2024-01-28
Gli sprechi di Stato molto peggio dell’evasione
Inefficienza e mala gestione dello Stato ci costano 180 miliardi, il nero 80. Nel primo caso assistiamo spesso alle condotte disoneste di chi pretende onestà, nell’altro, tante volte, tocca scegliere tra tasse e piatto in tavola.In Italia, secondo il ministero dell’Economia e delle Finanze, l’evasione fiscale ammonta a 83,6 miliardi di euro. Questo importo, che in effetti ha del mostruoso, sembra nulla, anzi, è la metà degli sprechi della Pubblica amministrazione che ammonterebbero, secondo uno studio della Cgia di Mestre, a 180 miliardi di euro l’anno. Pallottoliere alla mano, recuperando gli sprechi della Pubblica amministrazione «recupereremmo» quelli dell’evasione e rimarrebbero circa cento miliardi di euro a disposizione. Sono dati che naturalmente andrebbero analizzati nello specifico perché non è che il bilancio dello Stato consente di togliere i soldi da una parte e metterli in un’altra, ridurli da una parte e aumentarli dall’altra, senza una logica. Detto questo, colpisce molto la dimensione indicata dall’ufficio studi degli artigiani di Mestre diretti da Paolo Zabeo. E colpisce ciò che i cittadini e le imprese sono chiamati a sostenere a seguito degli sprechi e delle inefficienze presenti nella Pa e, in questo senso, 180 miliardi è una cifra capace di alterare in modo profondo, direi sostanziale, il bilancio stesso dello Stato. Se andiamo a vedere nello specifico come si arriva a questi 180 miliardi si rizzano capelli e peli di ogni genere, anche quelli incistati, del corpo umano, anzi del corpo del cittadino-contribuente. Per cominciare il costo annuo sostenuto dalle imprese per la sola gestione dei rapporti burocratici con la Pa è pari a 57,2 miliardi. Questi soldi o sono pagati in quanto le aziende devono a loro volta pagare del personale solo per fare questo lavoro o devono affidarsi a studi professionali che curino loro questi aspetti. In Toscana si dice: se non è zuppa è pan bagnato. Se poi andiamo a vedere i debiti commerciali, sempre della Pa nei confronti dei propri fornitori, appuriamo che ammontano a 49,5 miliardi di euro: sono quei famosi miliardi che tutti i governi hanno promesso che avrebbero restituito, chi più chi meno velocemente, chi con diversi tipi di rateazione, chi immediatamente, chi entro la fine dell’anno (senza mai specificare quale anno e, quindi, probabilmente in saecula saeculorum). Amen. Dato l’argomento funereo non è indicato usare al posto di amen Alleluya. Se aggiungiamo a questi primi due punti la lentezza della giustizia, ebbene, scopriamo che costa al sistema paese due punti di Pil, che equivalgono a 40 miliardi. Ma non finisce qui: le inefficienze e gli sprechi presenti nella sanità sono quantificabili in 24,7 miliardi di euro l’anno e quelli del trasporto pubblico ammontano invece a 12,5 miliardi. Ma perché parlare degli sprechi della Pa e metterli a paragone, o comunque confrontarli, con quelli dell’evasione fiscale? Che ci azzecca, come ebbe ad esprimersi il noto giureconsulto di Montenero di Bisaccia? Ci azzecca assai perché quegli stimati 180 miliardi di sprechi e inefficienze della Pa vengono pagati attraverso i soldi che i cittadini versano allo Stato in varie forme che siano tasse, imposte o pagamento diretto dei servizi. Questo vuol dire giustificare un ragionamento del tipo: siccome lo Stato spreca allora è giustificata l’evasione fiscale? No, ovviamente ma, come diceva il grande riformatore fiscale Ezio Vanoni: «Quando lo Stato chiede ai cittadini di comportarsi onestamente il suo appello perde forza ed efficacia se, per primo, non si comporta esso stesso onestamente». Cioè, se ti chiedo di essere onesto con me devo almeno dimostrare di esserlo io con te. Dove io e lo Stato e te è il cittadino. È evidente, in questo caso, che lo Stato il primo passo non lo ha fatto e non lo fa. Per anni non lo ha fatto e non lo fa in tutte e due le direzioni: non diminuisce le inefficienze e gli sprechi della Pa, non snellisce le procedure, non diminuisce il carico burocratico su persone e imprese. Ma non lo fa, questo atto di onestà, neanche in campo fiscale. E come sostenne, secondo me giustamente, uno che se ne intende di economia, Stefano Fassina, uomo di sinistra sinistra, spesso l’evasione è evasione di «sopravvivenza» nel senso che o pago le tasse o pago gli stipendi o, peggio ancora, se pago le tasse non mangio. Capite che è un corto circuito tra mala amministrazione e cittadini contribuenti che crea un clima di sospetto istituzionale dove ognuno gioca a nascondino nei confronti dell’altro e dove la trasparenza va a farsi benedire. Peccato che la mancanza di trasparenza per come lo Stato, o in altre epoche i sovrani, spendono i soldi dei cittadini, per chi conosce un po' di storia, è stata all’origine delle rivoluzioni. Oggi non ci sono rivoluzionari tipo quelli americani o quelli francesi del Settecento ma un po’ di storia, anche se non genera ottimismo, è utile a capire. I rapporti tra cittadino e Stato dovrebbero essere improntati all’onestà ma, ove mai possibile, la disonestà dello Stato è peggio di quella del cittadino ed ha un valore diseducativo devastante.
Marta Cartabia (Imagoeconomica)
Sergio Mattarella con Qu Dongyu, direttore generale della FAO, in occasione della cerimonia di inaugurazione del Museo e Rete per l'Alimentazione e l'Agricoltura (MuNe) nella ricorrenza degli 80 anni della FAO (Ansa)