore».Ma l’Ue dice di voler salvare il pianeta, non le fabbriche...«Questa è la grande menzogna. La Cina nel 2023 ha aperto 50 nuove centrali a carbone. Noi chiudiamo acciaierie per ridurre lo 0,01% delle emissioni globali, ma la delocalizzazione aumenta l’inquinamento: produrre in Europa è il 40% più pulito della media mondiale. Senza manifattura, senza produttori non ci può essere crescita economica. Le nostre aziende brevettano acciai leggeri e plastiche da scarti alimentari: la vera ecologia è innovare qui. La scelta è tra un’Europa green ma desertificata o un continente che guida la rivoluzione verde creando lavoro e innovazione. Noi combattiamo per la seconda opzione».
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