2024-04-30
Caro Ferrara, la tua ode al furto è un’idiozia
Giuliano Ferrara (Imagoeconomica)
Pur di difendere Fassino, l’Elefantino si è inventato un «diritto al taccheggio» (leggi: esproprio proletario) degno della peggiore tradizione comunista, a cui è tornato dopo la sbandata berlusconiana. Confessando di aver rubato pure lui, in gioventù, un libro. Caro Giuliano Ferrara, caro elefantino taccheggiatore, abbiamo scoperto con un po’ di apprensione che dopo aver confessato (anni fa) di essere stato agente della Cia, ora confessi di essere stato ladruncolo in perfetto stile fassiniano. Un tempo infatti ci raccontasti di aver afferrato «dollari avvolti in una busta gialla» lasciandoti «corrompere senza problemi» dagli agenti Usa. Ora ci racconti che hai rubato un oggetto dallo scaffale di un negozio, proprio come il compagno Arsenio Fassin. Solo che nel tuo caso non si tratta di profumo, ma di libro, con l’aggravante di non averlo nemmeno letto. Per la verità hai scritto che eri molto tentato di rubare anche del rum, ma poi il rum lo hai regolarmente comprato. E hai scelto invece di rubare un tomo di Luckas che fa molto più chic, anche se non lo hai nemmeno aperto. A differenza del rum, evidentemente. Capiamo il nobile intento di difendere il compagno Fassino e la storia del Pci in salsa sabauda, ma ti confesso, caro Giuliano, che qui siamo un po’ preoccupati per te. E non solo per via del furto, e nemmeno per via del rum, ma perché temiamo le tue prossime sortite. Se per difendere le operazioni spericolate degli amici Usa ti sei riscoperto agente della Cia e per difendere le operazioni spericolate dell’amico Fassino ti sei scoperto taccheggiatore, non è che per difendere Gerard Depardieu ora ti riscoprirai anche un po’ molestatore? E per difendere il Pci pugliese ti riscoprirai infaticabile corruttore? Siamo angosciati dai segreti nascosti nella tua vita che noi abbiamo sempre guardato con ammirazione. E che ora invece si rivela costellata da malefatte che tu però rivendichi con orgoglio. Ci viene il dubbio che un giorno, se ci fosse un’altra polemica sulla seconda guerra mondiale, potresti rivelarci a sorpresa che una bomba atomica a Hiroshima, in fondo, l’hai sganciata anche tu. Del resto chi è che almeno una volta nella vita non fa la spia per la Cia, non ruba un libro dallo scaffale e non incenerisce il Giappone? Noi ti crediamo, per carità. Esattamente come crediamo a Fassino quando dice che non voleva rubare il profumo. Però, ecco, siamo davvero perplessi di fronte al compiacimento con cui tiri fuori il peggio del tuo passato. Da fondatore del Foglio ad affondatore di te stesso, il passo è breve: c’è chi, arrivato a una certa età, non fa altro che ricordare i meriti conquistati durante l’esistenza. Tu, invece, ricordi solo i demeriti. «Il passaggio di mano della busta aveva qualcosa di erotico», raccontavi quando ti vantavi di essere agente Cia. «Ho rubato, taccheggiato, considerandolo più o meno un diritto», racconti adesso che ti vanti di essere un ladruncolo con reato caduto in prescrizione. Non è che per caso hai anche seviziato minorenni? Maltrattato cuccioli? Trafficato organi? Spacciato eroina? Torturato anziani? Solo per saperlo. Così magari ci prepariamo alle tue prossime rivelazioni rubando anche noi qualcosa. Magari una pinta di barbera, che è pure meglio del rum. Del resto tu lo scrivi chiaramente che esiste il «diritto al taccheggio». Dici proprio così: il «diritto». Anzi di più: dici che nei duty free, che proprio non ti piacciono, il taccheggio «non puoi evitarlo». È automatico, insomma. Tu entri in un duty free? Zac, rubi. Vedi un libro? Rubi. Vedi un profumo Chanel? Rubi. Non c’è niente di male nel rubare un profumo Chanel, a parte il fatto che è solo uno Chanel, cioè un «profumo della malora», come lo definisci tu. Sarebbe molto meglio rubare un Armani Acqua di Giò, un Paco Rabanne o meglio ancora «il vecchio Ma griffe che era l’essenza amata da Rossana Rossanda». Dall’esproprio proletario all’esproprio elitario: sono le nuove leggi della costituzione elefantina. Al ladro è consentito rubare purché l’oggetto rubato sia abbastanza chic e comunque all’altezza di Rossana Rossanda. Non è meraviglioso? Ruba bene chi ruba meglio. E tutti vissero felici e assolti. Addirittura, caro Giuliano, tu ti spingi oltre. Rubare al duty free non è solo «virtuoso» (avvertenza per l’incredulo lettore: tutte le parole che seguiranno fra virgolette sono state davvero scritte da te sul Foglio, proprio così, testuali), ma è pure doveroso. Dovrebbe essere prevista una «quota taccheggio», un «obbligo». È solo il «neoliberismo sfrenato e dottrinario» che si ostina a difendere la proprietà privata, la quale evidentemente per te è tornata a essere un furto, come negli anni ruggenti della tua gioventù («marxista e perfino leninista»). Non che ci fossimo molto illusi, te lo confesso. In tutti questi anni di berlusconismo ostentato e liberismo apparente ci sembrava che sotto sotto qualcosa suonasse falso. E in effetti come può uno fare il paladino delle libertà economiche e fondare un giornale che vive con i sussidi dello Stato? Perciò, ecco, ti scriviamo oggi per ringraziarti perché, trascinato dalla passione per Fassino, ci hai fatto capire una cosa importante. Non sappiamo se davvero sei stato un taccheggiatore, così come non sappiamo se sei stato davvero agente della Cia (si sa: «i vecchi subiscono le ingiurie degli anni, non sanno distinguere il vero dai sogni»). Però pensando a quante ore abbiamo passato a leggerti, prendendoti pure sul serio, ora sappiamo con certezza che qualcosa sì, qualcosa ci hai rubato davvero. Un sacco di tempo.
Chiara Appendino (Imagoeconomica)
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