L’impatto sarà soprattutto al Nord, ma anche il Mezzogiorno perderà uno stimolo. Meccanica, farmaci, moda e cibo nel ciclone. Domani il ministro delle Finanze tedesco vede Bessent. Tajani: «Le sanzioni più alte di altri Paesi ci rendono competitivi».Il nuovo accordo con i dazi al 15% che entrerà in vigore l’8 agosto, anche se evita uno scenario peggiore, è un brusco cambiamento. Mentre si tratta a oltranza per definire i capitoli rimasti aperti, da alcuni settori dell’agroalimentare come vini e alcolici, fino all’auto e alla componentistica, all’acciaio e all’alluminio, si fanno i conti con l’impatto delle nuove imposte doganali. Il settore della moda e della cosmetica starebbe valutando l’utilizzo di una clausola doganale poco nota, definita come la «regola della prima vendita» ovvero la possibilità per le aziende di pagare le tariffe sulla base del valore del prodotto all’uscita dalla fabbrica che risulterebbe molto più basso rispetto al prezzo finale di vendita al dettaglio. La notizia è stata riferita dall’agenzia Reuters che ha riportato una dichiarazione dell’ad di L’Oréal, Nicolas Hieronimus. Secondo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti il nostro Paese lascerà indietro lo 0,5% del Pil. Per quanto riguarda i settori industriali, mettendo insieme sia le tariffe doganali di Donald Trump sia la svalutazione del dollaro, per molti comparti si parla di danni enormi.Svimez e Unimpresa hanno calcolato l’impatto per settori e sulle regioni. Complessivamente si avrebbe una riduzione del 14% delle esportazioni pari a oltre 8,6 miliardi l’anno e una diminuzione di oltre 103.000 unità di lavoro a tempo pieno. Per la moda la quota dell’export verso gli Usa è pari al 17% per un valore di 11 miliardi di euro. Il dazio teorico è di 1,65 miliardi. L’agroalimentare che esporta negli States il 12% con un valore di 8 miliardi subirebbe un onere di 1,2 miliardi. Altre voci importanti del made in Italy sono l’occhialeria, i gioielli e l’arredamento che hanno una quota di export del 9% per un valore di 6 miliardi di euro. Il dazio teorico è pari a 0,9 miliardi. Infine il settore dei trasporti che esporta oltreoceano per l’11% per un valore di 7 miliardi e che avrà tariffe teoriche di 1,05 miliardi. Nella meccanica l’export verso gli Usa è pari a una quota del 27% per un valore di 18 miliardi euro. Il dazio teorico è stimato in 2,7 miliardi. Nel comparto chimico-farmaceutico la quota di export verso gli Usa è pari al 20% per un valore di 13 miliardi di euro. Il dazio teorico varrebbe 2,5 miliardi.Le imposte doganali picchiano duro soprattutto nelle regioni del Nord dove si concentra la maggiore presenza di imprese e a più intensa esposizione verso i mercati d’oltreoceano. In questa area del Paese, secondo lo Svimez, si avrà il 68,32% di riduzione dell’export. Se si comprende il settore farmaceutico, sottolinea l’istituto di ricerche, si stima una riduzione del Pil di 6,296 miliardi (-0,3%), una diminuzione delle esportazioni di 8,627 miliardi (-14%) e una perdita di 103.892 (-0,4%) posti di lavoro. Se si esclude il settore farmaceutico si riduce l’impatto, e il Pil che si contrarrebbe di 5,43 miliardi (-0,2%), le esportazioni di 7,44 miliardi (-12%) e i posti di lavoro di 89.645 unità (-0,34%).Va ricordato che il comparto, in cui l’Italia ha una posizione di leadership in Europa, soprattutto nella ricerca, è sottoposto a un’indagine dell’amministrazione di Washington per stabilire se rappresenta una minaccia per la competitività delle imprese americane. A conclusione, eventuali dazi, secondo la Commissione Ue non dovrebbero superare il tetto del 15% ma al momento questo orientamento non compare nell’ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump.Tornando all’impatto nel Nord Italia, la riduzione dell’export oscilla tra l’11% e il 16% con picchi nelle regioni più piccole a causa dei bassi numeri di partenza. In Val d’Aosta, riporta sempre lo studio dello Svimez, si potrebbe verificare una caduta dell’export del 34% e in Trentino Alto Adige del 19%. Nel Nord Est è prevista, comprendendo il settore farmaceutico, una riduzione del Pil di 2,160 miliardi (-0,4%), un calo delle esportazioni di 2,927 miliardi (-14%) e una riduzione dell’occupazione di 34.904 unità (-0,61%).Per il Nord Ovest si avrebbe una riduzione del Pil di 2,133 miliardi (-0,3%), un calo delle esportazioni di 2,967 miliardi (-15%) e una diminuzione di 35.151 unità di lavoro (-0,46%). Minore l’impatto nel Mezzogiorno a causa della minore densità di imprese ma non meno doloroso poiché verrebbe a ridursi un fattore di stimolo alla produzione. Il flusso delle merci subirebbe una contrazione di 705 milioni (-11%), con un calo del Pil di 482 milioni (-0,1%) e la perdita di 8.519 unità di lavoro (-0,12%). Per il Centro si prevede una diminuzione del Pil di 1,524 miliardi (-0,3%), un calo delle esportazioni di 2,028 miliardi (-13%) e una contrazione dell’occupazione di 25.542 unità (-0,46%).Intanto cominciano le trattative private con la Casa Bianca. Per domani a Washington, è previsto un incontro tra il ministro delle Finanze tedesco, Lars Klingbeil e il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent. In Brasile invece sono esplose le proteste davanti ai consolati americani. A San Paolo i manifestanti hanno bruciato le effigi dell’ex presidente, Jair Bolsonaro e di Trump. Contatti telefonici sono previsti la prossima settimana anche tra il ministro canadese responsabile dei negoziati, Dominic LeBlanc e l’amministrazione della Casa Bianca. Ottawa ha precisato che sebbene i dazi del 35% entrati in vigore incidano su settori chiave (come automobili, legname e alluminio), il 90% delle esportazioni verso gli Stati Uniti è esente da imposte doganali. Antonio Tajani ha detto: «Questi tassi non sono mai un fatto positivo, però intanto bisogna lavorare perché dal quadro generale, che è quello che prevede i tassi al 15%, si scenda poi nei dettagli. Dovremo difendere con le unghie e con i denti i prodotti italiani». Poi ha aggiunto: «Teniamo presente però che sul mercato internazionale, e quindi sul mercato americano, se ci sono Paesi che hanno tassi superiori ai nostri, i nostri prodotti diventano ancora più competitivi. Quindi bisogna avere una visione complessiva. Io preferisco parlare non per slogan, cerco di fare un’analisi economica attenta».
(Getty Images)
Il ministro della Difesa riceve gli attivisti: «Li ho avvertiti, se forzano il blocco i pericoli sono elevatissimi senza alcun risultato umanitario». La replica secca: «Qui solo in ascolto, avanti verso la Striscia».
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Beatrice Venezi (Ansa)
Fino al 2021, la lucchese Beatrice Venezi era ritenuta star assoluta, lo scandalo era che non avesse ruoli top. E fanno lo sciopero del trombone.
Nel riquadro, il fotoreporter Niccolò Celesti (Ansa)
Il fotoreporter Niccolò Celesti: «A bordo mancano trasparenza e rispetto, servirebbe meno protagonismo. Sul “Manifesto” hanno cercato di farmi passare per un instabile. Ho solo segnalato che non hanno calcolato pericoli e imprevisti».