2019-11-21
Greggio riabilitato: ora canta «Biella ciao»
Per anni il comico è stato irriso da sinistra e intellettuali: i cinepanettoni e programmi come Striscia la notizia e Drive in erano considerati sottocultura. Ma il rifiuto della cittadinanza onoraria negata a Liliana Segre l'ha trasformato in un campione di moralità.Il partigiano Ezio. La querelle di Cuneo sarebbe certamente piaciuta a Giorgio Bocca, che nella «segreta e dura provincia» era nato e aveva sviluppato fra sangue e neve la sua spina dorsale «antifa», narrata in quel capolavoro letterario dal titolo, appunto, Il Provinciale. Il no di Greggio alla cittadinanza onoraria, quel rifiuto «al Comune che ha negato la stessa onorificenza a Liliana Segre», diventa improvvisamente un lasciapassare etico. E trasforma un piccolo reprobo postberlusconiano (così era considerato dal progressismo impegnato), nell'ennesimo eroe feriale della sinistra in cerca di volti per il suo casting della biodiversità morale.«Biella ciao» canta lui per motivi famigliari. E spiega che proprio non poteva accettare l'onorificenza dalle mani del sindaco leghista Claudio Corradino al posto della reduce da Auschwitz «perché mio padre Nereo fu internato per oltre tre anni in un campo di concentramento in Germania. Soldato in Grecia durante la Seconda guerra mondiale, dopo l'armistizio si rifiutò di tornare in Italia per combattere contro i partigiani, tra i quali c'erano i suoi parenti». Il Nereus che ha salutato alla fine di Striscia la notizia, ogni sera per 4.000 puntate, era lui. Greggio è felpato nell'argomentare e la sua motivazione è nobile: «Il mio rispetto nei confronti della senatrice Segre per tutto ciò che rappresenta, per la storia, i ricordi e il valore della memoria, mi spingono a fare un passo indietro».Avrebbe volentieri evitato il caso a senso unico scoppiato sui social, dove la sua retromarcia è stata cavalcata da chi conosce solo il rosso e il nero. La ricostruzione della vicenda è perfino elementare. L'amministrazione aveva ricevuto la scorsa settimana la mozione di due liste civiche per la cittadinanza onoraria a Liliana Segre e l'aveva rigettata con doppia motivazione: arrivava sull'onda delle strumentalizzazioni nazionali e riguardava una personalità che mai aveva avuto un rapporto con il territorio. In seguito si era deciso di attribuire l'onorificenza a Greggio, nato a Cossato (che nel 1954 faceva parte della provincia di Vercelli), ma a tutti gli effetti enfant du pays per legami famigliari e perché aveva cominciato come cabarettista a Tele Biella, la prima emittente privata locale italiana.Ezio Greggio aveva accettato la cittadinanza onoraria e aveva pianificato una serie di iniziative nel Biellese per questo fine settimana. La motivazione lo lusingava: «Per la popolarità come conduttore Tv, giornalista, attore, regista; per il costante impegno con l'associazione dedicata ai bambini nati prematuri; per aver contribuito a diffondere in Italia e nel mondo il nome di Biella». Poi su Facebook il segretario regionale del Pd, Paolo Furia, ha scatenato l'inferno mettendo in contrapposizione i due personaggi, parlando di «tempistica da brivido» e di «ridicola provocazione». Frase che lascia trasparire il solito retropensiero snob nei confronti dello storico conduttore di Striscia. Il quale, travolto dalla surreale canea, ha deciso di farsi da parte.Niente onorificenza. In cambio, quella stessa sinistra che fino a ieri lo definiva un personaggio di serie B - il totem del berlusconismo più deteriore, uno degli untori che partendo da Drive In in smoking bianco hanno corrotto il popolo ingenuo con le televisioni del Cavaliere -, ora lo addita ad esempio di rettitudine morale a prova di depravazioni salviniane. Non era un eroe quando girava Il silenzio dei prosciutti e non lo è adesso, Greggio lo sa. Perché ricorda cosa scriveva, per esempio La Repubblica, quando era solo un servitore del male su Canale 5 e Italia Uno. «Il conformismo delle risate in scatola», «un luogo dove non serve la giustizia a riparare i torti, ma la furbizia o al massimo il Gabibbo». C'era anche Greggio nella foto ricordo del Vanzina World (con Christian De Sica, Massimo Boldi, Lorella Cuccarini, le veline di turno) che i dem aborrivano per malintesa superiorità culturale mentre si addormentavano davanti ai film di Sharunas Bartas e Theo Angelopoulos. Allora non si poteva pensarla se non come il sociologo Massimiliano Panarari nel suo L'egemomia sottoculturale. L'Italia da Gramsci al gossip. Dove la sottocultura era rappresentata anche da quel Greggio, massacrato perché abitava a Montecarlo e giustamente criticato per le sue vicissitudini con l'Agenzia delle entrate. Adesso lo yuppie ha fatto il gesto giusto, quindi è redento. Jerry Calà, che l'estate scorsa ha osato dire che «se non sei di sinistra nel cinema non lavori», a differenza sua è rimasto un paria. Ancora per qualche ora Ezio Greggio sarà equiparato a Gianmaria Volonté, poi anche il suo tempo scadrà perché il riflesso condizionato del plaudente democratico ha sempre bisogno di nuovi stimoli. Un po' come le sardine. Ed è già in arrivo un'altra icona da adottare, Jesus Joachin Fernandez detto Suso, che ha risposto alle critiche di Matteo Salvini con la frase: «Pensa al Paese». È un calciatore del Milan, uno degli ultimi acquisti dell'era Berlusconi. Nelle ossessioni della sinistra, sotto sotto c'è sempre il Cavaliere.