2022-02-12
Giustizia, partorito il compromesso attendendo la partita referendum
Il Cdm approva all’unanimità la riforma del Csm che però dovrà poi andare in Aula. Stop alle porte girevoli giudici-politica, più pasticciato il sistema elettorale che non depotenzierà le correnti. Mario Draghi esclude la fiducia.Si procede all’unanimità, però a passo abbastanza lento, e con un’intensità riformatrice non irrilevante ma complessivamente piuttosto diluita. Sembra questo l’esito (parziale: perché poi la partita si giocherà in Parlamento) del Consiglio dei ministri di ieri, che, dopo alcuni rinvii e un prolungato tira e molla, ha raggiunto un’intesa su un testo in materia di Csm e ordinamento giudiziario. Si tratta del terzo pacchetto di interventi coordinati dal ministro Marta Cartabia, dopo quelli relativi al processo civile e penale. Le trentasei ore che hanno preceduto il Cdm non sono state brillanti: dapprima per l’irritazione dei partiti nel constatare che a un certo punto sembravano sul punto di essere «salvati» dal futuro stop alle porte girevoli tra magistratura e politica gli ex magistrati divenuti titolari di cariche politiche senza essere passati dalle elezioni (caso emblematico: quello del sottosegretario Roberto Garofoli), e poi, fino all’altra sera, per l’assurda pretesa di qualcuno di non tirare fuori le carte (si è giunti al punto, abbastanza surreale, per cui, prima delle riunioni decisive, alcuni ministri e i partiti hanno dovuto chiedere a gran voce di vedere i testi con congruo anticipo).Sta di fatto che alla fine il via libera c’è stato, ma non senza dissensi, ammessi dallo stesso Mario Draghi: «Ci sono delle differenze di opinioni che sono rimaste. È stato possibile modificare molto marginalmente il testo, ma c’è l’impegno corale a superarle». In questa chiave, Draghi ha dovuto impegnarsi a rinunciare alla frusta della fiducia: «C’è stata la consapevolezza della necessità di un pieno coinvolgimento delle forze politiche. Quindi niente tentativi di imporre la fiducia».Sullo stop alle porte girevoli, a meno di futuri colpi di scena, l’ipotetico intervento che qualcuno aveva ribattezzato «salva Garofoli» pare definitivamente saltato (il sottosegretario ha fatto sapere di non aver partecipato «per sensibilità istituzionale» al Cdm, per quanto le nuove norme non saranno comunque applicate agli incarichi in corso). Il risultato finale - secondo le bozze di ieri - è che «i magistrati che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo o incarichi di governo (nazionale, regionale o locale), al termine del mandato, non possono più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale». Il divieto varrà per tre anni pure per chi abbia ricoperto incarichi di capo di gabinetto, segretario generale presso i ministeri o capodipartimento. Rispetto a queste posizioni tecniche, il divieto vale se l’incarico dura almeno un anno.Quanto al sistema elettorale del Csm, la proposta del governo è quella di un sistema misto, fondato su collegi binominali (ciascuno eleggerà 2 membri), ma pure con una distribuzione proporzionale aggiuntiva di 5 seggi nazionali. Per presentarsi basterà una candidatura individuale, senza liste. È presto per fare valutazioni sugli effetti, ma non sembra difficile prevedere che, se il ruolo delle correnti verrà (positivamente) limitato sul piano della presentazione delle candidature, verrà invece (negativamente) esaltato in campagna elettorale, valorizzandone realisticamente due (secondo la logica dei due eletti per collegio): e saranno proprio le correnti maggiori a spingere e determinare gli eligendi. Quanto ai tempi di esame in Parlamento, non ci sono certezze. In teoria, l’impegno con l’Ue sarebbe di approvare tutto entro l’anno (anche i decreti attuativi degli altri interventi in materia penale e civile), ma le elezioni del Csm sarebbero già in luglio. Ipoteticamente, il sistema elettorale dovrebbe essere pronto molto prima, ma per questa prima tornata elettorale potrebbe bastare un anticipo di 30 giorni. Quanto alle reazioni politiche, si registra una curiosa e simultanea esultanza di Fi e dei grillini. Gli azzurri fanno sapere di essere soddisfatti per aver «ottenuto rassicurazioni« sul fatto che il governo «non chiederà un voto di fiducia e il Parlamento sarà sovrano», oltre che per l’esito della partita sulle porte girevoli. E pure i grillini battono su questo punto, sostenendo che si sia tornati allo schema dell’allora ministro Alfonso Bonafede, e cioè lo stop alle porte girevoli tra politica magistratura senza eccezioni: per questo, dicono i pentastellati, «esamineremo il testo in Parlamento, ma intanto possiamo dirci soddisfatti». Pare più convincente la valutazione di Giulia Bongiorno (Lega): «Quanto approvato dal Cdm è solo un punto di partenza. Il testo dovrà essere migliorato in Parlamento, ma un cambiamento radicale sarà possibile solo grazie ai referendum». E il punto è proprio qui: se governo e partiti si sono affaticati così tanto per raggiungere un punto di compromesso tutto sommato limitato, sembra saggio dare la parola ai cittadini, che, Corte costituzionale permettendo, potranno esprimersi tra il 15 aprile e il 15 giugno prossimo sui quesiti - decisamente più forti - messi in campo dalla Lega e dal Partito radicale, a partire dai temi roventi della responsabilità civile dei magistrati, della separazione delle carriere, della custodia cautelare, della legge Severino.
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