2022-03-05
Gli arsenali italiani ai mercenari? L’Ispi: in Ucraina già 600 legionari
Il reclutamento di cittadini stranieri, ad opera di Kiev, rischia di danneggiare ancor di più la diplomazia. Anche l’Istituto di studi internazionali lancia l’allarme: i «foreign fighters» la nuova grana dei governi.L’appello del presidente Volodymyr Zelensky a formare una legione internazionale per sostenere la resistenza in Ucraina rischia di portare a una nuova ondata di combattenti stranieri e di creare non pochi problemi ai rispettivi Paesi dei nuovi «foreign fighters». A spiegarlo è l’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) che, in un lungo articolo pubblicato il 3 marzo, mette in guardia i cittadini europei dall’avventurarsi in un conflitto armato di tale portata. Non solo. Leggendo i giornali di questi giorni, da più parti spuntano articoli di volontari italiani che si sarebbero già arruolati in ambasciata e pronti a partire. Si parla persino di uomini della finanza pronti a tutto pur di salvare la democrazia in Europa. Ma al netto di un certo romanticismo anni Trenta, da guerra di Spagna contro Francisco Franco, il problema rischia di essere enorme per il nostro Paese, al pari di quello dell’invio di armi in aiuto a Kiev. Gli armamenti che abbiamo inviato tramite canali paralleli potrebbero arrivare in ritardo, risultare inutili per contrastare l’esercito russo e per di più finire nelle mani di gruppi paramilitari.Allo stesso tempo la legione di militari improvvisati in aiuto alle forze armate ucraine, rischia di non servire poi a molto per contrastare l’avanzata di Mosca e soprattutto avrebbe un effetto domino in tutta Europa e nel mondo. Non è solo un rischio per chi vuole partire, ma anche per i rispettivi governi di appartenenza costretti spesso a dover cercare di ritrovarli, riscattarli o, il peggio delle volte, a recuperare il cadavere da riportare in patria. Ci sono soprattutto diversi problemi legali sulla possibilità di combattere in un Paese estero. L’Ucraina nel 2016 ha, tramite decreto, aperto all’arruolamento di cittadini stranieri. Ma negli Stati Uniti, per esempio, se un cittadino americano si recasse in Ucraina per combattere non riceverebbe alcun aiuto dal suo governo in caso di rapimento. In Inghilterra, dove il premier Boris Johnson ha definito il presidente russo Vladimir Putin un «criminale di guerra», c’è una certa contraddizione nelle comunicazioni da parte delle istituzioni. Il ministro degli Esteri Liz Truss ha promesso di sostenere i cittadini britannici che prenderanno le armi contro Putin. Ma allo stesso tempo altre istituzioni britanniche sconsigliano e scoraggiano di partire. E per l’Italia? Ci sono leggi, anche in seguito all’emergenza terrorismo del 2015, che puniscono duramente chi decide di unirsi a forze militari di altri Paesi: chi ha combattuto in questi anni in contesti internazionali è stato anche condannato in Italia. La situazione adesso è diversa. Ma resta evidente che le lacune legali intorno alla nostra presenza in quei territori non farebbero altro che peggiorare i rapporti dal punto di vista diplomatico o intralciare i canali ufficiali. Non bisogna poi dimenticare che sin dal 2014 esiste già un consistente flusso di combattenti stranieri nel Donbass. Molti sono italiani, estremisti di destra e sinistra. C’è chi deve scontare qualche piccola condanna nel nostro Paese e ha deciso di andarsene. Chi era un ultras del calcio o magari un semplice manifestante. C’è chi è di Casa Pound e combatte insieme al reggimento Azov ucraino. Chi invece è di sinistra ha scelto di combattere con i russi, contro la Nato e gli Stati Uniti. Stando al report dell’Ispi, dal 2014, è stato stimato che oltre 17.000 combattenti provenienti da 55 Paesi hanno combattuto sia dalla parte ucraina che da quella russa. L’invito di Zelensky, con una guerra ormai globale, rischia di aumentare questo flusso. La legione ha meno di una settimana, quindi è difficile fare i calcoli sulla reale portata del reclutamento. Ma proprio il centro studi internazionali ha effettuato una ricerca in chiaro su Internet grazie alla studiosa Sara Merger. E ha scoperto che al momento si sarebbero già uniti alla resistenza ucraina almeno 600 stranieri provenienti da 9 Stati nel mondo. I numeri potrebbero essere anche molto più alti, perché diversi combattenti potrebbero non utilizzare i canali ufficiali delle ambasciate ma altri clandestini. C’è poi anche chi è arruolato nella legione straniera. Al momento, comunque, stando all’Ispi, ci sarebbero 70 giapponesi che avrebbero già presentato domanda presso l’ambasciata ucraina a Tokyo. Tra questi, stando a quanto riportato da Reuters, anche un impiegato trentanovenne che avrebbe deciso di partire dopo aver visto le immagini dei combattimenti. Poi si calcolano «400 cittadini svedesi; 10 ufficiali della Nato (6 cittadini americani, 3 britannici, 1 tedesco) e 2 ufficiali di fanteria statunitensi di stanza in Polonia; 100 lituani; 1 riservista finlandese (già in Ucraina); 1 norvegese (già sul campo anche lui); almeno 7 volontari bielorussi». Per di più da queste cifre sono esclusi gli ucraini che stanno tornando nel loro Paese. Persino 20 australiani sarebbero pronti a mettersi in marcia per difendere Kiev. Anche la legione georgiana sta aiutando i combattenti stranieri a entrare nella resistenza e ha promesso addestramento prima di scendere sul campo di battaglia.
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