2019-08-01
Gozi al servizio dei francesi mette d’accordo M5s e Fdi: «Toglietegli la cittadinanza»
Il dem, indagato a San Marino, lavorerà per il primo ministro Eduarde Philippe. Giorgia Meloni fa appello al governo, Luigi Di Maio: «Valutiamo». Botta di lucidità di Carlo Calenda: «Non esiste».Matteo Orfini prova a dividere il governo: «Una volta Luigi Di Maio gridava in piazza "onestà"». La replica ironica del leader leghista: «Vogliono prendersi quello che non c'è».Lo speciale contiene due articoli.Francia o Spagna, purché se magna: l'incarico di consulente del governo francese per gli Affari Europei, assegnato a Sandro Gozi, esponente del Partito democratico, prima prodiano doc, poi renziano di ferro, ex sottosegretario con delega proprio agli Affari Europei nei governi presieduti da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, travalica i confini dell'opportunità politica e diventa un caso spinosissimo. Gozi, che si è candidato alle ultime europee in Francia, nelle liste del partito En Marche del presidente Emmanuel Macron, non è stato eletto (nonostante vada dicendo il contrario), ma potrebbe entrare a far parte del Parlamento europeo il prossimo 31 ottobre, quando gli eurodeputati del Regno Unito, in caso di Brexit, dovranno lasciare l'assemblea. E sarebbe davvero comico vedere uno dei principali nemici dell'uscita di Londra dall'Ue costretto a ringraziare Nigel Farage e soci per avergli tenuto in caldo una poltrona. Fino ad allora, Gozi sarebbe consulente per gli Affari europei dell'esecutivo francese guidato dal primo ministro Eduarde Philippe. Già due giorni fa, non appena i quotidiani transalpini hanno diffuso la notizia, il leader della Lega, Matteo Salvini, è esploso su Facebook: «Gozi, già sottosegretario agli affari europei con Renzi e Gentiloni», ha scritto il leader della Lega, «con la benedizione di Macron viene ora nominato, stesso ruolo, nel governo francese! Immaginate di chi facesse gli interessi questo personaggio quando era nel governo italiano… Pazzesco, questo è il Pd!».Dalla critica politica però ieri si è passati a un livello più alto: Fratelli d'Italia ha chiesto al premier Giuseppe Conte di revocare la cittadinanza italiana a Gozi se non rinuncerà all'incarico; Luigi Di Maio e il M5s si sono accodati e perfino Carlo Calenda, del Pd, si è schierato contro il suo «compagno» di partito, che tra l'altro è anche indagato dal tribunale unico della Repubblica di San Marino per una presunta consulenza «fantasma» con la Banca Centrale.«Egregio presidente del Consiglio», hanno scritto a Conte la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, e i deputati Andrea Delmastro delle Vedove, Francesco Lollobrigida e Giovanni Donzelli, in una lettera, «le chiediamo di avvisare Sandro Gozi che non sarà tollerata la sua scelta, rispetto alla quale non esiterà alla intimazione di legge e alla consequenziale procedura di revoca della cittadinanza. Le norme sulla cittadinanza italiana precisano che motivo di perdita della nostra cittadinanza possa essere il conseguimento di cariche pubbliche da parte di uno stato estero. Ci appelliamo a lei, presidente Conte», hanno aggiunto i deputati di Fdi, «per impedire a chi abbia avuto la possibilità di accedere a dossier rilevanti per l'interesse nazionale di cambiare casacca impunemente e militare per altre nazioni. È proprio per fare chiarezza su questa vicenda dai contorni inquietanti che abbiamo chiesto di sapere quali dossier abbia trattato Sandro Gozi in Europa ed in particolar modo quali, fra questi, avessero come controparte o cointeressato il governo francese».«Non ho nulla contro la Francia», ha sottolineato il vicepremier e capo politico del M5s, Luigi Di Maio, «ma bisogna valutare se togliere la cittadinanza a Sandro Gozi. Se tu lavori per il governo italiano, rappresenti e servi lo stato italiano e poi a un certo punto lo tradisci e ti vai ad arruolare nelle fila di un altro governo come responsabile della politica europea del governo Macron, allora bisogna valutare se togliere la cittadinanza », ha aggiunto Di Maio, «perché siamo di fronte a una cosa inquietante, dove un sottosegretario italiano, anche se era del Pd, adesso diventa esponente di un altro governo con cui abbiamo molte cose in comune ma anche interessi confliggenti». Circa 20 deputati del M5s hanno presentato una interrogazione parlamentare, a prima firma Pino Cabras, capogruppo in commissione Esteri, per chiedere «cosa intende fare il governo qualora l'incarico fosse accettato dall'ex sottosegretario Gozi» e se «il governo non intenda intraprendere iniziative, anche applicando quanto disposto dalla legge sulla perdita della cittadinanza».In soccorso di Gozi si sono fiondati gli esponenti più renziani del Pd, come i parlamentari Luciano Nobili, Anna Ascani, Roberto Giachetti, Lia Quartapelle; il segretario di Più Europa, Benedetto Della Vedova; l'ex primo ministro belga Guy Verhofstadt. Dal Pd, però, si è anche alzata la voce critica dell'europarlamentare Carlo Calenda: «Non si entra», ha scritto Calenda su Twitter, «in un governo straniero. Non si tratta di un gruppo di lavoro, ma di ricoprire per due mesi nel governo francese la carica che ha ricoperto nel nostro governo, conoscendo posizioni e interessi anche riservati non sempre coincidenti. Semplicemente non esiste. Conosce o dovrebbe conoscere ogni singola posizione (con relativa strategia di supporto) dell'Italia su dossier che vanno in Ue. Posizioni che non sono sempre coincidenti», ha aggiunto Calenda, «con quelle francesi. Gozi ha sbagliato e la nostra incapacità di riconoscerlo è indice di grave mancanza di buon senso».Da parte sua il diretto interessato, minimizza. «Io sono consigliere per gli affari europei del primo ministro», ha detto Gozi a Radio Cusano Campus, «non è che sono ministro. Macron lo conosco da tantissimi anni, da prima che entrasse in politica, l'ho sempre stimato, è una persona di grande competenza. Mi aspettavo delle critiche, ma sono rimasto sorpreso da tutto questo scalpore». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gozi-al-servizio-dei-francesi-mette-daccordo-m5s-e-fdi-toglietegli-la-cittadinanza-2639580184.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-conte-che-deve-agire-e-ha-una-legge-dalla-sua-parte" data-post-id="2639580184" data-published-at="1757381034" data-use-pagination="False"> È Conte che deve agire. E ha una legge dalla sua parte Tu vuo fa' o' frances'. Ma i soldi per le baguette, chi te li dà? E, soprattutto, la cittadinanza italiana puoi tenerla oppure no? Giorgia Meloni ha indirizzato una lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per chiedere che sia revocata a Sandro Gozi, l'ex sottosegretario dem agli Affari europei, che presto diventerà consulente del governo francese per la stessa materia. Non che la passione di Gozi per i macarons e la Tour Eiffel fosse ignota. Alle europee si era candidato in Francia, nelle liste di Emmanuel Macron. Entrare nel gabinetto di Édouard Philippe, però, è un po' troppo persino per uno del Pd, partito sempre più distante dal popolo italiano e sempre più radicato tra le élite transnazionali. Anche il vice di Conte, Luigi Di Maio, ieri mattina si era espresso duramente: «Siamo di fronte a una cosa inquietante, bisogna valutare se togliere la cittadinanza a Gozi». Ma davvero l'Italia può ripudiare questo figlio della Romagna, nato sulle sponde del Rubicone? La risposta non è semplicissima. Si deve sicuramente escludere una revoca automatica della cittadinanza, che è possibile solo se un funzionario italiano accetta un incarico pubblico o si arruola nell'esercito di uno Stato con cui il nostro Paese è in guerra. Ora, che la Francia voglia farci le scarpe è noto. Ma, formalmente, Roma e Parigi sono in pace. L'articolo 12 della legge 91/1992, però, prevede una fattispecie interessante. Stabilisce, infatti, che si possa revocare la cittadinanza a un italiano il quale, avendo accettato una carica pubblica da uno Stato estero, «non ottempera, nel termine fissato, all'intimazione che il governo italiano può rivolgergli di abbandonare» quella carica stessa. Ed è per questo che la Meloni si è rivolta al premier: se Conte ordinasse a Gozi di rinunciare all'incarico e se Gozi non obbedisse, veramente potrebbero esserci gli estremi per revocare la cittadinanza all'esponente piddino. A quel punto, Gozi diventerebbe l'unico migrante accolto da Macron. Ma diverrebbe anche un apolide. E questo potrebbe creare qualche intoppo. L'Italia, infatti, aderisce alla Convenzione sulla riduzione dell'apolidia del 1961. Gli articoli 7 e 8 del testo stabiliscono che uno Stato non può privare un individuo della cittadinanza se ciò ne comporta la riduzione ad apolide. In parole povere, se finisce con il trasformarlo in un uomo che non è cittadino di nessuna nazione. E, a meno che Macron non sia seriamente intenzionato a derogare alla sua severa linea sull'immigrazione, concedendo a Sandrò l'onore di diventare un galletto, quello individuato dalla Convenzione sarebbe proprio il caso di Gozi. Il quale, per di più, potrebbe appellarsi pure alla Costituzione italiana, sulla quale aveva giurato quando era diventato sottosegretario del governo Renzi - avrebbe anche dovuto esercitare la sua funzione «nell'interesse esclusivo della nazione», cosa sulla quale, a questo punto, si potrebbe nutrire più di un dubbio. Ma tant'è... Ebbene, l'articolo 22 della Carta fondamentale della Repubblica sancisce che nessuno può essere privato della cittadinanza «per motivi politici». Dunque, Gozi potrebbe addirittura lamentare una sorta di persecuzione politica da parte dei barbari sovranisti al governo in Italia. E, su tale base, presentare ricorso in tribunale e di lì rivolgersi alla Corte costituzionale. Mentre i tecnici di Palazzo Chigi spulciano i Codici per dirimere l'annosa questione, noialtri, che non siamo giuristi, almeno possiamo sperare una cosa: che Gozi, a differenza dei migranti a Ventimiglia, monsieur le président non ce lo rimandi più indietro.
Ecco #DimmiLaVerità dell'8 settembre 2025. Il generale Giuseppe Santomartino ci parla dell'attentato avvenuto a Gerusalemme: «Che cosa sta succedendo in Medio Oriente? Il ruolo di Hamas e la questione Cisgiordania».