2021-09-14
Guariti, anziani, espatriati nel limbo del pass
Sono migliaia le persone che cercano di ottenere la certificazione ma burocrazia, sistemi informatici e mancanza di chiarezza dal ministero rendono un calvario la pratica. Tra di loro molti ricercatori rientrati dall'estero per immunizzarsi ma «invisibili».Storia di pochi giorni fa. Una signora è testimone di nozze. Gioia in famiglia mista a tensione, perché lei l'inverno scorso ha passato il Covid, è guarita, ha fatto la prima dose di vaccino ma il green pass non riesce ad averlo. Alla cerimonia in chiesa si può partecipare, ma al ricevimento? A rigore bisognerebbe rinunciare. Gli sposi insistono, però in caso di controlli ci vanno di mezzo anche loro e i titolari del locale. Non resta che il tampone da un farmacista: 15 euro. Una somma che diventa un'odiosa tassa aggiuntiva.Non è una situazione limite. Molte persone che finora non si erano poste il problema ora scoprono che avere il green pass non è affatto facile. Non lo è per molti anziani dotati di cellulari antiquati privi di app anche se di Stato sponsorizzate dal ministro Roberto Speranza. È un problema per chi è completamente ignorato dai protocolli del Comitato tecnico scientifico, per esempio chi ha passato il Covid da asintomatico mai risultato positivo che ha anticorpi elevati e può fare una sola dose. Nei guai c'è pure chi ha fatto il vaccino all'estero, soprattutto tante colf e badanti dell'Est Europa che durante l'estate sono rientrate in patria e hanno ricevuto lo Sputnik russo, che è piuttosto diffuso nei Paesi confinanti ma non ha riconoscimento in Italia e perciò non dà diritto al green pass nonostante l'immunizzazione. La preoccupazione è estesa alle famiglie dove le badanti lavorano: anziani e parenti non sanno che fare.L'obbligo del green pass ha creato un limbo di sospesi. Che non sono soltanto i professori, i bidelli, i medici e gli infermieri che rifiutano la vaccinazione e perciò vanno incontro a provvedimenti disciplinari di sospensione dal lavoro. L'esercito dei «no green pass» ora comprende migliaia e migliaia di persone che vorrebbero il certificato vaccinale ma non riescono a ottenerlo. Molti non hanno ricevuto il codice di conferma Authcode necessario per la richiesta del passaporto verde. Altri hanno ricevuto sul telefonino un sms con codici destinati ad altre persone. In parecchi altri casi il codice non è neppure stato generato dai sistemi meccanizzati della sanità pubblica e l'intoppo ha avviato un'odissea dalla quale è impossibile uscire.Nelle sabbie mobili della burocrazia sanitaria sono finiti soprattutto coloro che da tempo studiano e lavorano all'estero dove hanno preso la residenza con relativa iscrizione all'Aire. In estate sono tornati in Italia per trovare i parenti e farsi inoculare. A chi risiede all'estero la tessera sanitaria viene sospesa dalle Regioni. La prestazione medica viene dunque concessa assieme a un codice temporaneo, che però non è inserito nell'anagrafe degli assessorati alla Sanità. A furia di mail spedite a ogni possibile indirizzo, qualcuno riesce a ottenere l'agognato pass. È il caso di Gioele Passoni, laurea in scienze naturali a Milano, dottorato in scienze della conservazione animale all'Imperial college di Londra e ora ricercatore all'università di Oxford. La sua trafila durata un mese e mezzo è stata raccontata da Euronews.com con un titolo drammatico: «Benvenuti nell'incubo del green pass in Italia». Il colmo è che la fidanzata di Passoni, britannica vaccinata nel Regno Unito, ha ottenuto il green pass italiano appena scesa dall'aereo.I blog dei «cervelli in fuga» raccolgono moltissimi racconti di naufragi nella burrasca della burocrazia. Il problema riguarda tutti gli italiani trasferiti all'estero che hanno un codice fiscale o un numero di previdenza sociale ma non la tessera sanitaria. Di loro la legge si è totalmente dimenticata. Ma sono nel panico anche quanti hanno ricevuto la vaccinazione «eterologa», cioè prima dose con Astrazeneca e seconda con Moderna o Pfizer dopo le polemiche sulla sicurezza del siero anglosvedese. Così come le persone che hanno ricevuto la prima puntura nella regione dove risiedono e la seconda in quella dove hanno passato le vacanze. Su Facebook c'è un gruppo chiamato Problemi rilascio green pass con 1.451 iscritti con tanti racconti drammatici e un elenco di mail del ministero alle quali rivolgersi. «A fine novembre ho un contatto con un alunno positivo a scuola, giusto qualche giorno prima di finire in dad», scrive Vale Colita. «Dopo qualche giorno mio marito accusa dei sintomi. La mia dottoressa dice che non può sottopormi a tampone perché non ho sintomi. A marzo facciamo una dose di vaccino entrambi. Dopo due mesi faccio un sierologico da cui risulta un titolo anticorpale molto alto (6 volte quello di mio marito) e diversi medici (anche all'Asl) mi dicono che tutti quegli anticorpi non possono essere dovuti solo a una dose di vaccino e che non ha senso fare la seconda dose. Ora mi ritrovo con gli anticorpi ma senza green pass, costretta a fare tamponi su tamponi per lavorare. Ho fatto mille telefonate e tutti mi danno ragione da un punto di vista medico ma dicono di avere le mani legate per il rilascio del green pass. Ma il succo è: perché chi con due dosi non ha sviluppato anticorpi ha il green pass, e io che li ho ancora e alti no?». Già, perché?
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 18 settembre con Carlo Cambi