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2020-06-28
Guida all’ecobonus. Incentivo al 110% sulle ristrutturazioni
L'ecobonus al 110% scalda i motori, in vista della sua partenza a luglio. Il decreto Rilancio, tra le varie misure fiscali a sostegno di imprese e cittadini, ha infatti previsto anche un'agevolazione del 110% per tutte le attività di miglioramento energetico degli edifici. E dunque tutte le spese che verranno sostenute dal primo luglio fino al 31 dicembre 2021, che avranno a oggetto uno di questi interventi, avranno diritto all'agevolazione prevista dal governo, che sarà spalmata in cinque quote annuali di pari importo, oppure potrà essere trasformata in un credito cedibile alla ditta che esegue i lavori o alla banca.
Nell'ecobonus 110% rientrano tutti i lavori per l'isolamento termico, la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernali nelle parti comuni dei condomini e l'installazione di impianti solari fotovoltaici. Se poi, a uno di questi interventi, si volesse affiancare l'installazione di una ricarica per i veicoli elettrici, allora l'agevolazione del 110% verrebbe estesa anche all'acquisto e alla posa delle colonnine. Da non dimenticare inoltre le precedenti agevolazioni energetiche previste dal decreto legge n. 63/2013. È stata infatti estesa l'agevolazione al 110% se si dovessero accorpare gli interventi previsti in passato a uno di quelli coperti dal nuovo ecobonus. Nel caso in cui non si scegliesse di unire i due interventi energetici, si potrebbe comunque usufruire dei vecchi sgravi fiscali (installazione del condizionatore, serramenti, eccetera) nelle percentuali e nelle modalità di spesa previste. Il nuovo bonus ha inoltre ricompreso anche le misure antisismiche e di messa in sicurezza degli edifici, che erano state stanziate dal dl n. 63/2013. Anche in questo caso si ha diritto all'agevolazione del 110% se si rispettano tutti i requisiti richiesti dal nuovo bonus.
Un altro aspetto da tenere particolarmente in considerazione, qualora si decidesse di effettuare degli interventi edilizi per poter usufruire dell'agevolazione, è il miglioramento energetico. Gli interventi che verranno svolti dalla ditta dovranno migliorare l'edificio almeno di due classi energetiche o, se questo non fosse possibile, della classe energetica più alta possibile, in base alla propria base di partenza. Il tutto deve essere messo nero su bianco, compilando un Attestato di prestazione energetica (Ape) da un tecnico abilitato nella forma della dichiarazione asseverata. Se non si dovesse rispettare questo criterio energetico non sarà possibile ottenere l'ecobonus. E dunque si dovranno pagare i lavori svolti senza agevolazioni. Il decreto prevede che nelle spese detraibili rientrino anche quelle relative al rilascio delle attestazioni e delle asseverazioni relative al visto di conformità.
L'ecobonus al 110% si applica agli interventi portati a termine: dai condomini, dalle persone fisiche al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arti e professionisti, dagli Istituti autonomi case popolari (Iacp), dagli istituti creati sotto la forma di società che però rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di «in house providing» per interventi realizzati su immobili di loro proprietà e gestiti per conto dei Comuni, e per gli interventi fatti su immobili delle cooperative che successivamente vengono assegnati in godimento ai propri soci.
Il decreto Rilancio prevede che il contribuente possa decidere se usufruire dell'ecobonus al 110% come sconto in fattura sul prezzo anticipato dal fornitore o se trasformarlo in un credito di imposta da cedere a chi si è occupato dei lavori, oppure alle banche. Nel caso in cui si scelga la strada della cessione bisogna però tener conto che si dovrà seguire una procedura dell'Agenzia delle entrate. Prima di avviarla ci si deve anche assicurare che la ditta o la banca in questione siano disponibili ad accettare il credito di imposta. Opzione non così scontata perché nel caso dell'impresa, se questa accettasse il credito di imposta, dovrebbe anticipare l'intera spesa, pagandola di tasca propria, iniziando a recuperare qualcosa soltanto l'anno dopo. Per le banche subentra invece il problema della fiducia, relativamente al fatto che effettivamente tutti i lavori siano stati portati a termine in maniera regolare. Da non dimenticare che la detrazione andrà ripartita tra gli aventi diritto e in cinque rate annuali di pari importo.
Sono state previste sanzioni penali e pecuniarie. Nel caso in cui l'operazione messa in atto costituisca un reato si dovrà risponderne penalmente. Inoltre, per tutti i soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni non veritiere ci sarà una sanzione amministrativa pecuniaria, che va da un minimo di 2.000 a un massimo di 15.000 euro, per ciascuna attestazione falsa rilasciata. Proprio per questo è stato anche previsto che la ditta che si occuperà dei lavori dovrà stipulare una polizza assicurativa per la responsabilità civile, con un massimale adeguato al numero delle attestazioni/asseverazioni che farà. E comunque non dovrà essere inferiore ai 500.000 euro, al fine di garantire ai propri clienti e al bilancio dello Stato il risarcimento dei danni eventualmente provocati dall'attività prestata. Da non dimenticare che se venisse rilasciata una dichiarazione falsa, oltre a rischiare la multa, si verificherebbe anche la perdita dell'agevolazione per il soggetto che l'ha richiesta.
Come in tutte le misure che vengono previste e soprattutto nel caso delle agevolazioni fiscali, lo Stato si deve sobbarcare dei costi. E in questo caso il decreto Bilancio ha previsto che ci saranno oneri per il 2020 pari a 62,2 milioni di euro. La somma sale a 1.268,4 milioni per il 2021, e ancora a 3.239,2 milioni per il 2022. Per il 2023 sono previsti oneri per 2.827,9 milioni e per il 2024 e il 2025 spese per 2.659 milioni di euro. Questi si andranno dunque ad aggiungere al numero di agevolazioni fiscali già presenti in Italia e di cui si fa fatica a tenere il conto, oltre che a capire quanto effettivamente incidano sul bilancio dello Stato, sia nel medio che nel lungo periodo.
Attenzione ai criteri minimi ambientali. Basta fare un errore per ritrovarsi dal buono alle multe
In questa partita i requisiti minimi ambientali vanno tenuti d'occhio: se non vengono rispettati, l'ecobonus al 110% può svanire nel nulla. Il decreto Rilancio ha infatti previsto un'agevolazione per i lavori di riqualificazione energetica, ma le insidie sono dietro l'angolo. E dunque se l'impresa a cui viene affidato il progetto non rispetta i criteri ambientali minimi, previsti dal Dm n. 259/2017 (Cam), il privato può perdere l'accesso all'agevolazione fiscale.
Partiamo dal fatto che il decreto Rilancio stabilisce in modo preciso quali siano gli interventi che rientrano nell'agevolazione e dunque anche i criteri minimi ambientali a cui prestare particolarmente attenzione. Se si ha la necessità di effettuare interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali e orizzontali, con un'incidenza superiore al 25%, si potrà richiedere l'ecobonus. Così come per interventi sulle parti comuni degli edifici o per gli immobili unifamiliari che hanno a oggetto la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernali con nuovi modelli conformi alla normativa e che permettono il miglioramento della classe energetica.
I criteri minimi ambientali da non sottovalutare riguardano in particolare gli interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali e orizzontali, che interessano l'involucro dell'edificio. In questo caso i Cam prevedono che i materiali isolanti non debbano essere prodotti utilizzando ritardanti di fiamma che siano oggetto di restrizioni o proibizioni previste da normative nazionali o comunitarie. Non devono inoltre essere prodotti con agenti espandenti con un potenziale di riduzione dell'ozono superiore a zero e non possono essere formulati, o comunque prodotti, utilizzando dei catalizzatori al piombo spruzzati o nel corso della formazione della schiuma di plastica. Ma non finisce qui, perché se gli isolanti sono prodotti da una resina di polistirene espandibile, gli agenti devono essere inferiori al 6% del peso del prodotto finito. E se invece sono costituiti da lane minerali, queste devono essere conformi alla nota «Q» o a quella «R» del regolamento Ce n. 1272/2008. E infine il materiale isolante usato dovrà essere costituito da una quantità minima di materiale riciclato.
Passaggio fondamentale è affidato al progettista che dovrà prescrivere come in fase di approvvigionamento l'appaltatore rispetti i criteri necessari.
Se si pensa poi che gli obblighi ambientali siano finiti ci si sbaglia. E infatti la ditta che svolge i lavori dovrà prestare attenzione anche al fatto che le diverse tipologie di materiali isolanti usati dovranno sempre essere certificati tramite dei documenti ufficiali. In questo caso si parla o di una dichiarazione ambientale di prodotto di tipo III (Epd), conforme alla normativa Iso 14025, oppure di una certificazione di prodotto rilasciata da un organismo di valutazione della conformità che attesti la presenza di contenuto riciclato. O di un'asseverazione rilasciata da un organismo di valutazione della conformità, che segua la norma Iso 14021.
Oltre al mondo delle certificazioni in cui districarsi e agli innumerevoli requisiti minimi da rispettare si dovrà anche fare attenzione alla classe energetica di fine lavori che otterrà l'immobile. Al comma 3 dell'articolo 119 del dl Rilancio viene precisato infatti che per poter accedere all'agevolazione alla fine dei lavori ci deve essere un miglioramento di almeno due classi energetiche dell'edificio. Se questo non fosse consentito, si deve far raggiungere la classe energetica più alta possibile allo stabile. Il salto deve essere accertato da un attestato di prestazione energetica (Ape) che descrive la situazione prima dell'intervento della ditta e subito dopo la fine dei lavori. E il tutto deve essere redatto da un tecnico abilitato nella forma della dichiarazione asseverata.
Da tenere a mente che si possono far rientrare anche le spese per il rilascio della documentazione all'interno dell'agevolazione fiscale. L'attestazione e il salto energetico risultano dunque essere fondamentali per l'ecobonus. Senza, si possono anche aver fatto i lavori, ma non si potrà usufruire dell'agevolazione fiscale. È proprio per questo che bisogna incaricare un professionista esperto per eseguire una diagnosi dell'edificio, capire le caratteristiche e le criticità che caratterizzano il condominio riguardo alle parti comuni, oltre che i problemi dei singoli appartamenti. Quest'ultimo aspetto potrebbe infatti essere di fondamentale importanza, soprattutto in ottica di certificazione energetica. Può infatti capitare che per qualche appartamento ci sia bisogno di un intervento più strutturato e drastico per poter raggiungere come risultato finale la classe energetica prefissata. E quindi i criteri ambientali minimi che le imprese devono rispettare e il raggiungimento della classe energetica a fine lavori sono fondamentali per poter accedere all'ecobonus e non incorrere in sanzioni a posteriori. Se infatti i lavori vengono svolti in maniera non corretta (uso di materiali non idonei o false certificazioni) e il tutto dovesse essere scoperto successivamente in un controllo, l'Agenzia delle entrate chiederà al contribuente di rispondere per aver goduto di un'agevolazione non dovuta.
Dal cappotto termico al fotovoltaico. Tutti gli interventi edilizi agevolati
L'ecobonus al 110% permette di fare alcuni lavori di efficientamento energetico al proprio immobile, in modo da aumentare la classe energetica al massimo livello possibile. Secondo il decreto Rilancio, voluto dal governo guidato dal premier
Giuseppe Conte, si applica una detrazione pari al 110% per le spese documentate a carico del contribuente, sostenute dal primo luglio al 31 dicembre 2021, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo.
Per gli interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali e orizzontali che interessano l'involucro generale dell'edificio, con un'incidenza superiore al 25% della superficie, è prevista l'agevolazione del 110%. L'importo massimo dei lavori però non deve essere superiore ai 60.000 euro, da moltiplicare per il numero complessivo delle unità immobiliari che compongono l'edificio stesso.
I lavori sulle parti comuni che hanno a oggetto la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistente con impianti centralizzati per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a condensazione rientrano nell'agevolazione del 110%.
In questo caso i nuovi impianti devono essere almeno pari alla classe energetica A, compresi quelli ibridi o geotermici, anche abbinati all'installazione di impianti fotovoltaici. La spesa massima consentita non deve eccedere i 30.000 euro, da moltiplicare per il numero di unità immobiliare che compongono l'edificio, compresa quella per lo smaltimento e la bonifica dell'impianto sostitutivo.
Per quanto riguarda gli interventi sugli edifici unifamiliari si può accedere all'agevolazione del 110% se si fanno interventi per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con quelli per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a pompa di calore (sono inclusi anche gli impianti ibridi o geotermici anche abbinati all'installazione di impianti fotovoltaici o di microgenerazione). In questo caso la spesa non deve essere superiore ai 30.000 euro ed è compresa, nella somma, anche quella per lo smaltimento e la bonifica dell'impianto sostituito.
Si può ottenere il bonus 110% anche se si tratta di installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica su edifici privati, pubblici a uso pubblico o di nuova costruzione. Le spese non devono essere superiori ai 48.000 euro e comunque nel limite di spesa di 2.400 euro per ogni Kw di potenza nominale. Da sottolineare come la detrazione è riconosciuta anche per l'installazione contestuale o successiva di sistemi di accumulo integrati negli impianti solari fotovoltaici agevolati. In questo caso l'ammontare complessivo deve essere nel limite di spesa di 1.000 euro per ogni kWh di capacità di accumulo del sistema.
Negli anni passati sono state introdotte diverse agevolazioni fiscali riguardo a lavori di efficientamento energetico. E dunque, per esempio, è presente un'agevolazione del 50% per le spese, sostenute dal primo gennaio 2018 relative agli interventi di acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi, di schermature solari e di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione con efficienza almeno pari alla classe A. Queste e altre agevolazioni previste possono essere estese al 110% se vengono accorpate con un intervento di efficientamento energetico previsto dal decreto Rilancio.
Anche in questo caso il decreto legge n. 63/2013 aveva previsto delle agevolazioni per quanto riguardava gli interventi sismici sugli edifici. E dunque la percentuale della detrazione è estesa al 110% per questo genere di spese sostenute dal primo luglio fino al 31 dicembre 2021. Se poi il credito relativo agli interventi viene ceduto a un'impresa di assicurazione, contestualmente alla stipula di una polizza di assicurazione per la copertura del rischio di eventi calamitosi, la detrazione per gli oneri sostenuti sale dal 19% al 90%.
Per l'installazione e la messa a terra della ricarica dei veicoli elettrici è prevista l'agevolazione al 110% solo se si accorpa questo intervento a uno di quelli previsti nel decreto Rilancio per quanto riguarda l'efficientamento energetico. E dunque, anche in questo caso, l'agevolazione prevista dal dl n. 63/2013 ha la possibilità di lievitare se si accorpano due lavori. Nel caso in cui non si abbia bisogno di ricorrere a un intervento, previsto esplicitamente dall'ecobonus 2020, si potranno fare i lavori per l'installazione della ricarica dei veicoli elettrici, godendo della vecchia agevolazione.
I rischi maggiori ricadono sugli architetti
Non tutto è bonus quello che luccica. Per professionisti e imprese l'ecobonus, così come definito finora dal decreto, è un percorso a ostacoli. Gli architetti avranno maggiori responsabilità, mentre le imprese dovranno sviluppare anche capacità di natura finanziaria e fare bene i calcoli prima di acquisire un cantiere. Il rischio è di farsi male con inaspettate remissioni economiche.
I professionisti svolgono un ruolo centrale nel meccanismo dei lavori con detrazione d'imposta. A loro spetta l'Ape, l'Attestazione di prestazione energetica dell'edificio, ante e post intervento. Devono anche asseverare che i lavori siano in linea con gli obiettivi della legge, dimostrando che sono state conseguite le due classi energetiche. Il professionista si assume una doppia responsabilità, nei confronti del pubblico e del privato. Oltre al rispetto di tali requisiti deve asseverare la congruità delle spese sostenute nel cantiere.
Dopodiché interviene un altro soggetto, il commercialista o il fiscalista. Questo deve porre il visto di conformità sulla documentazione nella quale si attesta la sussistenza dei presupposti per aver diritto alla detrazione d'imposta del 110%. Pertanto l'operazione, per essere completata, prevede due asseverazioni e un visto di conformità.
Ma non è finita qui. Per avere il beneficio, oltre al miglioramento energetico dell'immobile, occorre che i materiali utilizzati soddisfino i criteri ambientali minimi, i cosiddetti Cam, stabiliti dal ministero dell'Ambiente. L'architetto deve verificare che l'impresa si attenga a queste linee guida e se ne assume la responsabilità. In caso di verifiche sarà lui a risponderne. La legge prevede controlli a campione per individuare eventuali abusi. Alcuni furbetti potrebbero approfittare del vantaggio fiscale, maggiorando le voci di costo. Il professionista potrebbe mettersi d'accordo con l'impresa, chiudere un occhio sui lavori e sui materiali utilizzati più a buon mercato, e lucrare sulla differenza di costo. «Per asseverare la congruità delle spese sostenute in relazione ai lavori effettuati, il decreto al momento non offre riferimenti di mercato. I costi degli interventi si rifanno a una serie di prezzari anche molto diversi tra loro, come quelli provinciali, regionali, nazionali, in merito ai quali non vi è alcuna indicazione certa. Quindi cosa si intende per congruità della spesa ancora non lo sappiamo, e diventa difficile per il professionista assumersi la responsabilità e i rischi del caso», afferma Walter Baricchi, membro del Consiglio nazionale degli architetti. Poi c'è il tema delle polizze assicurative che sono già un obbligo, ma «non essendoci un accordo tra governo e sistema assicurativo c'è il problema di possibili speculazioni al rialzo dei costi».
Stefano Bastianoni, segretario di Confartigianato edilizia, l'associazione delle piccole impresi edili, sottolinea che «l'iter burocratico per arrivare allo sconto è lungo e coinvolge diversi soggetti, ciascuno dei quali vuole avere, come è logico, un vantaggio economico. Il pericolo è che qualcuno ci rimetta».
Un ruolo decisivo è svolto dalle banche e dalle assicurazioni e in generale da quegli intermediari finanziari abilitati ad acquisire il credito d'imposta ceduto dalle imprese. «È la prima volta che viene consentito questo passaggio, finora ammesso solo per gli incapienti (contribuenti con redditi talmente bassi da non beneficiare di detrazioni, ndr), ma di fatto mai attivato. Anche se è un importante passo in avanti non mancano i punti oscuri e le problematiche. Insomma non è così semplice». Bastianoni lancia il sasso: «Il committente pretende subito la detrazione del 110%, ma l'impresa, per non trovarsi a corto di liquidità, deve costruire un piano finanziario; se ha le spalle solide può anticipare i pagamenti per materiali e dipendenti, diversamente, deve mettersi d'accordo con la banca per avere la garanzia che acquisisca il credito d'imposta. Le banche potrebbero essere particolarmente esigenti nella valutazione del merito creditizio. L'impresa dovrà quindi costruire una linea di finanziamento con l'istituto in modo da ottenere in anticipo la liquidità per fare i lavori e la certezza che questa dopo si assumerà il credito». Bastianoni punta il dito su un altro aspetto rilevante. «La cessione ha un costo. Il credito è pari al 110% proprio perché si presume che alla banca vada il 10%, ma questa potrebbe pretendere anche di più. Pertanto il costruttore dovrà sviluppare una capacità di natura finanziaria e fare bene i suoi calcoli prima di acquisire un cantiere, altrimenti rischia di rimetterci. Il piccolo imprenditore si trova schiacciato tra il committente, che vuole subito godere del vantaggio economico, e la banca, che per assumere il credito, pretende maggiori garanzie. Potrebbe riproporsi la situazione dei prestiti garantiti dallo Stato, con lungaggini e ritardi. E qui il tempo stringe, dal momento che il decreto indica come scadenza il 2021, anche se ci sono varie richieste per allungare i termini almeno fino al 2022».
«Le ditte attenderanno i soldi per un anno»
«È una misura importante per riaccendere il motore economico, ma non è sufficiente. Il mondo delle costruzioni ha necessità anche di altro, di riattivare tutte le opere pubbliche e ridare fiducia al mercato del privato, movimentando il risparmio che ora giace in banca. Inoltre la durata del beneficio del 110% al 2021 è troppo limitata per far attivare gli interventi. Tra approvazione del decreto e di tutte le norme attuative e gli studi energetici, alla fine resterà solo l'anno prossimo. Non si riuscirà a fare molto». Cautela, un po' di ottimismo ma anche la consapevolezza che è solo un'aspirina per un malato grave. È questa l'analisi del presidente dell'Ance, l'Associazione dei costruttori, Gabriele Buia.
Quali sono le ombre di questo decreto?
«Il problema principale riguarda la cessione del credito. Il proprietario di un immobile o di un condominio può ricevere uno sconto dall'impresa o cedere il credito all'impresa. Ma questa lo potrà utilizzare solo l'anno successivo alla fine dei lavori, quando compare nel cassetto fiscale. Quindi solo in quel momento potrà avere la liquidità. La grande novità rispetto al vecchio sisma bonus è la possibilità da parte delle imprese di cedere il credito anche a una banca, una compagnia di assicurazione o un intermediario finanziario autorizzato. Quindi il decreto allarga molto la casistica, prima non era possibile».
Ma se l'impresa cede il credito alla banca, questa fornisce subito la liquidità o impiega i tempi che ben conosciamo dei prestiti garantiti dallo Stato?
«Il problema è che la banca può acquistare il credito solo quando vede nel cassetto fiscale dell'impresa l'autorizzazione finale. Cioè quando è dimostrato in modo documentato che tutto è stato fatto in maniera corretta. Nonostante sia stata allargata la possibilità di cessione del credito, la banca, alla luce di questa normativa, potrà dare liquidità finale soltanto l'anno dopo: cioè quando anch'essa riceverà l'autorizzazione da parte dell'Agenzia delle entrate a utilizzare quel credito».
In attesa dei tempi dell'Agenzia delle entrate e delle banche, l'impresa deve comunque far fronte ai costi dei lavori. Se è grande ce la fa, ma se è piccola?
«Se un'impresa fa un lavoro da 1 milione di euro, potrà vedere la liquidità di quel cantiere solo l'anno successivo. Questo è un problema perché le imprese non sono in grado di scontare direttamente il credito perché oggi non hanno liquidità».
Se le cose stanno così, c'è il rischio che il meccanismo non funzioni.
«Abbiamo presentato un emendamento chiedendo al governo di autorizzare il pagamento dell'utilizzo del credito a saldo. Chi fa i lavori non può aspettare l'anno successivo. Ogni mese si dovrà certificare che i lavori sono stati svolti correttamente e l'Agenzia delle entrate dovrà mettere immediatamente nel cassetto fiscale di chi ha acquisito il credito la possibilità di utilizzarlo. Dobbiamo fare in modo che le imprese vengano pagate mensilmente dalle banche o dagli intermediari finanziari autorizzati, a stati di avanzamento dei lavori. Tra l'altro, questo meccanismo sarebbe identico a quanto ammesso, fino a oggi, dalla stessa Agenzia delle entrate con lo sconto in fattura. Anche prima della fine dei lavori le imprese possono ottenere infatti il credito corrispondente ai lavori realizzati. Non vedo perché non possa continuare a funzionare così. Inoltre, abbiamo chiesto che l'operazione valga fino al 2023 e non solo fino al prossimo anno».
Un altro problema segnalato dai professionisti è l'assenza di un prezzario unico come riferimento per dichiarare la congruità della spesa relativa ai lavori effettuati. Come si scioglie questo nodo?
«Abbiamo suggerito un emendamento su questo tema, chiedendo di avere un riferimento unico per tutta Italia dei prezzi utilizzabili. Per accelerare le procedure. Caf e commercialisti devono asseverare la correttezza delle procedure e la congruità dei costi. Ma tutti devono far riferimento a un solo prezzario nazionale, quindi una semplificazione procedurale».
C'è ancora tanta burocrazia?
«Rispetto al vecchio sisma bonus questo è più snello, meno laborioso. Però occorrono integrazioni affinché sia più semplice e chiara la possibilità di operare. Il diavolo sta nei dettagli, come sempre. Il ruolo del professionista è importante. Deve dimostrare che le due classi energetiche siano state raggiunte. Lo Stato ha previsto penali in caso di controlli che dimostrino che non sono state raggiunte le due classi energetiche. I professionisti devono dotarsi di assicurazioni a tutela della propria professionalità perché lo Stato ha messo sanzioni severe. Con il 110% lo Stato paga il miglioramento energetico ed è comprensibile che chieda maggiori attenzioni da parte di tutti. Non si possono escludere azioni dolose. C'è anche la necessità di individuare imprese qualificate che garantiscano il ciclo produttivo, che non si fermino a metà dei lavori. L'Ance ha attuato un programma di qualificazione delle proprie imprese per testimoniare l'esigenza di appaltare i lavori ad aziende serie e competenti».
C'è il rischio di truffe?
«È sempre possibile, se il progettista calcola in maniera strumentale e se c'è connivenza tra proprietario, architetto e impresa per aver accesso al credito. Il decreto prevede sanzioni severe proprio per arginare il malcostume. Per questo le procedure vanno semplificate al massimo. Se si restringe l'incertezza interpretativa si arginano anche le truffe. Quello che non bisogna assolutamente fare è di impedire gli interventi per il rischio che qualcuno faccia il furbo».
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Con il decreto Rilancio è partita la maxi detrazione per stimolare gli interventi di edilizia finalizzati al risparmio energetico. Dall'isolamento termico, alla climatizzazione fino al fotovoltaico e ai lavori antisismici: ecco tutto ciò che occorre sapere.Attenzione ai criteri minimi ambientali. Basta fare un errore per ritrovarsi dal buono alle multe. Se l'impresa incaricata utilizza materiali isolanti non a norma, o è sprovvista di certificazione, l'agevolazione rischia di svanire nel nulla. E sull'energia meglio certificare lo stato di partenza.Dal cappotto termico al fotovoltaico. Tutti gli interventi edilizi agevolati. I lavori di efficientamento energetico eseguiti dal primo luglio alla fine del 2021 sono coperti dallo Stato. Occhio però agli importi massimi da non superare, alla documentazione dei costi e alle classi energetiche.I rischi maggiori ricadono sugli architetti. I professionisti si assumeranno la responsabilità con il pubblico e con il privato. Previsti controlli a campione.«Le ditte attenderanno i soldi per un anno». Gabriele Buia, il presidente dell'Associazione costruttori: «La direzione è giusta, ma c'è ancora troppa burocrazia. Le imprese non possono rimanere senza liquidità per così tanto tempo dopo la fine dei lavori. Non solo: la durata del beneficio andrebbe posticipata».Lo speciale comprende cinque articoli.L'ecobonus al 110% scalda i motori, in vista della sua partenza a luglio. Il decreto Rilancio, tra le varie misure fiscali a sostegno di imprese e cittadini, ha infatti previsto anche un'agevolazione del 110% per tutte le attività di miglioramento energetico degli edifici. E dunque tutte le spese che verranno sostenute dal primo luglio fino al 31 dicembre 2021, che avranno a oggetto uno di questi interventi, avranno diritto all'agevolazione prevista dal governo, che sarà spalmata in cinque quote annuali di pari importo, oppure potrà essere trasformata in un credito cedibile alla ditta che esegue i lavori o alla banca. Nell'ecobonus 110% rientrano tutti i lavori per l'isolamento termico, la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernali nelle parti comuni dei condomini e l'installazione di impianti solari fotovoltaici. Se poi, a uno di questi interventi, si volesse affiancare l'installazione di una ricarica per i veicoli elettrici, allora l'agevolazione del 110% verrebbe estesa anche all'acquisto e alla posa delle colonnine. Da non dimenticare inoltre le precedenti agevolazioni energetiche previste dal decreto legge n. 63/2013. È stata infatti estesa l'agevolazione al 110% se si dovessero accorpare gli interventi previsti in passato a uno di quelli coperti dal nuovo ecobonus. Nel caso in cui non si scegliesse di unire i due interventi energetici, si potrebbe comunque usufruire dei vecchi sgravi fiscali (installazione del condizionatore, serramenti, eccetera) nelle percentuali e nelle modalità di spesa previste. Il nuovo bonus ha inoltre ricompreso anche le misure antisismiche e di messa in sicurezza degli edifici, che erano state stanziate dal dl n. 63/2013. Anche in questo caso si ha diritto all'agevolazione del 110% se si rispettano tutti i requisiti richiesti dal nuovo bonus.Un altro aspetto da tenere particolarmente in considerazione, qualora si decidesse di effettuare degli interventi edilizi per poter usufruire dell'agevolazione, è il miglioramento energetico. Gli interventi che verranno svolti dalla ditta dovranno migliorare l'edificio almeno di due classi energetiche o, se questo non fosse possibile, della classe energetica più alta possibile, in base alla propria base di partenza. Il tutto deve essere messo nero su bianco, compilando un Attestato di prestazione energetica (Ape) da un tecnico abilitato nella forma della dichiarazione asseverata. Se non si dovesse rispettare questo criterio energetico non sarà possibile ottenere l'ecobonus. E dunque si dovranno pagare i lavori svolti senza agevolazioni. Il decreto prevede che nelle spese detraibili rientrino anche quelle relative al rilascio delle attestazioni e delle asseverazioni relative al visto di conformità.L'ecobonus al 110% si applica agli interventi portati a termine: dai condomini, dalle persone fisiche al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arti e professionisti, dagli Istituti autonomi case popolari (Iacp), dagli istituti creati sotto la forma di società che però rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di «in house providing» per interventi realizzati su immobili di loro proprietà e gestiti per conto dei Comuni, e per gli interventi fatti su immobili delle cooperative che successivamente vengono assegnati in godimento ai propri soci.Il decreto Rilancio prevede che il contribuente possa decidere se usufruire dell'ecobonus al 110% come sconto in fattura sul prezzo anticipato dal fornitore o se trasformarlo in un credito di imposta da cedere a chi si è occupato dei lavori, oppure alle banche. Nel caso in cui si scelga la strada della cessione bisogna però tener conto che si dovrà seguire una procedura dell'Agenzia delle entrate. Prima di avviarla ci si deve anche assicurare che la ditta o la banca in questione siano disponibili ad accettare il credito di imposta. Opzione non così scontata perché nel caso dell'impresa, se questa accettasse il credito di imposta, dovrebbe anticipare l'intera spesa, pagandola di tasca propria, iniziando a recuperare qualcosa soltanto l'anno dopo. Per le banche subentra invece il problema della fiducia, relativamente al fatto che effettivamente tutti i lavori siano stati portati a termine in maniera regolare. Da non dimenticare che la detrazione andrà ripartita tra gli aventi diritto e in cinque rate annuali di pari importo.Sono state previste sanzioni penali e pecuniarie. Nel caso in cui l'operazione messa in atto costituisca un reato si dovrà risponderne penalmente. Inoltre, per tutti i soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni non veritiere ci sarà una sanzione amministrativa pecuniaria, che va da un minimo di 2.000 a un massimo di 15.000 euro, per ciascuna attestazione falsa rilasciata. Proprio per questo è stato anche previsto che la ditta che si occuperà dei lavori dovrà stipulare una polizza assicurativa per la responsabilità civile, con un massimale adeguato al numero delle attestazioni/asseverazioni che farà. E comunque non dovrà essere inferiore ai 500.000 euro, al fine di garantire ai propri clienti e al bilancio dello Stato il risarcimento dei danni eventualmente provocati dall'attività prestata. Da non dimenticare che se venisse rilasciata una dichiarazione falsa, oltre a rischiare la multa, si verificherebbe anche la perdita dell'agevolazione per il soggetto che l'ha richiesta.Come in tutte le misure che vengono previste e soprattutto nel caso delle agevolazioni fiscali, lo Stato si deve sobbarcare dei costi. E in questo caso il decreto Bilancio ha previsto che ci saranno oneri per il 2020 pari a 62,2 milioni di euro. La somma sale a 1.268,4 milioni per il 2021, e ancora a 3.239,2 milioni per il 2022. Per il 2023 sono previsti oneri per 2.827,9 milioni e per il 2024 e il 2025 spese per 2.659 milioni di euro. Questi si andranno dunque ad aggiungere al numero di agevolazioni fiscali già presenti in Italia e di cui si fa fatica a tenere il conto, oltre che a capire quanto effettivamente incidano sul bilancio dello Stato, sia nel medio che nel lungo periodo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/guida-allecobonus-incentivo-al-110-sulle-ristrutturazioni-2646279695.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="attenzione-ai-criteri-minimi-ambientali-basta-fare-un-errore-per-ritrovarsi-dal-buono-alle-multe" data-post-id="2646279695" data-published-at="1593297704" data-use-pagination="False"> Attenzione ai criteri minimi ambientali. Basta fare un errore per ritrovarsi dal buono alle multe In questa partita i requisiti minimi ambientali vanno tenuti d'occhio: se non vengono rispettati, l'ecobonus al 110% può svanire nel nulla. Il decreto Rilancio ha infatti previsto un'agevolazione per i lavori di riqualificazione energetica, ma le insidie sono dietro l'angolo. E dunque se l'impresa a cui viene affidato il progetto non rispetta i criteri ambientali minimi, previsti dal Dm n. 259/2017 (Cam), il privato può perdere l'accesso all'agevolazione fiscale. Partiamo dal fatto che il decreto Rilancio stabilisce in modo preciso quali siano gli interventi che rientrano nell'agevolazione e dunque anche i criteri minimi ambientali a cui prestare particolarmente attenzione. Se si ha la necessità di effettuare interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali e orizzontali, con un'incidenza superiore al 25%, si potrà richiedere l'ecobonus. Così come per interventi sulle parti comuni degli edifici o per gli immobili unifamiliari che hanno a oggetto la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernali con nuovi modelli conformi alla normativa e che permettono il miglioramento della classe energetica. I criteri minimi ambientali da non sottovalutare riguardano in particolare gli interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali e orizzontali, che interessano l'involucro dell'edificio. In questo caso i Cam prevedono che i materiali isolanti non debbano essere prodotti utilizzando ritardanti di fiamma che siano oggetto di restrizioni o proibizioni previste da normative nazionali o comunitarie. Non devono inoltre essere prodotti con agenti espandenti con un potenziale di riduzione dell'ozono superiore a zero e non possono essere formulati, o comunque prodotti, utilizzando dei catalizzatori al piombo spruzzati o nel corso della formazione della schiuma di plastica. Ma non finisce qui, perché se gli isolanti sono prodotti da una resina di polistirene espandibile, gli agenti devono essere inferiori al 6% del peso del prodotto finito. E se invece sono costituiti da lane minerali, queste devono essere conformi alla nota «Q» o a quella «R» del regolamento Ce n. 1272/2008. E infine il materiale isolante usato dovrà essere costituito da una quantità minima di materiale riciclato. Passaggio fondamentale è affidato al progettista che dovrà prescrivere come in fase di approvvigionamento l'appaltatore rispetti i criteri necessari. Se si pensa poi che gli obblighi ambientali siano finiti ci si sbaglia. E infatti la ditta che svolge i lavori dovrà prestare attenzione anche al fatto che le diverse tipologie di materiali isolanti usati dovranno sempre essere certificati tramite dei documenti ufficiali. In questo caso si parla o di una dichiarazione ambientale di prodotto di tipo III (Epd), conforme alla normativa Iso 14025, oppure di una certificazione di prodotto rilasciata da un organismo di valutazione della conformità che attesti la presenza di contenuto riciclato. O di un'asseverazione rilasciata da un organismo di valutazione della conformità, che segua la norma Iso 14021. Oltre al mondo delle certificazioni in cui districarsi e agli innumerevoli requisiti minimi da rispettare si dovrà anche fare attenzione alla classe energetica di fine lavori che otterrà l'immobile. Al comma 3 dell'articolo 119 del dl Rilancio viene precisato infatti che per poter accedere all'agevolazione alla fine dei lavori ci deve essere un miglioramento di almeno due classi energetiche dell'edificio. Se questo non fosse consentito, si deve far raggiungere la classe energetica più alta possibile allo stabile. Il salto deve essere accertato da un attestato di prestazione energetica (Ape) che descrive la situazione prima dell'intervento della ditta e subito dopo la fine dei lavori. E il tutto deve essere redatto da un tecnico abilitato nella forma della dichiarazione asseverata. Da tenere a mente che si possono far rientrare anche le spese per il rilascio della documentazione all'interno dell'agevolazione fiscale. L'attestazione e il salto energetico risultano dunque essere fondamentali per l'ecobonus. Senza, si possono anche aver fatto i lavori, ma non si potrà usufruire dell'agevolazione fiscale. È proprio per questo che bisogna incaricare un professionista esperto per eseguire una diagnosi dell'edificio, capire le caratteristiche e le criticità che caratterizzano il condominio riguardo alle parti comuni, oltre che i problemi dei singoli appartamenti. Quest'ultimo aspetto potrebbe infatti essere di fondamentale importanza, soprattutto in ottica di certificazione energetica. Può infatti capitare che per qualche appartamento ci sia bisogno di un intervento più strutturato e drastico per poter raggiungere come risultato finale la classe energetica prefissata. E quindi i criteri ambientali minimi che le imprese devono rispettare e il raggiungimento della classe energetica a fine lavori sono fondamentali per poter accedere all'ecobonus e non incorrere in sanzioni a posteriori. Se infatti i lavori vengono svolti in maniera non corretta (uso di materiali non idonei o false certificazioni) e il tutto dovesse essere scoperto successivamente in un controllo, l'Agenzia delle entrate chiederà al contribuente di rispondere per aver goduto di un'agevolazione non dovuta. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/guida-allecobonus-incentivo-al-110-sulle-ristrutturazioni-2646279695.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="dal-cappotto-termico-al-fotovoltaico-tutti-gli-interventi-edilizi-agevolati" data-post-id="2646279695" data-published-at="1593297704" data-use-pagination="False"> Dal cappotto termico al fotovoltaico. Tutti gli interventi edilizi agevolati L'ecobonus al 110% permette di fare alcuni lavori di efficientamento energetico al proprio immobile, in modo da aumentare la classe energetica al massimo livello possibile. Secondo il decreto Rilancio, voluto dal governo guidato dal premier Giuseppe Conte, si applica una detrazione pari al 110% per le spese documentate a carico del contribuente, sostenute dal primo luglio al 31 dicembre 2021, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo. Per gli interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali e orizzontali che interessano l'involucro generale dell'edificio, con un'incidenza superiore al 25% della superficie, è prevista l'agevolazione del 110%. L'importo massimo dei lavori però non deve essere superiore ai 60.000 euro, da moltiplicare per il numero complessivo delle unità immobiliari che compongono l'edificio stesso. I lavori sulle parti comuni che hanno a oggetto la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistente con impianti centralizzati per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a condensazione rientrano nell'agevolazione del 110%. In questo caso i nuovi impianti devono essere almeno pari alla classe energetica A, compresi quelli ibridi o geotermici, anche abbinati all'installazione di impianti fotovoltaici. La spesa massima consentita non deve eccedere i 30.000 euro, da moltiplicare per il numero di unità immobiliare che compongono l'edificio, compresa quella per lo smaltimento e la bonifica dell'impianto sostitutivo. Per quanto riguarda gli interventi sugli edifici unifamiliari si può accedere all'agevolazione del 110% se si fanno interventi per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con quelli per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a pompa di calore (sono inclusi anche gli impianti ibridi o geotermici anche abbinati all'installazione di impianti fotovoltaici o di microgenerazione). In questo caso la spesa non deve essere superiore ai 30.000 euro ed è compresa, nella somma, anche quella per lo smaltimento e la bonifica dell'impianto sostituito. Si può ottenere il bonus 110% anche se si tratta di installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica su edifici privati, pubblici a uso pubblico o di nuova costruzione. Le spese non devono essere superiori ai 48.000 euro e comunque nel limite di spesa di 2.400 euro per ogni Kw di potenza nominale. Da sottolineare come la detrazione è riconosciuta anche per l'installazione contestuale o successiva di sistemi di accumulo integrati negli impianti solari fotovoltaici agevolati. In questo caso l'ammontare complessivo deve essere nel limite di spesa di 1.000 euro per ogni kWh di capacità di accumulo del sistema. Negli anni passati sono state introdotte diverse agevolazioni fiscali riguardo a lavori di efficientamento energetico. E dunque, per esempio, è presente un'agevolazione del 50% per le spese, sostenute dal primo gennaio 2018 relative agli interventi di acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi, di schermature solari e di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione con efficienza almeno pari alla classe A. Queste e altre agevolazioni previste possono essere estese al 110% se vengono accorpate con un intervento di efficientamento energetico previsto dal decreto Rilancio. Anche in questo caso il decreto legge n. 63/2013 aveva previsto delle agevolazioni per quanto riguardava gli interventi sismici sugli edifici. E dunque la percentuale della detrazione è estesa al 110% per questo genere di spese sostenute dal primo luglio fino al 31 dicembre 2021. Se poi il credito relativo agli interventi viene ceduto a un'impresa di assicurazione, contestualmente alla stipula di una polizza di assicurazione per la copertura del rischio di eventi calamitosi, la detrazione per gli oneri sostenuti sale dal 19% al 90%. Per l'installazione e la messa a terra della ricarica dei veicoli elettrici è prevista l'agevolazione al 110% solo se si accorpa questo intervento a uno di quelli previsti nel decreto Rilancio per quanto riguarda l'efficientamento energetico. E dunque, anche in questo caso, l'agevolazione prevista dal dl n. 63/2013 ha la possibilità di lievitare se si accorpano due lavori. Nel caso in cui non si abbia bisogno di ricorrere a un intervento, previsto esplicitamente dall'ecobonus 2020, si potranno fare i lavori per l'installazione della ricarica dei veicoli elettrici, godendo della vecchia agevolazione. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/guida-allecobonus-incentivo-al-110-sulle-ristrutturazioni-2646279695.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="i-rischi-maggiori-ricadono-sugli-architetti" data-post-id="2646279695" data-published-at="1593297704" data-use-pagination="False"> I rischi maggiori ricadono sugli architetti Non tutto è bonus quello che luccica. Per professionisti e imprese l'ecobonus, così come definito finora dal decreto, è un percorso a ostacoli. Gli architetti avranno maggiori responsabilità, mentre le imprese dovranno sviluppare anche capacità di natura finanziaria e fare bene i calcoli prima di acquisire un cantiere. Il rischio è di farsi male con inaspettate remissioni economiche. I professionisti svolgono un ruolo centrale nel meccanismo dei lavori con detrazione d'imposta. A loro spetta l'Ape, l'Attestazione di prestazione energetica dell'edificio, ante e post intervento. Devono anche asseverare che i lavori siano in linea con gli obiettivi della legge, dimostrando che sono state conseguite le due classi energetiche. Il professionista si assume una doppia responsabilità, nei confronti del pubblico e del privato. Oltre al rispetto di tali requisiti deve asseverare la congruità delle spese sostenute nel cantiere. Dopodiché interviene un altro soggetto, il commercialista o il fiscalista. Questo deve porre il visto di conformità sulla documentazione nella quale si attesta la sussistenza dei presupposti per aver diritto alla detrazione d'imposta del 110%. Pertanto l'operazione, per essere completata, prevede due asseverazioni e un visto di conformità. Ma non è finita qui. Per avere il beneficio, oltre al miglioramento energetico dell'immobile, occorre che i materiali utilizzati soddisfino i criteri ambientali minimi, i cosiddetti Cam, stabiliti dal ministero dell'Ambiente. L'architetto deve verificare che l'impresa si attenga a queste linee guida e se ne assume la responsabilità. In caso di verifiche sarà lui a risponderne. La legge prevede controlli a campione per individuare eventuali abusi. Alcuni furbetti potrebbero approfittare del vantaggio fiscale, maggiorando le voci di costo. Il professionista potrebbe mettersi d'accordo con l'impresa, chiudere un occhio sui lavori e sui materiali utilizzati più a buon mercato, e lucrare sulla differenza di costo. «Per asseverare la congruità delle spese sostenute in relazione ai lavori effettuati, il decreto al momento non offre riferimenti di mercato. I costi degli interventi si rifanno a una serie di prezzari anche molto diversi tra loro, come quelli provinciali, regionali, nazionali, in merito ai quali non vi è alcuna indicazione certa. Quindi cosa si intende per congruità della spesa ancora non lo sappiamo, e diventa difficile per il professionista assumersi la responsabilità e i rischi del caso», afferma Walter Baricchi, membro del Consiglio nazionale degli architetti. Poi c'è il tema delle polizze assicurative che sono già un obbligo, ma «non essendoci un accordo tra governo e sistema assicurativo c'è il problema di possibili speculazioni al rialzo dei costi». Stefano Bastianoni, segretario di Confartigianato edilizia, l'associazione delle piccole impresi edili, sottolinea che «l'iter burocratico per arrivare allo sconto è lungo e coinvolge diversi soggetti, ciascuno dei quali vuole avere, come è logico, un vantaggio economico. Il pericolo è che qualcuno ci rimetta». Un ruolo decisivo è svolto dalle banche e dalle assicurazioni e in generale da quegli intermediari finanziari abilitati ad acquisire il credito d'imposta ceduto dalle imprese. «È la prima volta che viene consentito questo passaggio, finora ammesso solo per gli incapienti (contribuenti con redditi talmente bassi da non beneficiare di detrazioni, ndr), ma di fatto mai attivato. Anche se è un importante passo in avanti non mancano i punti oscuri e le problematiche. Insomma non è così semplice». Bastianoni lancia il sasso: «Il committente pretende subito la detrazione del 110%, ma l'impresa, per non trovarsi a corto di liquidità, deve costruire un piano finanziario; se ha le spalle solide può anticipare i pagamenti per materiali e dipendenti, diversamente, deve mettersi d'accordo con la banca per avere la garanzia che acquisisca il credito d'imposta. Le banche potrebbero essere particolarmente esigenti nella valutazione del merito creditizio. L'impresa dovrà quindi costruire una linea di finanziamento con l'istituto in modo da ottenere in anticipo la liquidità per fare i lavori e la certezza che questa dopo si assumerà il credito». Bastianoni punta il dito su un altro aspetto rilevante. «La cessione ha un costo. Il credito è pari al 110% proprio perché si presume che alla banca vada il 10%, ma questa potrebbe pretendere anche di più. Pertanto il costruttore dovrà sviluppare una capacità di natura finanziaria e fare bene i suoi calcoli prima di acquisire un cantiere, altrimenti rischia di rimetterci. Il piccolo imprenditore si trova schiacciato tra il committente, che vuole subito godere del vantaggio economico, e la banca, che per assumere il credito, pretende maggiori garanzie. Potrebbe riproporsi la situazione dei prestiti garantiti dallo Stato, con lungaggini e ritardi. E qui il tempo stringe, dal momento che il decreto indica come scadenza il 2021, anche se ci sono varie richieste per allungare i termini almeno fino al 2022». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/guida-allecobonus-incentivo-al-110-sulle-ristrutturazioni-2646279695.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-ditte-attenderanno-i-soldi-per-un-anno" data-post-id="2646279695" data-published-at="1593297704" data-use-pagination="False"> «Le ditte attenderanno i soldi per un anno» «È una misura importante per riaccendere il motore economico, ma non è sufficiente. Il mondo delle costruzioni ha necessità anche di altro, di riattivare tutte le opere pubbliche e ridare fiducia al mercato del privato, movimentando il risparmio che ora giace in banca. Inoltre la durata del beneficio del 110% al 2021 è troppo limitata per far attivare gli interventi. Tra approvazione del decreto e di tutte le norme attuative e gli studi energetici, alla fine resterà solo l'anno prossimo. Non si riuscirà a fare molto». Cautela, un po' di ottimismo ma anche la consapevolezza che è solo un'aspirina per un malato grave. È questa l'analisi del presidente dell'Ance, l'Associazione dei costruttori, Gabriele Buia. Quali sono le ombre di questo decreto? «Il problema principale riguarda la cessione del credito. Il proprietario di un immobile o di un condominio può ricevere uno sconto dall'impresa o cedere il credito all'impresa. Ma questa lo potrà utilizzare solo l'anno successivo alla fine dei lavori, quando compare nel cassetto fiscale. Quindi solo in quel momento potrà avere la liquidità. La grande novità rispetto al vecchio sisma bonus è la possibilità da parte delle imprese di cedere il credito anche a una banca, una compagnia di assicurazione o un intermediario finanziario autorizzato. Quindi il decreto allarga molto la casistica, prima non era possibile». Ma se l'impresa cede il credito alla banca, questa fornisce subito la liquidità o impiega i tempi che ben conosciamo dei prestiti garantiti dallo Stato? «Il problema è che la banca può acquistare il credito solo quando vede nel cassetto fiscale dell'impresa l'autorizzazione finale. Cioè quando è dimostrato in modo documentato che tutto è stato fatto in maniera corretta. Nonostante sia stata allargata la possibilità di cessione del credito, la banca, alla luce di questa normativa, potrà dare liquidità finale soltanto l'anno dopo: cioè quando anch'essa riceverà l'autorizzazione da parte dell'Agenzia delle entrate a utilizzare quel credito». In attesa dei tempi dell'Agenzia delle entrate e delle banche, l'impresa deve comunque far fronte ai costi dei lavori. Se è grande ce la fa, ma se è piccola? «Se un'impresa fa un lavoro da 1 milione di euro, potrà vedere la liquidità di quel cantiere solo l'anno successivo. Questo è un problema perché le imprese non sono in grado di scontare direttamente il credito perché oggi non hanno liquidità». Se le cose stanno così, c'è il rischio che il meccanismo non funzioni. «Abbiamo presentato un emendamento chiedendo al governo di autorizzare il pagamento dell'utilizzo del credito a saldo. Chi fa i lavori non può aspettare l'anno successivo. Ogni mese si dovrà certificare che i lavori sono stati svolti correttamente e l'Agenzia delle entrate dovrà mettere immediatamente nel cassetto fiscale di chi ha acquisito il credito la possibilità di utilizzarlo. Dobbiamo fare in modo che le imprese vengano pagate mensilmente dalle banche o dagli intermediari finanziari autorizzati, a stati di avanzamento dei lavori. Tra l'altro, questo meccanismo sarebbe identico a quanto ammesso, fino a oggi, dalla stessa Agenzia delle entrate con lo sconto in fattura. Anche prima della fine dei lavori le imprese possono ottenere infatti il credito corrispondente ai lavori realizzati. Non vedo perché non possa continuare a funzionare così. Inoltre, abbiamo chiesto che l'operazione valga fino al 2023 e non solo fino al prossimo anno». Un altro problema segnalato dai professionisti è l'assenza di un prezzario unico come riferimento per dichiarare la congruità della spesa relativa ai lavori effettuati. Come si scioglie questo nodo? «Abbiamo suggerito un emendamento su questo tema, chiedendo di avere un riferimento unico per tutta Italia dei prezzi utilizzabili. Per accelerare le procedure. Caf e commercialisti devono asseverare la correttezza delle procedure e la congruità dei costi. Ma tutti devono far riferimento a un solo prezzario nazionale, quindi una semplificazione procedurale». C'è ancora tanta burocrazia? «Rispetto al vecchio sisma bonus questo è più snello, meno laborioso. Però occorrono integrazioni affinché sia più semplice e chiara la possibilità di operare. Il diavolo sta nei dettagli, come sempre. Il ruolo del professionista è importante. Deve dimostrare che le due classi energetiche siano state raggiunte. Lo Stato ha previsto penali in caso di controlli che dimostrino che non sono state raggiunte le due classi energetiche. I professionisti devono dotarsi di assicurazioni a tutela della propria professionalità perché lo Stato ha messo sanzioni severe. Con il 110% lo Stato paga il miglioramento energetico ed è comprensibile che chieda maggiori attenzioni da parte di tutti. Non si possono escludere azioni dolose. C'è anche la necessità di individuare imprese qualificate che garantiscano il ciclo produttivo, che non si fermino a metà dei lavori. L'Ance ha attuato un programma di qualificazione delle proprie imprese per testimoniare l'esigenza di appaltare i lavori ad aziende serie e competenti». C'è il rischio di truffe? «È sempre possibile, se il progettista calcola in maniera strumentale e se c'è connivenza tra proprietario, architetto e impresa per aver accesso al credito. Il decreto prevede sanzioni severe proprio per arginare il malcostume. Per questo le procedure vanno semplificate al massimo. Se si restringe l'incertezza interpretativa si arginano anche le truffe. Quello che non bisogna assolutamente fare è di impedire gli interventi per il rischio che qualcuno faccia il furbo».
(Apple Tv)
Non è affatto detto che sia così perché, dietro l’obiettivo di rovesciare le formule della fantascienza, si nasconde l’ambizione di una riflessione sul rapporto tra benessere collettivo e libertà individuale, tra felicità globale e identità personale. Il tutto proposto con grande cura formale, ottime musiche e qualche lungaggine autoriale. Possibili, lontani, riferimenti: Lost, per i prologhi spiazzanti e i flashback, Truman Show, per la solitudine e l’apparenza stranianti, Black Mirror, per la cornice distopica. Ma la mano dell’ideatore è inconfondibile.
Ci troviamo ad Albuquerque, la città del New Mexico già teatro dei precedenti plot di Gilligan, ma stavolta la vicenda è tutt’altra. Siamo in un futuro progredito e un certo rigore si è già radicato nella quotidianità. Per esempio, l’avviamento delle auto di ultima generazione è collegato alla prova di sobrietà del palloncino: se si è stati al pub, l’auto non parte. Individuato da un gruppo di astronomi, un virus Rna proveniente dallo spazio, trasmesso in laboratorio da un topo e contagiato tramite baci e alimenti, rende gli esseri umani felici, gentili e samaritani con il prossimo. Le persone agiscono come un’unica mente collettiva, ma non a causa di un’invasione aliena, tipo L’invasione degli ultracorpi, bensì per il fatto che «noi siamo noi», garantisce un politico che parla dalla Casa Bianca, anche se non è il presidente. «Gli scienziati hanno creato in laboratorio una specie di virus, più precisamente una colla mentale capace di tenerci legati tutti insieme». In questo mondo, non esiste il dolore, non si registrano reati, le prigioni sono vuote, le strade non sono mai congestionate, regna la pace. Tutto è perfetto e patinato, perché la contraddizione non esiste. Debellata, dietro una maschera suadente. La colla mentale dispone alla benevolenza e alla correttezza le persone. Che però non possono scegliere, ma agire solo in base a un «imperativo genetico». Soltanto 12 persone in tutto il Pianeta sono immuni al contagio. Ma mentre undici sembrano disposte a recepirlo, l’unica che si ribella è Carol Sturka (Reha Seehorn), una scrittrice di romanzi per casalinghe sentimentali. Cinica, diffidente, omosex e discretamente testarda, malgrado vicini, conoscenti e certi soccorritori ribadiscano le loro buone intenzioni - «vogliamo solo renderti felice» - lei non vuole assimilarsi ed essere rieducata dal virus dei buoni. I quali, ogni volta che lei respinge bruscamente le loro attenzioni, restano paralizzati in strane convulsioni, alimentando i suoi sensi di colpa. Il prezzo della libertà è una solitudine sterminata, addolcita dal fatto che, componendo un numero di telefono, può vedere esaudito ogni desiderio: cibi speciali, cene su terrazze panoramiche, giornate alle terme, Rolls Royce fiammanti. Quando si imbatte in qualche complicazione è immediatamente soccorsa da Zosia (Karolina Wydra), volto seducente della mente collettiva, o da un drone, tempestivo nel recapitarle a domicilio la più bizzarra delle richieste. A Carol è anche consentito di interagire con gli altri umani esenti dal contagio. Che però non condividono il suo progetto di ribellione alla felicità coatta: tocca a noi riparare il mondo. «Perché? La situazione sembra ideale, non ci sono guerre, viviamo tranquilli», ribatte un viveur che sfrutta ogni lusso e privilegio concesso dalla mente collettiva.
L’idea di questa serie risale a circa otto o nove anni fa, ha raccontato Gilligan in un’intervista. «In quel periodo io e Peter Gould (il suo principale collaboratore, ndr.) avevamo iniziato a lavorare a Better Call Saul e ci divertivamo parecchio. Durante le pause pranzo avevo l’abitudine di vagare nei dintorni dell’ufficio immaginando un personaggio maschile con cui tutti erano gentili. Tutti lo amavano e non importa quanto lui potesse essere scortese, tutti continuavano a trattarlo bene». Poi, nella ricerca del perché di questa inspiegabile gentilezza, la storia si è arricchita e al posto di un protagonista maschile si è imposta la figura della scrittrice interpretata da Reha Seehorn, già nel cast di Better Call Saul. Su di lei, a lungo sola in scena, si regge lo sviluppo del racconto. A un certo punto, provata dalla solitudine, ma senza voler smettere d’indagare anche perché incoraggiata dalle prime inquietanti scoperte, Carol cambia strategia, smorzando la sua ostilità…
Il titolo della serie deriva da «E pluribus unum», cioè «da molti, uno», antico motto degli Stati Uniti, proposto il 4 luglio 1776 per simboleggiare l’unione delle prime 13 colonie in una sola nazione. Gilligan ha trasferito la suggestione di quel motto a una dimensione esistenziale e filosofica, inscenando una sorta di apocalisse dolce per riflettere sulla problematica convivenza tra singolo e collettività. Per questo, in origine, Plur1bus era scritto con l’1 al posto della «i».
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Emmanuel Macron (Ansa)
La sola istanza che ha una parvenza di rappresentanza è il Palamento europeo. Così il Mercosur, il mega accordo commerciale con Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay, più annessi, che deve creare un’area di libero scambio da 700 milioni di persone che Ursula von der Leyen vuole a ogni costo per evitare che Javier Milei faccia totalmente rotta su Donald Trump, che il Brasile si leghi con la Cina e che l’Europa dimostri la sua totale ininfluenza, rischia di crollare e di portarsi dietro, novello Sansone, i filistei dell’eurocrazia.
Il Mercosur ieri ha fatto due passi indietro. Il Parlamento europeo con ampia maggioranza (431 voti a favore Pd in prima fila, 161 contrari e 70 astensioni, Ecr-Fratelli d’Italia fra questi, i lepenisti e la Lega hanno votato contro) ha messo la Commissione con le spalle al muro. Il Mercosur è accettabile solo se ci sono controlli stringenti sui requisiti ambientali, di benessere animale, di salubrità, di rispetto etico e di sicurezza alimentare dei prodotti importati (è la clausola di reciprocità), se c’è una clausola di salvaguardia sulle importazioni di prodotti sensibili tra cui pollame o carne bovina. Se l’import aumenta del 5% su una media triennale si torna ai dazi. Le indagini devono essere fatte al massimo in tre mesi e la sospensione delle agevolazioni deve essere immediata. Tutti argomenti che la Von der Leyen mai ha inserito nell’accordo. Ma sono comunque sotto il minimo sindacale richiesto da Polonia, Ungheria e Romania che sono contrarie da sempre e richiesto ora dalla Francia che ha detto: «Così com’è l’accordo non è accattabile».
Sono le stesse perplessità dell’Italia. Oggi la Commissione dovrebbe incontrare il Consiglio europeo per avviare la trattativa e andare, come vuole Von der Leyen, alla firma definitiva prima della fine dell’anno. La baronessa aveva già prenotato il volo per Rio per domani, ma l’hanno bloccata all’imbarco! Perché Parigi chiede la sospensione della trattativa. La ragione è che gli agricoltori francesi stanno bloccando il Paese: ieri le quattro principali autostrade sono state tenute in ostaggio da trattori che sono tornati a scaricare il letame sulle prefetture. Il primo ministro Sébastien Lecornu ha tenuto un vertice sul Mercosur incassando un no deciso da Jean-Luc Mélenchon, da Marine Le Pen ma anche dai repubblicani di Bruno Retailleau che è anche ministro dell’interno.
Domani, peraltro, a Bruxelles sono attesi almeno diecimila agricoltori- la Coldiretti è la prima a sostenere questa manifestazione - che con un migliaio di trattori assedieranno Bruxelles. L’Italia riflette, ma è invitata a fare minoranza di blocco dalla Polonia; la Francia vuole una mano per il rinvio. Certo che il Mercosur divide: la Coldiretti ha rimproverato il presidente di Federalimentare Paolo Mascarino che invece vuole l’accordo (anche l’Unione italiana vini spinge) di tradire la causa italiana. Chi invece vuole il Mercosur a ogni costo sono la Germania che deve vendere le auto che non smercia più (grazie al Green deal), la Danimarca che ha la presidenza di turno e vuole lucrare sull’import, l’Olanda che difende i suoi interessi commerciali e finanziari.
C’è un’evidente frattura tra l’Europa che fa agricoltura e quella che vuole usare l’agricoltura come merce di scambio. Le prossime ore potrebbero essere decisive non solo per l’accordo - comunque deve passare per la ratifica finale dall’Eurocamera - ma per i destini dell’Ue.
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Ursula von der Leyen (Ansa)
Questo allentamento delle norme consente che nuove auto con motore a combustione interna possano ancora essere immatricolate nell’Ue anche dopo il 2035. Non sono previste date successive in cui si arrivi al 100% di riduzione delle emissioni. Il presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha naturalmente magnificato il ripensamento della Commissione, affermando che «mentre la tecnologia trasforma rapidamente la mobilità e la geopolitica rimodella la competizione globale, l’Europa rimane in prima linea nella transizione globale verso un’economia pulita». Ursula 2025 sconfessa Ursula 2022, ma sono dettagli. A questo si aggiunge la dichiarazione del vicepresidente esecutivo Stéphane Séjourné, che ha definito il pacchetto «un’ancora di salvezza per l’industria automobilistica europea». Peccato che, in conferenza stampa, a nessuno sia venuto in mente di chiedere a Séjourné perché si sia arrivati alla necessità di un’ancora di salvezza per l’industria automobilistica europea. Ma sono altri dettagli.
L’autorizzazione a proseguire con i motori a combustione (inclusi ibridi plug-in, mild hybrid e veicoli con autonomia estesa) è subordinata a condizioni stringenti, perché le emissioni di CO2 residue, quel 10%, dovranno essere compensate. I meccanismi di compensazione sono due: 1) utilizzo di e-fuel e biocarburanti fino a un massimo del 3%; 2) acciaio verde fino al 7% delle emissioni. Il commissario Wopke Hoekstra ha spiegato infatti che la flessibilità è concessa a patto che sia «compensata con acciaio a basse emissioni di carbonio e l’uso di combustibili sostenibili per abbattere le emissioni».
Mentre Bruxelles celebra questa minima flessibilità come una vittoria per l’industria, il mondo reale offre un quadro ben più drammatico. Ieri Volkswagen ha ufficialmente chiuso la sua prima fabbrica tedesca, la Gläserne Manufaktur di Dresda, che produceva esclusivamente veicoli elettrici (prima la e-Golf e poi la ID.3). Le ragioni? Il rallentamento delle vendite di auto elettriche. La fabbrica sarà riconvertita in un centro di innovazione, lasciando 230 dipendenti in attesa di ricollocamento. Dall’altra parte dell’Atlantico, la Ford Motor Co. ha annunciato che registrerà una svalutazione di 19,5 miliardi di dollari legata al suo business dei veicoli elettrici. L’azienda ha perso 13 miliardi nel suo settore Ev dal 2023, perdendo circa 50.000 dollari per ogni veicolo elettrico venduto l’anno scorso. Ford sta ora virando verso ibridi e veicoli a benzina, eliminando il pick-up elettrico F-150 Lightning.
La crisi dell’auto europea non si risolve certo con questa trovata dell’ultima ora. Nonostante gli sforzi e i supercrediti di CO2 per le piccole auto elettriche made in Eu, la domanda di veicoli elettrici è debole. Questa nuova apertura, ottenuta a fatica, non sarà sufficiente a salvare il settore automobilistico europeo di fronte alla concorrenza cinese e al disinteresse dei consumatori. Sarebbe stata più opportuna un’eliminazione radicale e definitiva dell’obbligo di zero emissioni per il 2035, abbracciando una vera neutralità tecnologica (che includa ad esempio i motori a combustione ad alta efficienza di cui parlava anche il cancelliere tedesco Friedrich Merz). «La Commissione oggi fa un passo avanti verso la razionalità, verso il mercato, verso i consumatori ma servirà tanto altro per salvare il settore. Soprattutto servirà una Commissione che non chiuda gli occhi davanti all’evidenza», ha affermato l’assessore allo Sviluppo economico di Regione Lombardia Guido Guidesi, anche presidente dell’Automotive Regions Alliance. La principale federazione automobilistica tedesca, la Vda, ha detto invece che la nuova linea di Bruxelles ha il merito di riconoscere «l’apertura tecnologica», ma è «piena di così tanti ostacoli che rischia di essere inefficace nella pratica». Resta il problema della leggerezza con cui a Bruxelles si passa dalla definizione di regole assurde e impraticabili al loro annacquamento, dopo che danni enormi sono stati fatti all’industria e all’economia. Peraltro, la correzione di rotta non è affatto un liberi tutti. La riduzione del 100% delle emissioni andrà comunque perseguita al 90% con le auto elettriche. «Abbiamo valutato che questa riduzione del 10% degli obiettivi di CO2, dal 100% al 90%, consentirà flessibilità al mercato e che circa il 30-35% delle auto al 2035 saranno non elettriche, ma con tecnologie diverse, come motori a combustione interna, ibridi plug-in o con range extender» ha detto il commissario europeo ai Trasporti Apostolos Tzizikostas in conferenza stampa. Può darsi che sarà così, ma il commissario greco si è dimenticato di dire che quasi certamente si tratterà di auto cinesi.
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(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare di Fratelli d'Italia durante un'intervista a margine dell’evento «Con coraggio e libertà», dedicato alla figura del giornalista e reporter di guerra Almerigo Grilz.