La Gdf presenta i risultati da gennaio 2024 a maggio 2025 in occasione del 251° anniversario, che si festeggia oggi a Roma: concluse 445 indagini sul crimine organizzato. Scovati oltre 9.000 evasori totali. Sempre più importante l’impegno internazionale.
(Guardia di Finanza)
Conclusa dai finanzieri di Macerata un’articolata indagine contro il fenomeno illecito delle cosiddette imprese «apri e chiudi» operate da cinesi nei distretti industriali tessile e calzaturiero.
L' indagine, che ha interessato una società del maceratese operante nei distretti industriali e gestita da soggetto di origini cinesi, ha preso le mosse dall’analisi di approfondimenti di natura antiriciclaggio, e si è sviluppata tramite il minuzioso esame di documenti contabili e di conti bancari aziendali, ed attraverso l’esame del sistema informatico per lo scambio di informazioni tra paesi membri dell'Unione Europea denominato V.I.E.S. (VAT Information Exchange System) sistema ideato per consentire una corretta fiscalità ed utilizzato da ogni operatore commerciale che effettua vendite di beni e servizi verso un altro Stato membro. L’attenzione delle Fiamme Gialle si è concentrata sulle anomalie osservate dal patrimonio informativo analizzato: a fronte delle ingenti vendite dichiarate tramite il V.I.E.S da alcuni operatori ubicati in altri Stati membri dell’Ue, la società italiana acquirente risultava essere totalmente sconosciuta al fisco.
Ammontano a circa 200 milioni di euro i ricavi non dichiarati ai fini delle imposte sui redditi e due sono gli imprenditori segnalati all’Autorità Giudiziaria per illeciti penali secondo il Decreto Legislativo n. 74 del 2000.
Il sistema di frode è consistito, in sostanza nell’aprire una società, intestarla formalmente ad un prestanome e, attraverso la società stessa, effettuare grandi importazioni di merci dalla Cina facendole arrivare in territorio italiano tramite triangolazioni e cessioni intracomunitarie con società intermediarie costituite ad hoc in Bulgaria e Grecia. Nello specifico, veniva sfruttata una particolare procedura doganale attraverso la quale gli importatori europei possono ottenere l’esenzione dal pagamento dell’IVA nello Stato membro in cui avviene lo sdoganamento della merce (in questo caso Bulgaria e Grecia), rinviando il pagamento dell’imposta nello Stato membro di loro definitiva immissione in consumo (Italia), in quanto Paese di destinazione finale.
Ed è proprio in questa fase che si è concretizzata l’evasione fiscale: infatti la società investigata, sulla quale ricadevano gli obblighi di dichiarazione e di versamento delle imposte, era caratterizzata da un breve ciclo di vita aziendale, tipico delle aziende «apri e chiudi» gestite formalmente dalle cosiddette «teste di legno», ha omesso sistematicamente la presentazione delle previste dichiarazioni fiscali, seppur risultasse aver rivenduto milioni di articoli importati dalla Cina.
La globalità delle attività investigative e l'incrocio dei risultati delle indagini finanziarie, degli elementi indiziari acquisiti dai maggiori clienti e fornitori dell’azienda sottoposta a verifica, in aggiunta alle informazioni giunte da altro Reparto del Corpo marchigiano, hanno consentito di individuare l’effettivo dominus della società.
Nell’ambito dell’inchiesta, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Macerata, ha emesso – su richiesta della Procura della Repubblica – decreto di sequestro per equivalente di beni fino a concorrenza delle imposte evase per circa 81 milioni di euro.
Al termine delle attività effettuate gli investigatori hanno rinvenuto e posto sotto sequestro disponibilità finanziarie, oltre ad una villa e altri quattro immobili, auto di lusso (tra cui una Porsche Panamera ed una Porsche Cayenne), numerosi gioielli e orologi in oro (di marca Rolex e Cartier), borse, vini e champagne pregiati, riconducibili al gestore «di fatto» della società indagata.
Tuttavia, si evidenzia che, per il principio della presunzione d’innocenza, le persone denunciate non potranno essere ritenute colpevoli sino a quando la loro responsabilità non sarà definitivamente accertata con sentenza irrevocabile di condanna.
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Durante il convegno all'Università della Calabria organizzato dalla Guardia di Finanza è stato sottolineato il rischio dell'utilizzo dell'IA e come le forze dell'ordine possono sfruttarla per contrastare la criminalità organizzata. Per Andrea De Gennaro, Comandante Generale della Guardia di Finanza «l'intervento umano resta fondamentale per validare le decisioni e garantire la giustizia».
Il generale della Gdf Antonio Mancazzo (Imagoeconomica)
Il generale della Gdf Antonio Mancazzo, dopo l’operazione che ha permesso di scovare un trader con 270 milioni non dichiarati in valute virtuali: «Siamo in grado di seguire i movimenti sulla blockchain. Il denaro digitale ha fatto spostare i traffici di armi e droga sul Web».
Le Fiamme gialle e il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata hanno eseguito una vasta operazione di contrasto a gravi reati tributari commessi dalla criminalità organizzata nel Nord Italia e all'estero. 12 le ordinanze di misura cautelare, 300 i militari impiegati.
Al termine di una complessa attività d’indagine diretta dalla Procura Distrettuale della Repubblica di Brescia, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Brescia e il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O) stanno dando esecuzione a un’ordinanza di misura cautelare personale nei confronti di 12 soggetti indagati per aver costituito un’associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata alla commissione di reati tributari.
L’attività si sta sviluppando nelle province di Brescia, Torino, Verona, Reggio Emilia, Modena, Cremona, Milano, Monza-Brianza, Mantova, Varese, Catania e Reggio Calabria, nonché in Spagna e Svizzera, con l’impiego di circa 300 militari, con il supporto dell’Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione giudiziaria, del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia nell’ambito del progetto «I-Can» (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta), e delle forze di polizia spagnole e svizzere.
Le società e i soggetti coinvolti, circa 70, nel collaudato sistema di «fatture per operazioni inesistenti» sono inoltre destinatari di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche per equivalente, per un importo complessivo di oltre 8.5 milioni di euro, quale provento delle condotte delittuose investigate.
I provvedimenti sono l’epilogo di complesse attività di indagine -anche transnazionali- avviate a partire dal mese di giugno del 2019, che hanno riguardato l’operatività in territorio bresciano di un’associazione per delinquere di matrice ‘ndranghetista, originaria della provincia di Reggio Calabria, egemone nella zona compresa tra i comuni di Melia di Scilla e San Roberto, al cui vertice stava un soggetto già condannato per associazione di stampo mafioso dal Tribunale di Reggio Calabria.
L’attività investigativa ha permesso di documentare la genesi e l’ascesa del sodalizio che, facendo leva sulla forza di intimidazione che deriva dal vincolo associativo, avrebbe prima danneggiato, quindi sopraffatto e infine estromesso dal giro d’affari connesso alle frodi fiscali un precedente gruppo criminale, che operava dal 2017 nel distretto industriale del Nordest.
In particolare, l’assoggettamento di questo gruppo sarebbe stato realizzato con diverse azioni delittuose, promosse e dirette dai vertici della neo-costituita consorteria mafiosa, quali:
(1) Una finta rapina operata nei confronti di un corriere che aveva ritirato denaro contante per circa 600.000 euro - frutto della monetizzazione delle fatture per operazioni inesistenti - da soggetti cinesi dimoranti nella Chinatown di Milano, avvalendosi in questa circostanza della collaborazione di alcuni sodali interni alla prima associazione.
(2) La sottrazione delle credenziali dei conti correnti accesi in Bulgaria dove gli introiti del crimine venivano dirottati, grazie all'aiuto di una commercialista bulgara e di rappresentati legali delle cartiere estere.
(3) Gravi intimidazioni, perpetrate con l'esibizione di armi da fuoco durante gli incontri con i membri del primo sodalizio, per imporre agli associati di questa consorteria di trasferire l’intero pacchetto di società precedentemente gestite e di assoggettarsi alla nuova associazione di stampo mafioso.
L’attività investigativa complessivamente sviluppata, anche con l’utilizzo di intercettazioni, accertamenti bancari e sequestri di denaro contante per circa 450.000 euro destinato alle cosche reggine ha così consentito di ricostruire lo schema della complessa frode.
In dettaglio, l’associazione di stampo mafioso, dopo aver completamente sostituito la prima consorteria, si è avvalsa di oltre 30 società tra cartiere estere (ubicate in Bulgaria, Ungheria, Slovacchia, Svizzera e Croazia) efiltro italiane che, nel periodo di indagine, hanno emesso fatture per operazioni inesistenti nel settore del commercio delle materie plastiche per oltre 365 milioni di euro in favore di imprenditori compiacenti, localizzati prevalentemente nelle province di Brescia e Mantova.
Sono attualmente in corso molteplici perquisizioni in Italia e all’estero, condotte con il supporto tecnico-operativo dello S.C.I.C.O., l’ausilio di moderne strumentazioni tecnologiche e tre unità cinofile antidroga e «cash dog» per la ricerca di sostanze stupefacenti e contanti, in una cornice di sicurezza garantita anche dall’impiego dei c.d. «baschi verdi», militari con specializzazione A.T.P.I. «Anti Terrorismo - Pronto Impiego» e di un elicottero della componente aeronavale del Corpo.
Il provvedimento - in corso di esecuzione - è stato emesso sulla scorta degli elementi probatori allo stato acquisiti, pertanto, in attesa della definitività del giudizio, sussiste la presunzione di innocenza.
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