2025-02-02
Le manovre dei giudici per fermare il governo
L'ingresso dei migranti all'hotspot di Shengjin in Albania il 28 gennaio 2025 (Getty Images)
Grazie ai buchi di una norma imperfetta, le toghe si sono garantite una maggioranza pro-immigrazione nel collegio che non ha convalidato i trattenimenti in Albania. Ecco chi sono e come hanno fatto.È bastato l’esperimento di ingegneria burocratica messo in atto lo scorso 18 dicembre dal maestro del cavillo Giuseppe Meliadò, presidente della Corte d’appello Di Roma, uno che ha dimostrato di conoscere i meccanismi giudiziari come le sue tasche, a rimettere il pallino nelle mani delle toghe. E venerdì la raffinata operazione partorita solo 14 giorni dopo l’approvazione del Decreto flussi, che prevedeva di trasferire la competenza sui trattenimenti dal Tribunale alla Corte d’Appello, ha superato il test, con la sospensione del giudizio di convalida dei trattenimenti dei 43 migranti trasferiti venerdì scorso in Albania e ritornati, liberi di circolare, in Italia per la conseguente scadenza delle 48 ore previste per la convalida. È basato cambiare l’insegna al negozio per dargli un’apparente riorganizzazione formale, lasciando invariata la sostanza. Meliadò, infatti, è riuscito a trasferire in Corte d’appello sei giudici di Tribunale con un atto d’interpello fondato sulla carenza d’organico della prima. E l’altro giorno quattro di quelle sei toghe, con provvedimenti quasi ciclostilati, hanno sospeso il giudizio sui 43 migranti e rimesso gli atti alla Corte di giustizia europea. Uno di questi, Maria Rosaria Ciuffi (la stessa che ha scarcerato uno dei tunisini che si era avventato contro i poliziotti per cercare di liberare un pusher durante un controllo al Quarticciolo, ritenendolo non pericoloso) proveniva proprio dalla sezione Protezione internazionale del Tribunale di Roma, guidata dal presidente di Magistratura democratica Silvia Albano che, stando ai rigetti dei provvedimenti, ne aveva fatto un plotone di esecuzione. E con la Ciuffi, grazie all’interpello di Meliadò (che ha imbarcato ex giudici penali e del lavoro), sono finiti in Corte d’Appello anche gli altri tre colleghi della Sezione Protezione internazionale: Cecilia Cavaceppi, che fino a luglio è stata agli Affari penali del ministero della Giustizia, Giuseppe Molfese (le uniche due toghe conservatrici del team) e Antonella Marrone. Quest’ultima, ex di Magistratura democratica passata alla corrente AreaDg, nel 2022 aveva pubblicato una storia su WhatsApp nella quale attaccava Giorgia Meloni: «Ah, non sono la rabbia, l’ego, l’ambizione e l’invidia a muoverla?», scriveva riferendosi alla premier, «sentendola parlare con quel vocione rabbioso mi sembrava l’opposto ma mi sarò sbagliata...». Poi ha firmato alcuni dei provvedimenti di sospensione del trattenimento dei migranti in Albania. E ora è in Appello. Con un secondo provvedimento, invece, Meliadò ha accolto nella sua armata bracalone anche Lilla de Nuccio e Maika Marini (applicate per sei mesi). Proprio la de Nuccio, dopo aver chiesto l’intervento della Cassazione, con un certo equilibrismo giuridico aveva emesso la sentenza che ha confermato la competenza del governo nell’indicare i Paesi «non sicuri» ma anche la possibilità del giudice di disapplicare incidentalmente il decreto ministeriale se dovesse contrastare in modo manifesto con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale. Lo scorso anno, invece, aveva condannato il ministero dell’Interno e quello degli Affari esteri a «consentire l’immediato ingresso nel territorio italiano» di un minorenne afgano che era stato respinto alla frontiera di Brindisi. La Marini, invece, da giudice del lavoro a Macerata viene ricordata per una decisione in particolare: diede ragione a Cgil e Cisl in una causa per condotta antisindacale che vide soccombere la Camera di commercio. «Vanno accolte», è scritto nel decretissimo di Meliadò, «le domande dei colleghi perché hanno una specifica competenza». In sostanza sarebbe stata data priorità a chi ha esercitato le stesse funzioni che dovrà svolgere nell’ufficio di destinazione. E proprio questo sembra essere, almeno in parte, il punto debole anche sotto l’aspetto tecnico. Tra i sei è Molfese che, nonostante abbia anche temporaneamente coperto un ufficio direttivo, l’esperienza nel settore civile sembra averla maturata solo per i quattro mesi durante i quali è stato nella Sezione Protezione internazionale romana. Sebbene da gip a Latina, dimostrando particolare competenza, si è occupato dell’inchiesta sulla coop Karibu dei familiari del deputato Aboubakar Soumahoro e poi della morte di Singh Satnam, il bracciante indiano vittima di un incidente sul lavoro. Negli ultimi tempi aveva anche diretto l’ufficio che, però, ad agosto 2024 ha lasciato con sole tre toghe a presidio di un’area particolarmente delicata. Non è un giudice civile e negli ultimi sette anni non si sarebbe occupato di protezione internazionale. Quella che sembra una partita a scacchi e una sorta di raffinata disobbedienza istituzionale, però, stando alle carte sarebbe una scelta dettata esclusivamente da ragioni organizzative. Ovviamente a leggere i numeri l’emergenza c’è tutta: nel 2023 la sezione Immigrazione del Tribunale di Roma aveva emesso 693 provvedimenti di convalida e al 18 novembre 2024 erano già 664. E la Corte d’Appello di Roma vanta una scopertura di posti nella sezione civile che si aggira attorno al 30 per cento. E infatti Meliadò (che ieri La Verità ha provato a contattare senza successo) nel suo interpello ha spiegato che la Corte d’Appello era «impossibilitata a far fronte con i suoi attuali organici a queste nuove competenze che determinano una vera e propria situazione di emergenza per l’ufficio». Il problema, tuttavia, non è l’identikit dei sei magistrati, quanto la modalità (seppure formalmente incontestabile) con cui sono stati applicati in blocco alla Corte d’Appello, aggirando di fatto lo spirito della riforma. Il nodo della questione da una parte sembra risiedere nella scrittura della legge, che ha consentito questa interpretazione. Meliadò, forte della sua lunga esperienza in magistratura e al Csm (fu eletto con Unicost nel 2002 mentre era giudice del lavoro della Corte d’appello di Catania, che, poi, dal 2016 ha guidato), ha individuato il varco che gli ha consentito di trasferire squadra e funzioni con un semplice atto organizzativo, rendendo inefficace l’intento riformatore del governo.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.