2018-04-05
Arriva la concorrenza tra le sigarette che non bruciano
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Il mercato del fumo elettronico e senza combustione è in netta crescita: nel giro di cinque anni triplicherà il suo valore. Così, dopo Philip Morris che ha lanciato Iqos, British American tobacco entra nel mercato dei riscaldatori con Glo. E annuncia 200 milioni di investimenti in Italia nel 2018. Secondo un rapporto pubblicato a gennaio da P&S market research, il mercato globale delle sigarette elettroniche raggiungerà un valore di 48 miliardi di dollari entro il 2023. Ossia crescerà di oltre tre volte, considerato il fatto che nel 2017 il settore era stimato sui 15 miliardi. E a trainare il settore però non saranno i vaporizzatori ma i cosiddetti riscaldatori, cioè i prodotti a rischio ridotto che utilizzano tabacco. Saranno infatti questi ultimi a diffondersi maggiormente, mentre le sigarette elettroniche si attesteranno sui risultati ormai consolidati. L'Asia-Pacifico è la regione che offre le più ampie opportunità di crescita per i rivenditori. La Cina, d'altronde, è stata il precursore nel settore delle sigarette elettroniche, con una quota stimata del 40,3 per cento sul globale nel 2017. Dopo gli Stati Uniti e il Regno Unito, la Cina è il terzo più grande mercato di sigarette elettroniche nel mondo.A confermare il trend sono le multinazionali del settore che ormai da tempo hanno puntato su questo prodotto. Philip Morris promette «un mondo senza fumo» con la sua Iqos, la sigaretta che non brucia e limita l'esposizione alle sostanze nocive. British American tobacco, invece, completata l'acquisizione di Reynolds American inc. per potenziare il proprio portafoglio di alternative al tabacco combusto, ha presentato Glo, nuovo prodotto a tabacco riscaldato di ultima generazione rivolto ai fumatori italiani. La multinazionale mira a consolidare, con l'apertura a Torino di un Glo store da 120 metri quadrati, la sua presenza sul mercato italiano, dove nel 2018 investirà 200 milioni di euro proseguendo nell'attuazione del suo piano quinquennale da 1 miliardo lanciato nel 2015. Dopo il successo riscosso in Giappone, dove è stato lanciato nel 2016 e in soli 5 mesi ha raggiunto il 4,3% del mercato, Glo arriva anche in Italia. E British American tobacco prevede di estendere entro quest'anno la presenza ad altri 20 Paesi, oltre a Canada, Corea del Sud, Romania, Russia e Svizzera. Secondo le stime della multinazionale oggi a livello mondiale il settore degli Ngp, cioè i prodotti di nuova generazione che includono sia il vaping che le nuove sigarette a tabacco riscaldato come Glo, vale 14 miliardi di sterline. Di questi 9 per il vaping e 5 per il tabacco riscaldato. Secondo le stime di British American tobacco entro il 2020 il settore toccherà i 30 miliardi di sterline, con una crescita suddivisa equamente tra le due tipologie di fumo alternativo.Ma vediamo che cos'è Glo. Si tratta di un dispositivo che riscalda - senza bruciare - a circa 240 gradi centigradi degli stick di tabacco fabbricati appositamente e, grazie all'assenza della combustione propria delle sigarette tradizionali, è un prodotto a potenziale rischio ridotto rispetto al fumo, ha illustrato British Americano tobacco nella conferenza stampa di presentazione. «Quando abbiamo sviluppato Glo», ha spiegato James Murphy, capo della divisione che si occupa della ricerca contro i rischi del fumo, «il nostro obiettivo era offrire ai fumatori un'esperienza simile al fumo ma con rischi potenzialmente molto inferiori rispetto a quelli associati alle sigarette. Le ricerche scientifiche di cui disponiamo ad oggi ci confermano che la tecnologia sviluppata per Glo, che scalda ma non brucia il tabacco, potrebbe ridurre significativamente i rischi per la salute rispetto al fumo. Anche se siamo consapevoli della necessità di studi a lungo termine, una cosa è certa: Glo produce dal 90% al 95% in meno di sostanze tossiche rispetto alle sigarette».
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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