2021-11-09
«Virtuosi» sul clima per spartirsi la torta dei finanziamenti
Greta Thunberg e Vanessa Nakate (Getty Images)
Il «ringretinimento» collettivo riguarda i Paesi occidentali ed è nutrito dagli interessi economici della riconversione energetica.Qualche ostinato miscredente continua ad avanzare il sospetto che il subitaneo esplodere dell'allarme planetario sul riscaldamento globale derivante dalle emissioni di CO2 sia solo il frutto di un «ringretinimento collettivo», originato dal clamore mediatico creatosi intorno alla ormai sacralizzata figura di Greta Thurnberg e surrettiziamente alimentato da robusti interessi economici connessi alla prospettata realizzazione di una riconversione energetica fatta apparire come necessaria a prezzo, altrimenti, di una imminente ed irrimediabile catastrofe. Per la verità un tale sospetto sembrerebbe poter trovare un certo sostegno nella lettera aperta provocatoriamente intitolata «Non c'è alcuna emergenza climatica», inviata un paio d'anni fa al Segretario generale dell'Onu e recante la firma di qualche centinaio di esperti di varie nazioni, tra i quali, per l'Italia, alcuni noti ed illustri cattedratici universitari come, ad esempio, Antonino Zichichi, professore emerito di fisica dell'Università di Bologna, fondatore e presidente del Centro di cultura scientifica Ettore Majorana di Erice; Alberto Prestininzi, professore di geologia applicata presso l'Università di Roma- La Sapienza, già direttore scientifico della rivista internazionale Italian Journal of Engineering Geology and Environment; Franco Prodi, professore di fisica dell'atmosfera presso l' Università di Ferrara; Franco Battaglia, professore di chimica fisica presso l' Università di Modena; Nicola Scafetta, professore di fisica dell'atmosfera e oceanografia presso l'Università di Napoli; Renato Angelo Ricci, professore emerito di fisica presso l'Università di Padova, già presidente della Società italiana di fisica e della Società europea di fisica.Dati «aggiustati»Ma i pur prestigiosi titoli scientifici di questi e di molti altri firmatari della lettera in questione non possono, con ogni evidenza, contrapporsi validamente all' indiscutibile autorità dell'organismo intergovernativo per lo studio del cambiamenti climatici (Ipcc) appositamente creato e finanziato dall'Onu, per il quale l'emergenza climatica dovuta all'azione dell'uomo è un dato di fatto oggettivo ed indiscutibile. Autorità, quella anzidetta, che neppure può essere scalfita (come taluni ipercritici pretenderebbero ancora di fare), sulla sola base del cosiddetto climategate, cioè dello scandalo (poi in qualche modo ridimensionato, stando all'esito delle successive indagini ufficiali), che ebbe origine dall'hackeraggio e dalla successiva diffusione in pubblico, nel novembre del 2009, di comunicazioni riservate intercorse tra alcuni componenti del suddetto organismo e dalle quali sarebbe emersa una certa tendenza ad «aggiustare» un po' al rialzo i dati sulle variazioni climatiche perché altrimenti c'era il pericolo che il relativo problema perdesse d'interesse (e magari - secondo i malpensanti dell'epoca - calassero anche i finanziamenti destinati a coloro che avevano il compito di occuparsene).Atto di fede Prestato, quindi, il doveroso atto di fede alla verità dell'emergenza climatica, quale rivelata dall'Ipcc, rimane, a questo punto, da chiedersi come mai la conclamata urgenza del problema e, quindi, dell'adozione di misure atte a ridurre drasticamente, in tempi relativamente brevi, le emissioni di CO2 nell'atmosfera, sia stata recepita, a quanto pare, fra i Paesi maggiormente responsabili di tali emissioni, soltanto da quelli dell'Unione europea, dalla Gran Bretagna e (forse ed in parte) dagli Stati Uniti d'America, mentre altri Paesi quali, in particolare, la Cina, l'India e la Russia se ne sono chiamati, sostanzialmente, fuori, adducendo come prioritarie le esigenze del proprio sviluppo economico. Il che comporta, da una parte, per i Paesi «virtuosi», l' andare incontro a consistenti danni economici, a causa dei costi della transizione ecologica e della conseguente perdita di concorrenzialità dei loro sistemi produttivi rispetto a quelli dei Paesi «refrattari» ; dall'altra parte la pressoché totale inutilità di un tale sacrificio rispetto all'obiettivo costituito da un miglioramento della salute del pianeta Terra, considerando che la popolazione globale dei «virtuosi» non raggiunge il miliardo mentre quella degli altri si aggira sui tre miliardi e mezzo e, per giunta, i «virtuosi», già oggi, grazie alla migliore tecnologia ed alle più rigide normative ambientali in essi vigenti, emettono CO2 in misura meno che proporzionale rispetto al rapporto della loro popolazione con quella dei «refrattari».Vantaggi inapprezzabili Una risposta possibile all'interrogativo di cui si è detto potrebbe essere quella che la scelta dei Paesi apparentemente «virtuosi» è favorita dai potenti gruppi economici in essi operanti, interessati a spartirsi la torta degli ingenti finanziamenti che (come già accennato all'inizio) si prevedono destinati alla programmata riconversione energetica. Rimarrebbe però ancora da chiedersi come mai la scelta in questione venga sostenuta anche da una larga parte dell'opinione pubblica occidentale apparentemente indifferente alla prospettiva che da essa derivi con ogni probabilità un forte deterioramento del livello di vita della generalità dei cittadini senza alcun apprezzabile vantaggio in termini di contenimento e riduzione, a livello planetario, delle emissioni di CO2. La risposta a tale ulteriore interrogativo può forse trovarsi non continuando a ricercare altri e più o meno occulti interessi economici ma scartabellando invece tra i ricordi letterari fino ad imbattersi nella nota poesia di Rudyard Kipling dal titolo Il Fardello dell'Uomo bianco, in cui si esaltava quella che allora appariva la missione civilizzatrice dell'Occidente nei confronti dei popoli ritenuti ancora immersi nella barbarie; missione la cui realizzazione implicava, nella visione dell'autore, la ricerca dell'altrui vantaggio anche a prezzo del proprio sacrificio. Ora una tale visione viene sbrigativamente definita come «razzista» e, in quanto tale, demonizzata. Essa, però, seguita ciononostante ad operare, con ogni evidenza, nel subconscio del mondo occidentale, facendo sì che lo stesso continui a nutrire, in fondo in fondo, l'inconfessato convincimento della propria superiorità morale e avverta quindi il dovere di dimostrarla al resto del mondo.Voglia di tafazzismo Con la sola differenza, però, rispetto al passato, che allora all'accettazione del sacrificio si accompagnava anche (ed in larga parte la superava, nel bilancio complessivo), la gratificazione derivante dall'esercizio del potere sui popoli soggetti, mentre oggi il sacrificio risulta puramente fine a sé stesso, essendo privo di qualsivoglia tangibile contropartita, come appunto si verifica nel caso dell'emergenza climatica. Può quindi concludersi che il razzismo dell'Occidente, se tale era, rimane ancor oggi presente, ma si manifesta in una forma del tutto inedita: quella, cioè, del tafazzismo (il personaggio del Tafazzi, creato dai comici Aldo, Giovanni e Giacomo, provava soddisfazione nel colpirsi violentemente il basso ventre).
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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