2024-11-12
Il governo e Landini fanno a sportellate sui «sacrifici» imposti alle banche
Giorgia Meloni e il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra (Ansa)
Il premier: la Cgil non ha invocato rivolte contro chi ha aiutato gli istituti. La Uil sta con il sindacato rosso: sciopero confermato.Scontro e sciopero confermato. Del resto, che l’incontro di ieri durato oltre cinque ore tra sindacati e governo non sarebbe servito ad avvicinare le posizioni e a scongiurare la protesta era chiaro dalla vigilia. Cgil e Uil avevano già proclamato lo sciopero generale contro la manovra per il 29 novembre prima ancora di confrontarsi con Giorgia Meloni e con il capo del Mef, Giancarlo Giorgetti. Non solo. Ieri, all’inizio del confronto con premier e sei ministri a Palazzo Chigi, il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ha regato alla premier una calcolatrice e quello della Cgil, Maurizio Landini, il libro di Camus «L’uomo in rivolta». Insomma, il confronto partiva con in dono due provocazioni (accompagnate da richieste irricevibili come il ritiro del decreto sicurezza). Meloni avrebbe chiesto, a quel punto, al segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, che si è dissociato dallo sciopero del 29: «E lei non mi hai portato niente?». Sbarra ha risposto: «Noi non abbiamo portato gadget. Ci limiteremo a darle le nostre proposte per migliorare la politica di sviluppo di questo Paese». Al termine dell’incontro Sbarra ha ribadito: «Questa manovra contiene tante misure positive molte delle quali recepiscono le mostre richieste e rivendicazioni, non è una manovra da sciopero generale», aggiungendo che «di fronte alle nostre richieste di correzioni, i ministri e Meloni hanno dichiarato la loro disponibilità ad attivare dei momenti di confronto tematico nei singoli ministeri». La Uil di Bombardieri, invece, ha confermato di non volersi smarcare da Landini, nemmeno dal suo appello a «una nuova rivolta sociale». Un dribbling rischioso è a quel punto arrivato dalla presidente del Consiglio. Durante il faccia a faccia coi sindacati, parlando delle coperture con cui sono finanziate le misure, ha detto: «Il ministro Giorgetti sarà più puntuale di me, ma io ci tengo a dire che la solidità, la credibilità e il coraggio di questo governo hanno consentito di poter far partecipare banche e assicurazioni alla copertura della legge di bilancio. È un grande cambiamento rispetto al passato, quando invece con la legge di bilancio si trovavano le risorse per sostenere banche e assicurazioni, e nessuno invocava la rivolta sociale». La frecciata è a Landini. Ma così la premier si infila in una strada scivolosa. Avrebbe potuto segnare un goal a porta vuota su Stellantis o sulla classe operaia che non si sente più rappresentata dal sindacato (né dalla sinistra) ma invece ha ritirato fuori la storia delle banche. Che ha visto segnare due goal proprio dal sistema bancario nella porta del governo. Il primo, con il flop della tassa sugli extraprofitti a fine 2023, il secondo con i «sacrifici» richiesti dal Mef che in manovra si sono tradotti per le banche in un mero anticipo di cassa, in un prestito a tasso zero così, il massimo sforzo concesso dall’Abi nel corso delle trattative. Inoltre, quando si decide di chiedere un contributo agli istituti di credito e alle assicurazioni, i costi sono destinati a ricadere su correntisti e assicurati, quindi su privati e aziende. Con una manovra, quasi da destra sociale, che penalizza soprattutto la classe media favorendo – Giorgetti dixit – «operai e pescatori». Difficile che qualche «avanzo» venga distribuito al ceto medio: «in materia di imposte viene reso strutturale il passaggio da quattro a tre aliquote Irpef, con l’accorpamento dei primi due scaglioni di reddito. È chiaramente intenzione del governo intervenire anche sullo scaglione di reddito successivo, ma questo dipenderà ovviamente dalle risorse che avremo a disposizione e che arriveranno anche alla chiusura del concordato preventivo», ha spiegato Meloni. Insomma, tutto è appeso a quel «dipende» e all’entità delle adesioni che si conosceranno il 12 dicembre.Al tavolo di ieri, intanto, la premier ha difeso la legge di bilancio: «Abbiamo concentrato le risorse su alcune priorità fondamentali tenendo i conti in ordine e concentrandoci su una prospettiva di crescita pur nel contesto internazionale tutt'altro che facile». «Un cambio di passo», ha detto ai sindacati, «rispetto all’approccio che troppe volte abbiamo visto in passato, quando si è preferito adottare misure più utili a raccogliere consenso nell'immediato che a gettare le basi per una crescita duratura, scaricando il costo di quelle misure su chi sarebbe venuto dopo. Come noi, che raccogliamo la grave eredità di debiti che gravano come un macigno sui conti pubblici», ha detto ai sindacati. Ma da Landini e Bombardieri è arrivato l’ennesimo niet. «Confermiamo il nostro giudizio di una pessima legge di Bilancio che non dà un futuro al nostro Paese», ha detto il leader della Cgil al termine della lunga riunione. Gli ha fatto eco, all’uscita da Palazzo Chigi, il segretario generale della Uil: «Non ci sottraiamo mai al confronto, ma mi pare che oggi si siano specchiate due visioni diverse di una manovra e non mi sembra che ci sia da parte del governo la disponibilità a cambiare le scelte».
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