«Gli uomini di babbo Renzi truffavano l’Inps»

I magistrati di Cuneo hanno smascherato una rete di pseudocooperative impegnate nella distribuzione di volantini che sarebbe stata messa in piedi per sottopagare i lavoratori e offrire manodopera sottocosto alle ditte al vertice di questo sofisticato esempio di ingegneria societaria. Ma la procura piemontese, che ha iniziato le indagini partendo dal fallimento della Direkta srl di Cuneo, non ha la competenza territoriale per perseguire quelli che ritiene essere gli ideatori del congegno. «Se si volesse davvero indagare su questo vero e proprio sistema di finte coop dovrebbe farlo la Procura di Firenze, dove è iniziato tutto», spiega sibillino un investigatore.

Restano in piedi le accuse gravissime degli ispettori dell'Inps, fatte proprie dalla Procura. E così scopriamo che mentre il premier Matteo Renzi si preoccupa di convincere i lavoratori a farsi finanziare dalle banche l'uscita dal lavoro anticipata, imprenditori vicini a suo padre (e indirettamente anche l'illustre genitore), schermati da una rete di cooperative farlocche, avrebbero omesso di versare diversi milioni all'Inps. Condannando molti dipendenti a non vederla mai quell'agognata pensione. Per lo meno questo è quanto accertato dagli 007 dell'ente previdenziale. Scrive il pm Pier Attilio Stea: «La peculiarità è che al di là degli addebiti di bancarotta fraudolenta (…) e dell'uso di fatture per operazioni inesistenti è stato pacificamente accertato che l'attivita di volantinaggio veniva portata avanti tramite una sistematica evasione degli oneri previdenziali per il lavoro dipendente». Agli atti dell'inchiesta sono depositati numerosi verbali di lavoratori che testimoniano il modus operandi di questi imprenditori che aprivano e chiudevano aziende spostando in blocco le maestranze da una società all'altra in modo da far ripartire da zero ogni volta le tutele per gli addetti. Secondo l'accusa Mirko Provenzano, ex amministratore della fallita Direkta srl, e il suo consulente del lavoro avrebbero orchestrato questa «sistematica frode previdenziale intestando alle cooperative gestite da un prestanome (...) dichiarazioni e pagamenti previdenziali per orari/lavoratore ampiamente al di sotto dei minimi legali». Per i magistrati i lavoratori sgobbavano 10-12 ore al giorno, anche se ufficialmente venivano retribuiti per 3, mentre una parte dello stipendio era cammuffato con voci diverse, come trasferte e rimborsi spese.

Nella sua richiesta di fallimento per Provenzano & c. il pm Stea fa riferimento alla consulenza dell'Inps e calcola che grazie a questo giochino «complessivamente l'evasione previdenziale supera i 3,3 milioni». Una cifra che è la somma dei verbali di contestazione a 13 coop al servizio della Direkta.

Per i funzionari dell'Inps tra le ditte coinvolte nella presunta rete ci sarebbe anche la Delivery service di Firenze. Mandate a memoria questo nome perché secondo gli inquirenti questa coop costituita nel 2009 a Firenze su input di babbo Renzi e fallita nell'estate del 2015, sarebbe stato l'anello iniziale di questa catena truffaldina.

Stea la cita nel capo sulla bancarotta fraudolenta come primo esempio delle «società cooperative costituite alla bisogna e prive di qualsiasi vita sociale». Il pm ricorda anche che la Delivery risultava tra quelle che «già vantavano un'esposizione nei confronti dell'Inps di tutto rispetto», dovendo all'ente «oltre 209 mila euro». Tiziano Renzi ne parla nell'autunno del 2014 in un interrogatorio davanti ai Pm di Genova dove era stato indagato (e poi archiviato) proprio per un presunto giochino societario: «È una cooperativa che è stata costituita da persone di mia fiducia, tra i quali ricordo Roberto Bargilli (l'autista del pullmino delle primarie di Matteo Renzi, dal maggio 2015 consigliere delegato nel cda della Eventi 6 ndr) e Spiteri Pier Giovanni (fotografo e regista di b-movie, coinvolto in diverse intraprese imprenditoriali della famiglia del premier ndr)». Nel maggio del 2010 la guida dell'impresa venne affidata al nuovo presidente Pasqualino Furii, imprenditore dalle alterne fortune, che secondo una fonte molto informata della Verità sarebbe tutt'oggi in affari con la Eventi 6 per la distribuzione delle Pagine gialle. Furii ha lasciato la Delivery nel settembre del 2014 e la coop è fallita 10 mesi dopo.

Nel 2010 divenne socio della Delivery anche il settantenne Gian Franco Massone. Vi dice niente questo nome? No? Forse è meglio fare un ripasso: è un vecchio ex ufficiale di Marina che, sempre nel 2010, fece da prestanome al figlio Mariano per acquistare da babbo Renzi al prezzo di saldo di 3.800 euro quello che restava dell'azienda di famiglia del premier, la Chil post srl. Una cessione sospetta che ha portato gli inquirenti genovesi a indagare per lungo tempo su questa compravendita per poi decidere di prosciogliere Tiziano Renzi. Prima di fallire la Delivery fu ampiamente utilizzata sia dalle aziende dei Renzi che da Massone junior, come ricordano le cronache locali. Ma i lavoratori, anche in questo caso, ebbero di che lamentarsi. Nel novembre del 2011 Il Tirreno titolò a tutta pagina: «Ditta sparisce e lascia gli operai per strada. Aperte tre inchieste (una penale) su una cooperativa con filiale a Ospedaletto». Nell'articolo si leggeva: «Tre capannoni abbandonati da molti mesi e un cancello sigillato con una catena: è tutto ciò che resta della Delivery di Ospedaletto, filiale locale di una cooperativa di servizi. Un telefono fisso di Alessandria e il cellulare di Pasqualino Furii, allora conosciuto come amministratore delegato: entrambe le utenze sono disattivate e sono tutto quello che resta della casa madre, in Piemonte».

I cronisti denunciarono le condizioni di lavoro alla Delivery dal novembre 2009, quando la coop agiva ancora sotto l'egida di Renzi senior, al dicembre del 2010: «Erano in quindici sotto il tetto di lamiera che d'estate portava la temperatura a 37 gradi». Solo due lavoratori «regolari» avevano avuto diritto all'assegno di disoccupazione per un anno, «mentre gli altri erano tutti in nero e non avevano diritto ad alcuna forma di ammortizzatore sociale». Alla chiusura della Delivery, uno dei due ex fortunati «regolari», si dichiarò «felicemente disoccupato» dopo essere stato «infelicemente occupato»: «Ho fatto un tentativo di rientro in patria (si era trasferito in Romania ndr) e a questo punto mi basta! Qui è impossibile lavorare», si sfogò con i giornalisti. Era questa l'offerta di impiego per la manovalanza utilizzata dai Renzi. Un Jobs act ante litteram che rendeva preferibile la disoccupazione.

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