2018-07-28
Parigi (via Letta) pugnala alle spalle l’Italia
Report di Ian Bremmer, con cui collabora l'ex premier filo francese: «Bruxelles nervosa. Il ministro Paolo Savona continua a dire la sua sull'economia». È accusato di creare instabilità, cosa che farebbe comodo a Emmanuel Macron.Una mail ha raggiunto i principali fondi esteri. Oggetto: «L'influenza del ministro Savona resta un elemento di rischio». A firmare il report è Ian Bremmer, con cui collabora l'ex premier filo francese Letta: «Bruxelles è nervosa. Il ministro anti Ue continua a dire la sua sull'economia». In pratica, il ministro è accusato di creare instabilità, cosa che farebbe molto comodo a Macron. Giovedì mattina nelle caselle di posta dei grandi fondi internazionali che acquistano e vendono il nostro debito pubblico è arrivata una mail dedicata al ministro Paolo Savona. Il titolo del report è emblematico: L'influenza di Savona sull'economia europea resta un fattore di rischio. Si tratta di una pagina scarna in gran parte mirata a spiegare come il ministro per gli Affari europei sia il vero pericolo e la sua ideologia rappresenti la reale fonte d'instabilità per l'Italia e pure per il Vecchio continente. «Una serie di decisioni prese a Roma sta rendendo i funzionari di Bruxelles molto nervosi, anche se tutto ciò ha avuto una scarsa eco sui media», si legge nel report, «tanto più che il ministro Savona ha ampliato le sue competenze in termini economici e addirittura potrà partecipare a tavoli decisionali a Bruxelles». L'analista che redige il report omette di dire che in quanto ministro la partecipazione a quei tavoli gli compete di diritto. Non è infatti un sottosegretario a cui qualcuno ha voluto dare più deleghe del previsto. Poco importa, la tesi è quella della destabilizzazione e la sola presenza di Savona provocherà una crisi al nostro Paese quando a ottobre si dovrà discutere di manovra. Forse proprio per questo il documento omette un dettaglio non da poco e che rischia di smontare la tesi precostituita. Al di là del fatto che il racconto delle posizioni anti europeiste che si legge nel report coincida con quanto spesso è scritto su quotidiani come Repubblica, così come la lunga tirata contro Savona sappia tanto di opinione, ci sono fatti puntali che non quadrano. A Savona non sono state affidate tutte le deleghe previste. Al contrario lo scorso 20 giugno le competenze per i fondi europei per la coesione sono andate a Barbara Lezzi, ministro per il Mezzogiorno. Non solo. Al momento, la partecipazione al Consiglio affari generali dell'Ue che è una prerogativa degli uffici di Savona sarebbe scivolata sulla scrivania di Enzo Moavero Milanesi, titolare del dicastero degli Esteri. In pratica la tesi che Savona si stia allargando, soprattutto sulle tematiche economiche, non è assolutamente supportata dai fatti, ma l'analista sembra voler lanciare a tutti i costi l'allarme. Il sottinteso è uno: se c'è rischio instabilità in Italia è meglio non investire. Ecco perché è importante ragionare su chi sia il mittente della mail anti Savona. Il think tank si chiama Eurasia group. A dirigerlo è Ian Bremmer, giovane politogo cresciuto a metà strada tra la cultura clintoniana e la globalizzazione. La sua società ha sedi sparse in giro per il mondo ed è tra le più ascoltate da multinazionali, fondi d'investimento e pure dall'Eni, che recentemente ha chiesto a Bremmer di entrare nel proprio advisory board. Eurasia nel 2016 ha arruolato Enrico Letta che, orfano del proprio incarico a Palazzo Chigi, ha mosso i primi passi nel settore della consulenza strategica. Nel 2015 il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha riconosciuto al politologo l'onorificenza di commendatore e in molti hanno sostenuto che a suggerire il nome di Bremmer al Colle possa essere stato lo stessa Letta. Così come attorno all'Eni gravitano anche i nomi di Fabrizio Pagani ed Enzo Viscusi. Quest'ultimo, ex vice presidente del Cane a sei zampe, ha vecchi rapporti di conoscenza con il capo di Eurasia, per il resto il filo comune è la conoscenza di Letta. Per questo non si può non notare che al giro dell'ex premier sta molto a cuore il futuro della Francia e di Parigi, che a sua volta vede il nuovo governo gialloblù come il fumo negli occhi. Letta collabora con Emmanuel Macron attraverso l'istituto Jacques Delors, ed è a pieno titolo un legionario che tira le fila dei funzionari italiani che stanno con entrambe i piedi piantati a Roma ma ammirano l'Eliseo. Letta sa bene che Savona è l'elemento più delicato del governo. Mattarella su di lui aveva quasi apertamente messo il veto. Non lo voleva ministro dell'Economia. Al suo posto ha indicato Giovanni Tria, che nel report di Eurasia infatti compare come elemento stabilizzatore. Come diceva Giulio Andreotti, a pensar male si fa peccato ma non si sbaglia quasi mai. Noi non siamo d'accordo con il nesso diretto. Ma certo chi più godrebbe della caduta di questo governo resta Macron, che in patria è pieno di guai. Dall'economia non florida ai guai legati al suo bodyguard, Alexandre Benalla. Parigi punta a gestire l'intera transizione politica in Libia ed è preoccupata per la riapertura del dialogo con l'Egitto. La visita di Matteo Salvini ad Abd Al Fattah Al Sisi è un punto di non ritorno. Il governo Gentiloni, tra i più filofrancesi, ha spezzato il legame tra Italia ed Egitto e ha chiuso tutte le porte di dialogo con il generale Khalifa Haftar. Una strategia che ha premiato solo gli interessi francesi. Adesso l'aria è cambiata. Ma se gli investitori internazionali si convincono che a ottobre è bene alzare un polverone e magari mettere in fibrillazione lo spread al grido di «Attenti a Savona», non è così arduo pensare che il governo cada. O almeno c'è chi brinderebbe a tale ipotesi.