2022-10-12
«Ho quasi perso mamma per il green pass»
L'ingresso del pronto soccorso del San Gerardo di Monza (Ansa)
Il figlio, senza carta verde, non ha potuto stare con lei in pronto soccorso a Monza. L’anziana è riuscita a fuggire ed è stata ritrovata ferita lungo una strada. È solo l’ultima delle tante storie di anziani lasciati da soli negli ospedali per colpa del passaporto vaccinale.«Questa è la conseguenza del green pass». Non ha dubbi Giovanni (nome di fantasia), un uomo di 51 anni, nell’indicare la causa prima della disavventura che ha visto protagonista il suo nucleo familiare. I fatti sono avvenuti in Lombardia, a cavallo tra venerdì e sabato della scorsa settimana. Sono le ore 23 circa del giorno 7 ottobre quando la signora Ada di 82 anni, madre di Giovanni, dà segnali preoccupanti circa la sua salute, purtroppo perfettamente in linea con le sue condizioni.«Io e mio fratello decidiamo di chiamare l’ambulanza perché vediamo mia madre con una impressionante caduta cognitiva, legata all’uso di oppiacei per i dolori che lei normalmente accusa», spiega l’uomo alla Verità, esibendo anche la documentazione e i referti ufficiali che certificano l’intera vicenda. Chiamato e arrivato il mezzo di soccorso, la signora Ada viene portata in ospedale su una sedia a rotelle. «Non si reggeva neppure in piedi», puntualizza il figlio il quale, giunto alla struttura ospedaliera, il San Gerardo di Monza, chiede di poter stare con l’anziana madre, in quel momento in evidente stato confusionale. L’uomo viene, però, fermato al triage in quanto sprovvisto del passaporto verde. Consapevole della drammaticità della situazione, egli comunque si offre di tener compagnia ad Ada, di cui ben conosce lo stato di demenza senile di cui soffre, aggravato dalla vasculopatia (il mancato afflusso sanguigno al cervello) anch’essa registrata da chi le stava prestando soccorso in quel momento. Tuttavia, dinnanzi alle rassicurazioni del personale presente e all’attesa prospettatagli, di diverse ore, decide di far ritorno alla propria abitazione.In realtà, fuori dall’accettazione del pronto soccorso monzese, c’è un ambiente preposto dov’è possibile sostare protetti, ma Giovanni decide comunque di rientrare a casa. Alle ore 2 del mattino, l’uomo riceve una prima telefonata dall’ospedale con la quale i medici di turno gli chiedono posologia e farmaci relativi assunti dalla madre che, in ragione del suo stato, non è in grado di fornire ai medici tali informazioni. Poco meno di due ore dopo, l’uomo viene nuovamente contattato al telefono dal nosocomio della città capoluogo della Brianza, ma stavolta per una comunicazione ben più drammatica: l’anziana madre non si trovava più.«La paziente si allontana dall’area medica. Si allerta il figlio visto il quadro iniziale di deterioramento cognitivo», afferma un documento ufficiale, con tanto di intestazione dell’ospedale monzese, che verrà poi rilasciato a Giovanni.«A quel punto mi precipito all’ospedale», racconta alla Verità l’uomo, comprensibilmente ancora scosso per l’accaduto. Vengono subito allertate le forze dell’ordine, per la precisione la polizia di Stato, e alle 3:50 circa, l’anziana viene intercettata e ritrovata, ancora in stato confusionale, riversa per terra. Si trova lungo una strada all’esterno del nosocomio ma, fortunatamente, non è caduta sull’asfalto bensì «nell’unica area verde della zona», come specifica non senza sollievo Giovanni. Naturalmente, a quel punto la signora Ada viene riportata in ospedale e medicata, in conseguenza di un trauma riportato «sopra l’arcata sopraciliare», come recita il referto della dottoressa di turno. Passato lo spavento, ora per Giovanni e la sua famiglia si pone il tema di offrire un’adeguata assistenza alla madre; al tempo stesso l’uomo, che ora visto l’accaduto sta valutando iniziative legali, non nasconde la sua indignazione: «Questa vicenda dimostra a quali conseguenze può portare la richiesta del green pass».«Se da una parte si intende impedire ad alcuni parenti sprovvisti di tale certificazione di far compagnia ai loro familiari con problemi cognitivi», aggiunge, «dall’altra si deve però predisporre una organizzazione adeguata affinché episodi come quelli accaduti a me e mia madre non debbano più ripetersi». La Verità ha contattato ieri il San Gerardo e ha avuto conferma dal suo ufficio stampa che il passaporto sanitario è ancora richiesto: «Nelle aree non Covid l’accompagnatore deve esibire il green pass e, nel caso, il documento di riconoscimento su richiesta; questo anche nelle sale di attesa dei dipartimenti di emergenza. Fino al 31 dicembre 2022 la certificazione verde per il Covid rimane obbligatoria». Che a Giovanni sia stato impedito di seguire la madre non è, dunque, lunare, ma conforme alla regola. Che poi, al di là di tutto, è il cuore del problema: non siamo di fronte all’estrema preoccupazione di un un singolo ospedale e neanche, ovviamente, della sanità lombarda, la cui efficienza è nota. Il punto sono le storture - specie a danno di anziani o pazienti con problemi cognitivi - derivanti dal green pass e che investono un po’ tutta la penisola, mandando la sanità in tilt e rendendola protagonista di episodi gravi. Sempre per restare in zona, Giuseppe Bellinzona, 87 anni, è stato costretto mesi fa a una riabilitazione senza protesi acustica, smarrita all’ospedale di Vimercate: i parenti si sono accorti solamente settimane dopo il ricovero che l’uomo non sentiva, attraverso le videochiamate. A febbraio su Varesenews.it è comparsa la lettera di una donna la cui madre, malata di Alzheimer e Parkinson, non era visitabile perfino da chi fosse in regola con il green pass.Questa estate aveva fatto parlare di sé don Germano Anastasio, una cui zia, paziente di una struttura di Cosenza, era stata «dimessa e trasferita in altro ospedale» senza che nessun familiare venisse avvisato del trasferimento. La settimana scorsa il Gazzettino, parlando della situazione del Friuli, ha pubblicato un servizio eloquente fin dal titolo: Il Covid ormai è «normale», ma non in ospedale: è di nuovo impossibile visitare i malati. Che dire, qui il problema non è affatto un singolo ospedale. L’odissea toccata a Giovanni potrebbe, purtroppo, capitare a molte altre famiglie.