2020-05-05
Grazie agli scienziati di Emiliano l’Asl stoppa i test sierologici all’Ilva
Arcelor Mittal avvia in tutta Italia il check up dei dipendenti, ma a Taranto viene fermata. Intervengono i sindacati a chiedere il ripristino. Mentre l'azienda sanitaria sostiene le tesi della task force di Pier Luigi Lopalco. La scorsa settimana una fetta degli operai dell'ex Ilva è stata sottoposta a test sierologici per cercare di tenere il virus all'esterno degli stabilimenti ora gestiti da Arcelor Mittal. Oltre ai test sono state messe in cantiere altre verifiche sanitarie, non dissimili dalla prassi avviata da tante altre imprese. Un caso su tutti, l'azienda dei trasporti milanese. L'Atm ha infatti invitato su base volontaria i propri dipendenti a sottoporsi al test per avviare in caso di positività un percorso di profilassi condiviso con le strutture sanitarie, a partire dalla somministrazione del tampone. L'Asl milanese non ha avuto nulla eccepire, quella di Taranto invece sì. Così nel week end, dopo aver ricevuto la segnalazione di una manciata di casi di operai positivi al Covid-19, l'azienda sanitaria pugliese ha imposto ad Arcelor Mittal lo stop immediato dei controlli ritenendo così di preservare la salute dei dipendenti. A insorgere sono stati i sindacati. «Nei giorni scorsi era arrivata una prima lettera con la quale si sconsigliava l'utilizzo dei test sierologici perché, contrariamente ai tamponi, non consentirebbero di fare diagnosi di malattia. Una decisione incomprensibile», ha dichiarato Rocco Palombella, segretario generale Uilm, che va in contrasto con quanto disposto e comunicato positivamente dalla Asl di Genova per i lavoratori ex Ilva. Ci troviamo di fronte a una situazione assurda e a subire le conseguenze saranno i lavoratori, privati di un esame importante in questa situazione drammatica. Ogni giorno 3.000 lavoratori entrano nello stabilimento e, alla luce della proroga della Cig, i test diventano maggiormente importanti per tutelare la loro salute e sicurezza», ha concluso il sindacalista coinvolgendo pure le altre sigle. Il fronte comune e compatto ha portato a una riunione di urgenza ieri pomeriggio, durante la quale i rappresentanti dell'Asl sembrano aver fatto un parziale passo indietro sostenendo di essere stata fraintesa. All'uscita dall'incontro virtuale il segretario Uilm di Taranto, Antonio Talò, «l'Asl di Taranto ci ha assicurato di non aver mai avuto l'idea o l'intenzione di bloccare i test sierologici ai lavoratori del siderurgico. Il tutto, ci è stato spiegato, è sorto probabilmente da un equivoco nel senso che Asl Taranto non ha mai detto no ai test sierologici. Ha solo chiesto ad Arcelor Mittal che si stabilisse un percorso condiviso, dall'attuazione alla gestione dei test sierologici». é infatti seguito un incontro tra Asl e rappresentanti dell'azienda. Probabilmente verrà individuato un percorso congiunto, però non si può non notare la schizofrenia degli enti pubblici. A Milano a Genova, a Spezia sono consentiti i test. A Taranto no. Allo stesso modo non si può non notare che dietro a ogni scelta spunta sempre una task force con il relativo esercizio del potere. Michele Emiliano governatore della Puglia se ne è fatta una tutta sua. Dove spunta il nome di Pier luigi Lopalco nominato responsabile del coordinamento regionale per le emergenze epidemiologiche e quello di Marco Ranieri chiamato da Emiliano a Bari per rafforzare la capacità ricettiva delle terapie intensive. Lopalco si è più volte detto contrario all'uso dei test sierologici ai fini preventivi. E guarda caso l'Asl si è allineata andando a infilarsi in una partita che non smette di essere iperpoliticizzata. Al di là del merito, i rapporti tra la Regione, il Comune e Arcelor Mittal da quando il Tar ha bocciato la richiesta del sindaco tarantino e garantito le attività nello stabilimento si sono congelati. Pd e 5 stelle locali sono decisi a portare avanti la propria battaglia contro il governo centrale e la nuova proprietà. Garantire la linea aggressiva significa garantirsi i voti alle prossime tornate elettorali. Ed è chiaro che ogni argomento e divergenza può tornare utile alla posizione dei «duri e puri». I quali sanno bene che più la produzione cala - oggi siamo a 7.500 chilogrammi di ghisa al giorno - più Arcelor penserà di sfruttare il prossimo novembre la wayout. Cioè, la possibilità di pagare 500 milioni e uscire dalla società partecipata con lo Stato. I fan di Emiliano potranno così, pur avendo contribuito al danno, vantarsi di averlo previsto. Lo smacco andrebbe due volte in capo a Giuseppe Conte. Non solo perché ha promesso infinite volte di inchiodare i franco indiani in Puglia, ma anche perché la nazionalizzazione non si può fare senza un partner industriale. E anche se Arvedi decidesse di tornare in partita rischierebbe di incamerare asset iper svalutati. Una acciaieria non può stare ferma, perché si deprezza. Immaginare che bussi alla porta un altro investitore estero è invece impossibile, tanto quanto riuscire a spiegare la logica delle Task force e l'extraterritorialità delle Asl.