2021-06-29
Conte prova a scippare il M5s a Grillo
Giuseppe Conte e Beppe Grillo (Ansa)
L'ex premier spiega ai giornalisti il suo progetto novecentesco e ambiguo: «Non farò il prestanome di un leader ombra». Poi lancia la sfida: «Fate votare gli iscritti sul documento che ho preparato». Una specie di referendum: volete Giuseppe Barabba o l'Elevato?Come per la caducazione della concessione di Autostrade, per la caducazione della leadership dell'ex avvocato del popolo ci vuole tempo. Se, il giorno dopo il crollo del ponte Morandi, Giuseppe Conte annunciava di non poter aspettare i tempi della giustizia, salvo poi aspettare quelli della politica che come si è visto sono risultati più lunghi di quelli della magistratura, ieri l'ex presidente del Consiglio ha fatto sapere di poter aspettare i tempi di Beppe Grillo, senza ignorare le offese che gli sono state rivolte dal garante dei 5 stelle, ma senza neppure sbattere la porta. Come al solito, la conferenza stampa dell'ex premier è stata ricca di ambiguità e ridondante di parole, ma povera di chiarezza, in quanto alla fine, nessuno o quasi dei presenti ha capito che cosa Giuseppi abbia in realtà intenzione di fare. Vuole fondare un proprio partito, convinto di poter riconquistare Palazzo Chigi chiudendo la parentesi di Mario Draghi? Vuole cacciare Beppe Grillo, elevandolo nel pantheon del movimento dopo avergli scippato la sua creatura? Oppure, semplicemente intende costituire una sua corrente rimanendo in attesa sulla sponda del fiume, cioè di espugnare ciò che resta dei 5 stelle? Alle domande, in realtà nessuno sa rispondere, perché in fondo il primo a non saperlo è lo stesso Conte. L'ex avvocato del popolo, dopo la sua arringa in cui si è dichiarato indisponibile a fare il prestanome, è scivolato come una saponetta di fronte alle domande dei giornalisti, evitando con accuratezza di dire parole definitive su alcunché, ovvero sul proprio futuro, su quello dell'attuale inquilino di Palazzo Chigi, ma soprattutto sulla trasformazione del Movimento. Conte ha parlato di cambiamento reso necessario da carenze ed equivoci che hanno accompagnato la vita dei 5 stelle. Ma arrivato al dunque, cioè a spiegare come immagini il nuovo Movimento, non ha saputo dire molto, se non parlare di statuto, piattaforme, scuole di formazione e organizzazione territoriale, senza tuttavia dire nulla sulle idee e sui programmi, sulla direzione che i grillini dovrebbero imboccare. Il discorso è stato talmente generico, gonfiato dagli anabolizzanti di frasi retoriche («Non ha senso imbiancare una casa che ha bisogno di profonde ristrutturazioni»; «Spetta a Grillo decidere se essere il genitore generoso che lascia crescere la sua creatura in autonomia o il genitore padrone che ne contrasta l'emancipazione»), da aver indotto un giornalista militante dei 5 stelle, tal Ivo Mej, a ricordargli che quanto Conte intende cambiare con tanto ardore, bollando il passato come inadeguato, in realtà è il frutto di quella democrazia diretta su cui si fonda il Movimento, ovvero su uno statuto e un direttorio che sono stati voluti e scelti dagli iscritti. Mentre quanto propone l'ex presidente del Consiglio non è altro che un partito ispirato ai principi e ai metodi del Novecento, con un capo, dei vicepresidenti, degli organi dirigenti, una scuola simile alle Frattocchie», cioè alla struttura con cui il Pci formava i propri funzionari, e così via. Un'obiezione che ha colpito e affondato le chiacchiere di Conte, il quale, a proposito di scuola, ha dovuto impapocchiare una risposta senza in realtà dare la sensazione di sapere che dire, parlando di confronto tra gli amministratori, «best practice», trasporti e così via. Sì, quello di Conte è stato il nulla vestito bene. Una volta depurato il discorso dalle mille parole inutili profuse in abbondanza, restano ben poche cose, se non una lotta di potere per il potere. Conte è un miracolato, un presidente del Consiglio per caso, che all'improvviso si è trovato catapultato sulla poltrona di capo del governo e dopo averla lasciata ne ha una grande nostalgia. L'ex premier non si è mai misurato con un'elezione e dunque non sa quanti italiani siano disposti a sostenerlo. Tuttavia, vuole il comando e dunque, da quando è stato costretto a lasciare la guida dell'esecutivo, ha «studiato tanto». Un lavoro che ha come obiettivo la costruzione di uno statuto che gli consegni i 5 stelle senza passare da un congresso o da un dibattito interno. Alla domanda se la guida del Movimento sia contendibile, l'uomo con cui Beppe Grillo immaginava di sostituire l'evanescente Vito Crimi è rimasto interdetto, riuscendo solo a balbettare che la leadership ha una scadenza, ma lasciando indefinite le procedure che nei partiti veri, quelli del Novecento per intenderci, decidevano i segretari e gli organismi dirigenti. Sì, Conte vuole i 5 stelle, ma li vuole senza Grillo. Vuole comandare, ma senza conquistare il comando. Vuole essere Elevato, ma non ha piacere che ci sia un Elevato più elevato di lui. In poche parole, lo scontro fra l'ex avvocato del popolo e il suo mentore è la dimostrazione che uno non vale uno, l'immagine migliore a rappresentazione del fallimento di un'utopia. Che i tempi siano cambiati, che non basti più la regia di Rocco Casalino a imbonire le platee, lo dimostra il filmato della conferenza stampa di ieri sera, che non aveva alle spalle una bella scenografia, ma su tutto spiccava una scritta su un cartello verde: «Exit». L'equivalente di Fine dopo un film.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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