2019-06-16
Gli Usa aspettano Salvini, sul tavolo tre dossier: Russia, Cina e Venezuela
Il vicepremier incontrerà a Washington Mike Pence, Mike Pompeo e il guru anti tasse Grover Norquist.Mike Pence, Mike Pompeo, Grover Norquist. Domani Matteo Salvini incontrerà a Washington tre pesi massimi: il vicepresidente Usa, il segretario di Stato, e il più influente campione anti tasse. Oltre - doverosamente - a omaggiare al cimitero di Arlington i soldati americani caduti per la libertà. L'incontro con il vicepresidente Pence testimonia l'attenzione che l'amministrazione Trump riserva a Salvini, trattato come il player decisivo della politica italiana. Pur non essendo presidente del Consiglio, a Salvini verranno fatte domande da premier: se il governo durerà, se i grillini possono essere ritenuti più «transennati» in politica estera dopo il loro ridimensionamento elettorale, se il programma degli F 35 sarà confermato dall'Italia. Washington ha tutto l'interesse a puntare sull'Italia (e ad aprire un ombrello protettivo anche rispetto ai mercati) come uno degli interlocutori utili ad evitare un'Ue a trazione tedesca. Ma non vuole sorprese: cerca affidabilità sul terreno dell'appartenenza atlantica e occidentale. E - inutile girarci intorno - l'incontro più difficile sarà con Mike Pompeo, colloquio a cui Salvini dovrà arrivare con risposte molto chiare su almeno tre dossier, in ordine crescente di delicatezza. Primo: Venezuela, perché le simpatie grilline per la dittatura di Caracas non sono affatto piaciute agli Usa. Secondo: la Russia, a maggior ragione considerando che Vladimir Putin è atteso a Roma a inizio luglio, per non dire della nomea filorussa che il leader leghista si porta dietro. Realisticamente, all'Italia non verrà chiesto di rompere i rapporti con Mosca: sarebbe irragionevole. Ma - questo sì - di chiarire che il campo in cui Roma gioca è quello atlantico, la Nato: poi, da questa metà campo, e sempre concordando le mosse, Roma può svolgere una funzione utile di dialogo con chi sta in una diversa sfera geopolitica. Terzo: il tema più rovente, su cui non si può assolutamente scherzare, cioè la Cina. Washington è dispiaciuta e allarmata per l'intesa Pechino-Roma, per il frenetico attivismo filocinese del sottosegretario (considerato in quota leghista) Michele Geraci, e servirebbe a poco (anzi, irriterebbe gli Usa) fingere di derubricare la cosa a mera intesa commerciale. La valenza geopolitica della recente missione romana di Xi Jinping non consente infingimenti. Gli Usa hanno pesantemente avvisato l'Italia: lo hanno fatto l'ambasciatore Lewis M. Eisenberg, il portavoce del National Security Council Garrett Marquis, e soprattutto Mike Pompeo in persona: «È deludente ogni volta che un Paese inizia a impegnarsi in comportamenti commerciali e interazioni con la Cina che non sono chiare». Gli Usa, e appare difficile dar loro torto, sono preoccupatissimi da intromissioni cinesi nelle telecomunicazioni e in particolare nel 5G. E sono giunti fino all'avviso - ribadito da tutti questi interlocutori - che l'Italia potrebbe esser tagliata fuori dal circuito delle informazioni sensibili: che altro deve succedere, quale altra spia rossa deve accendersi sul cruscotto?L'ultimo incontro di Salvini sarà forse il più stimolante anche dal punto di vista culturale. Grover Norquist, guru di Americans for Tax Reform, è una leggenda vivente anti tasse. È l'inventore del «pledge»: un impegno, ormai sottoscritto da valanghe di parlamentari Usa, a non votare mai, per nessuna ragione, a favore di un aumento di tasse. Ed è un sincero difensore della libertà individuale contro l'invadenza dello Stato, fino a teorizzare due «coalizioni» politico-sociali: la «leave us alone coalition» (l'alleanza di chi vuole essere lasciato in pace dallo stato: meno tasse, meno sprechi, meno pubblico), contrapposta alla «takings coalition», la coalizione dei prenditori-espropriatori, di chi vuole più tasse, più stato, più sindacato. O di qua o di là. Non si può non scegliere. Da segnalare infine che il Washington Post, nemico giurato del presidente Usa, descrive Salvini come «la cosa più simile a Trump che ha l'Europa». Ma il leader leghista, sbarcando a Washington, può usare quel commento come un buon biglietto da visita.
«Roast in peace» (Amazon Prime Video)
Dal 9 ottobre Michela Giraud porta in scena un esperimento di satira collettiva: un gioco di parole, sarcasmo e leggerezza che rinnova la tradizione del roast con uno stile tutto italiano.