2022-09-29
Grazie alla Corte Ue gli ex soci di Carige mettono a nudo la Bce e la Lagarde
Malacalza ottiene l’accesso agli atti del commissariamento, fieno per altre cause. Francoforte dovrà essere più trasparente.Punto importante per gli ex soci e per la famiglia Malacalza nella battaglia legale contro il commissariamento di Banca Carige, di cui prima dell’intervento della Banca centrale europea aveva la maggioranza con il 27,7% del capitale. Ieri, la Corte Ue ha infatti confermato che la Bce non poteva negarle l’accesso ai documenti dell’amministrazione straordinaria del 1° gennaio 2019, e ha condannato l’istituto guidato da Christine Lagarde al pagamento delle spese. L’atto che Francoforte nega agli avvocati dei Malacalza è in realtà già emerso in altri filoni giudiziari della partita, ma la sentenza ha comunque un peso considerando che la famiglia ha chiesto danni per 875 milioni di euro alla stessa Banca centrale, oltre ai 480 milioni di danni chiesti in un’altra causa a Carige, Ccb e al Fitd. Nel dettaglio la Corte del Lussemburgo ha respinto l’opposizione alla sentenza del 25 giugno 2020 con cui già aveva annullato la decisione della Vigilanza di negare l’accesso alla decisione nel giugno 2019 e ha confermato l’annullamento della decisione. La Bce aveva negato l’accesso al documento, richiamandosi a un generale principio di riservatezza su tutte le attività di vigilanza e affermando che «la Bce ha l’obbligo di rendere conto del proprio operato principalmente al Parlamento europeo [...] e di riferire regolarmente anche al Consiglio dell’Unione». Con la sentenza di ieri la quarta sezione del tribunale Ue ha in particolare ritenuto fondati due argomenti del ricorso dei Malacalza (assistiti dagli avvocati Emilio de Giorgi e Paolo Ghiglione dello studio Allen & Overy): ovvero proprio l’erronea applicazione della presunzione generale di riservatezza e la violazione dell’obbligo di motivazione relativo al rischio di pregiudizio per gli interessi in gioco. «La decisione di collocamento in amministrazione straordinaria non è stata pubblicata e le motivazioni ad essa sottese non erano note alla ricorrente», si legge negli atti. Dove si ricorda anche che Francoforte si era rifiutata di esibire ai Malacalza i seguenti documenti richiesti: «La decisione di collocamento in amministrazione straordinaria; le comunicazioni scritte tra la Bce e il consiglio di amministrazione di Banca Carige o uno o più dei suoi membri intercorse tra il 30 novembre 2018 e il 2 gennaio 2019; i verbali delle riunioni tra la Bce e il cda di Carige o uno o più dei suoi membri intercorse in detto periodo».C’è poi una valenza quasi politica nella decisione della Corte. La sanzione alla Bce mette a nudo una pratica che nei fatti viola il diritto alla proprietà. Un’azionista deve poter accedere a tutte le informazioni e la Banca centrale su ciò deve rispettare la medesima trasparenza che chiede al mercato. Altrimenti, nessuno saprà esattamente quali siano stati i motivi del commissariamento, i poteri dei commissari e gli obiettivi. In fondo, la vicenda Tercas che tanti danni ha causato al Paese deve insegnarci qualcosa. E se la Bce si ostina a non essere trasparente, ben venga un giudice. Certo adesso sarà interessante vedere gli atti, una volta che saranno pubblicati. In ciò la famiglia Malacalza avrà un doppio interesse. La battaglia legale di Vittorio e dei figli Davide e Mattia non si combatte infatti solo sul fronte europeo. Lo scorso 17 settembre il Tribunale di Genova ha respinto il ricorso cautelare presentato da Malacalza investimenti, con il quale la holding della famiglia piacentina aveva chiesto di inibire a Bper l’esercizio del diritto di acquistare le residue azioni di Carige non ancora in possesso dell’istituto emiliano. Il diritto di Bper di procedere allo squeeze out delle minoranze di Carige, ricorda la nota, era maturato dopo che l’istituto guidato da Piero Luigi Montani aveva conseguito il 95% della banca genovese, per effetto dell’Opa e della successiva procedura di sell out. La decisione aveva rimosso le ultime incertezze sulla possibilità di Bper di salire al 100% di Carige che il 20 settembre, dopo essere stata la prima cassa di risparmio italiana a debuttare a Piazza Affari nel 1995, ha detto addio alla Borsa. Il giorno prima, il 19 settembre, Malacalza investimenti ha presentato comunque reclamo contro la decisione del Tribunale di Genova. Il reclamo, che dovrebbe essere discusso a metà ottobre, si basa sul mancato raggiungimento della soglia del 95% prevista dal Testo unico della finanza per procedere con il sell out, e sulle false informazioni che gli azionisti di minoranza avrebbero ricevuto da Bper per vendere le loro azioni: informazioni non corrette e false, secondo i legali di Malacalza, perché sarebbe stato comunicato che gli azionisti che non avessero ceduto le proprie azioni a Bper nell’ambito della procedura sarebbero divenuti titolari di «azioni non quotate». A fine luglio, inoltre, Malacalza investimenti aveva vinto un primo round perché il Tribunale di Genova aveva disposto la sospensione dell’esecuzione delle delibere dell’assemblea di Carige che lo scorso 15 giugno ha nominato il cda e rinunciato con una transazione alle azioni di responsabilità nei confronti dell’ex presidente, Cesare Castelbarco Albani, e dell’ex ad Montani, ora al timone di Bper, acquirente dell’istituto ligure. Il decreto «è stato adottato inaudita altera parte - ai sensi del codice civile, che consente la sospensione in caso “di eccezionale e motivata urgenza”», comunicava l’istituto in una nota. Il giudice aveva quindi preso sul serio le obiezioni della holding Malacalza investimenti, ex azionista dell’istituto, che aveva sostenuto le azioni di responsabilità e impugnato le delibere. Il 16 agosto, però, il Tribunale aveva poi revocato la sospensione, ma il procedimento verrà discusso nel merito il 22 novembre.
Elly Schlein (Imagoeconomica)
Edoardo Raspelli (Getty Images)