I conflitti spingono gli acquisti del bene rifugio che raggiunge quota 2.500 dollari l’oncia: secondo i mercati i tagli delle banche centrali ridurranno i rendimenti dei titoli di Stato.Rischi geopolitici e attesa sui tassi Usa. Ottimi spunti per fare correre ancora l’oro. Venerdì, per la prima volta le quotazioni del metallo giallo hanno scavalcato quota 2.500 dollari l’oncia ritoccando il precedente primato segnato appena il mese scorso. Oltre alla guerra di Gaza impattano anche le attese, spiegano gli analisti, di una politica monetaria più accomodante delle banche centrali. A fronte di rendimenti obbligazionari previsti in discesa rifugiarsi nel metallo giallo appare sempre una buona idea. Il lingotto non ha cedola ma, vista l’incertezza generale è sempre un modo prudente di allocare il capitale. Ed è proprio sulla base di queste considerazioni che il mercato ha reso fin qui indimenticabile il 2024 per quanti hanno ancorato i loro investimenti al metallo giallo. Dall’inizio dell’anno è salito del 20% tra grandi acquisti delle banche centrali (a cominciare da quella cinese preoccupata per quello che è successo alle riserve valutarie russe) e la domanda crescente visti i rischi geopolitici. Venerdì il prezzo del metallo giallo è stato sostenuto dalla pubblicazione di dati negativi sull’industria edilizia negli Stati Uniti nel mese di luglio. Un segnale poco incoraggiante per l’economia americana. Visto il buon andamento dell’occupazione, gli Usa eviteranno la recessione. Tuttavia sarà difficile vedere la ripresa nella seconda metà dell’anno. Da qui l’aumento delle scommesse sul taglio dei tassi da parte della Fed. I più ottimisti parlano di tre interventi consecutivi che, entro la fine dell’anno potrebbero incidere per 150 punti. Se è così viva il lingotto. «Il forte calo dei rendimenti obbligazionari» e del dollaro, «nel contesto delle aspettative di tagli dei tassi da parte della Fed, avvantaggia gli investimenti con rendimenti zero o bassi come l’oro», ha detto Fawad Razaqzada, analista della City Index. «Tanto più che l’oro resta il rifugio più richiesto in un contesto geopolitico teso», ha evidenziato Carsten Fritsch, analista di Commerzbank.Ora tutti gli occhi sono puntati sul seminario di Jackson Hole nelle montagne del Kansas, della prossima settimana. Per tradizione è il momento in cui il presidente di turno della Fed disegna le strategie di politica monetaria alla ripresa autunnale. Si tratta dell’appuntamento più atteso dell’anno per tutto il mondo della finanza internazionale. Questa volta non sono attese sorprese se non per quanto riguarda l’ampiezza dei tagli. In queste condizioni la vera incognita per chi investe in oro è costituita dai colloqui di pace a Doha. Gli sforzi diplomatici si stanno intensificando per garantire una tregua nella Striscia di Gaza ed evitare una guerra su vasta scala in Medio Oriente, anche se per il momento non ci sono stati risultati apprezzabili. Non a caso gli esperti del World Gold Council prevedono un rialzo delle quotazioni del 10% del metallo giallo entro la fine dell’anno. Tanto più che l’Iran ha minacciato di attaccare Israele in risposta all’assassinio del leader di Hamas Ismail Haniyeh il 31 luglio a Teheran. L’esperienza insegna che gli ayatollah sono lesti di lingua ma assai prudenti nei fatti. I rischi appaiono limitati. Ma non si sa mai.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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