2023-08-12
Giro d’Italia per celebrare le Feriae Augusti
Il Ferragosto moderno è nato 2041 anni fa, quando l’imperatore Ottaviano Augusto stabilì una festa per la fine del lavoro nei campi. Dai canederli del Trentino ai geli al melone siciliani: accanto alle immancabili grigliate, ogni Regione propone le proprie tradizioni.Straziami ma di braci saziami. Mancano tre giorni a Ferragosto, il giorno più bello dell’anno per i patiti della graticola, gli amanti delle luganeghe ai ferri, i griglianti (si dice così?) duri e puri della braciola che accarezzano, come fosse la morosa, l’amato taglio bovino con un rametto di rosmarino intinto nell’evo, l’extravergine d’oliva. Ferragosto è anche un gran giorno per i bbq, i solisti del barbecue, gli yankee in salsa tartara di casa nostra. Guai mancare al sacro appuntamento con la griglia. Chi non griglia è uno sfigato. È permesso portare al pranzo di Ferragosto, riso o pasta freddi preparati il giorno prima e conservati nelle vaschette in alluminio, uova sode e torte salate. Del resto anche Pellegrino Artusi, il padre della cucina italiana, consigliava per Ferragosto «pane, prosciutto e vino» accompagnati, tutt’al più, dai primi grappoli d’uva matura o, meglio ancora, da fette di cocomero.Quello degli specialisti delle graticole è il Ferragosto gastronomico moderno. Meno male che sui fornelli italiani esiste e resiste la cucina antica, tipica, regionale e tradizionale di metà agosto. Ferragosto, gastronomicamente parlando, non ha niente da invidiare ai menu delle altre festività dell’anno. Non vanta piatti e dolci rituali come Natale e Pasqua, né i risotti, le lenticchie e gli zamponi portafortuna di Capodanno e, tanto meno, il trionfo di frittelle, galani, castagnole e pignolate del Carnevale. Però, in fatto di gusto, di bontà e di piatti tipici che più tipici non si può, si difende bene.Per sapere come mai il Ferragosto si chiama così, bisogna tornare indietro di 2041 anni, al 18 avanti Cristo. È in questa data che l’imperatore Ottaviano Augusto istituisce la festa per la conclusione del lavoro nei campi: Feriae Augusti, il riposo di Augusto. L’imperatore lo volle all’inizio del mese, ma nel nono secolo papa Nicolò I lo trasferì al 15, facendola coincidere con l’Assunzione di Maria.Ed eccoci alle tradizioni ferragostane della tavola italiana. Armati di cucchiaio, forchetta e coltello, partiamo per un giro di assaggi dalle Alpi al Canale di Sicilia per scoprire cosa offre il menu dell’Assunta. Iniziamo dalla Valle d’Aosta, dove troviamo una zuppa a base di pane, fontina e brodo di carne: la seupa a la Vapelenentse. Il nome deriva da Valpelline, paesotto adagiato in una conca delle Alpi Graie. Ingrediente particolarmente importante nella preparazione della seupa è il cavolo verza. In Trentino e in Alto Adige non possono mancare i classici canederli, polpettoni di pane e speck serviti in brodo o asciutti. Il Ferragosto ligure pretende la capponadda del marinaio, un’insalata fresca di tonno, acciughe, olive e pomidoro, ma con un tocco magico: se si vuole fare l’autentica capponadda, bisogna aggiungere agli altri ingredienti le gallette che un tempo i marinai ammorbidivano usando l’acqua di mare. Adesso è concesso ammollarle con acqua e aceto. Rimaniamo in Liguria per assaggiare un altro piatto tipico di metà agosto, il minestrone di verdure con pesto e scucuzzun, una pasta artigianale a cilindretti che ricorda il cous cous. Servito caldo, il minestrone sembra far a pugni con la temperatura stagionale che consiglia piatti freddi. Invece no, basta lasciarlo intiepidire che, oltre a dimostrarsi quel gran piatto che è, dopo qualche cucchiaiata attenua il caldo e calma la sete.Anche in Lombardia Ferragosto presenta un minestrone di verdure. È il fratello di quello invernale, solo che, al posto della pasta, viene usato il riso e il piatto viene servito freddo. A Grazie, bellissimo borgo in riva al Mincio alle porte di Mantova, il Ferragosto profuma di cotechino. Per l’Assunta convergono a Grazie madonnari da tutto il mondo e migliaia di persone dalle Province e dalle Regioni vicine. Tre gli appuntamenti da non perdere: la messa nel trecentesco santuario della Beata Vergine delle Grazie, fatto erigere dai Gonzaga; la passeggiata tra le opere d’arte sacra che i madonnari realizzano con i gessetti colorati sul selciato della grande piazza del santuario; il mega panino imbottito di cotechino che Claudio Somenzi vende al banchetto sulla strada dirimpetto al santuario.Venezia, dopo il successo della festa del Redentore, richiama in servizio le Sarde in saór che in estate fanno sempre la loro bella figura. A Povegliano, in provincia di Verona, si festeggia il Ferragosto nell’area del santuario della Madonna dell’uva secca con un menu alquanto singolare che attira golosi e curiosi da tutto il territorio: Sate de galina lesse o in brodo. Le sate sono le zampe del volatile che le signore di Povegliano puliscono e pelano nei giorni precedenti la sagra.In Friuli si fa festa con i cjarsons, sorta di tortelloni imbottiti con un impasto nel quale si mescolano una ventina di ingredienti: erbe selvatiche, frutti, funghi, ortiche, erba cipollina, buon enrico, rabarbaro, maggiorana, menta, verdure aromatiche, patate, ortaggi, pere, mele, susine, prugne. E spezie: cannella, noce moscata, zenzero, pepe, chiodi di garofano, dragoncello, timo, zafferano.L’Italia centrale offre piatti ricchi di sapori a Ferragosto. L’Umbria mette in tavola gli gnocchi al sugo di papera, le Marche l’oca arrosto. La Toscana, fedele al detto «Per ferragosto piccioni e anatre arrosto», prepara il piccione arrosto, un’usanza che, secondo alcuni studiosi della gastronomia, risale all’Alto Medioevo. Tradizionale del Lazio è il piatto di fettuccine accompagnate con i fegatelli, ma anche il pollo in umido con peperoni è assai tipico. L’abbinamento col vino è d’obbligo: vino dei Castelli. Il menu ferragostano campano si presenta con piatti fantastici. Come gli zitoni con capperi e pomodorini della Costiera amalfitana. Napoli sforna la frittata di maccheroni per recuperare la pasta avanzata da altre abbuffate. Volatile anche in Puglia: il galletto ripieno con pane raffermo ed erbe varie.I dolci. A Ferragosto il Piemonte propone le margheritine di Stresa. La storia è carina: questi biscotti fatti con tuorlo d’uovo, farina, burro, vaniglia e buccia di limone sono griffati. Li creò il pasticcere Pietro Antonio Bolongaro nel 1857 per la prima comunione della principessa Margherita di Savoia alla quale piacquero a tal punto che, quando anni dopo divenne regina a fianco di Umberto I, li adottò come dessert fisso di ogni fine banchetto imbandito a Ferragosto nella reggia. Dal banchetto reale alla tradizione popolare il passo fu breve.In Toscana, a Prato, il Ferragosto si concentra in piazza del Comune dove c’è la fontana del Bacchino. È proprio nell’acqua fresca della fontana che vengono poste decine e decine di cocomeri che poi vengono affettati e offerti a tutti, pratesi e non. Umberto Mannucci, storico della città, fa risalire la festa del cocomero al generoso gesto di un pratese che regalò le due angurie che aveva messo in fresca nella fontana del Bacchino a due inglesi di passaggio. Un’usanza, quella del dono di fette di cocomero a Ferragosto, praticata anche in Bulgaria. Sempre in Toscana, a Pitigliano, Ferragosto è caratterizzato da un dolce particolare, il biscotto di mezz’agosto, che del biscotto non ha proprio niente. È un ciambellone soffice di sapore tra il dolce e l’aromatico, dovuto all’impiego di anice e vino nell’impasto.A Santa Maria Capua Vetere, a due passi dalla Reggia di Caserta, non c’è festa dell’Assunta senza i taralli di Ferragosto, ciambelline fatte con farina, uova e liquore all’anice, cotte al forno e spennellate con una glassa fatta di albume, zucchero e acqua. Straordinario il gelo di melone siciliano. È un dolce al cucchiaio adatto al caldo di Ferragosto. È a base di anguria («muluni», in siciliano), zucchero, amido per dolci, granella di pistacchio, fiori di gelsomino e gocce di cioccolato. È tutto un altro Ferragosto.
(Arma dei Carabinieri)
Questa mattina, nei comuni di Gallipoli, Nardò, Galatone, Sannicola , Seclì e presso la Casa Circondariale di Lecce, i Carabinieri del Comando Provinciale di Lecce hanno portato a termine una vasta operazione contro un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti che operava nella zona ionica del Salento. L’intervento ha mobilitato 120 militari, supportati dai comandi territoriali, dal 6° Nucleo Elicotteri di Bari Palese, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori «Puglia», dal Nucleo Cinofili di Modugno (Ba), nonché dai militari dell’11° Reggimento «Puglia».
Su disposizione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, sono state eseguite misure cautelari di cui 7 in carcere e 9 ai domiciliari su un totale di 51 indagati. Gli arrestati sono gravemente indiziati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina con armi, tentata estorsione, incendio, lesioni personali aggravate dalla deformazione dell’aspetto e altro, con l’aggravante del metodo mafioso.
Tutto è cominciato nel giugno del 2020 con l’arresto in flagranza per spaccio di stupefacenti avvenuto a Galatone di un giovane nato nel 1999. Le successive investigazioni avviate dai militari dell’Arma hanno consentito di individuare l’esistenza di due filoni parallel ed in costante contatto, che si spartivano le due principali aree di spaccio della zona ionica del Salento, suddivise tra Nardò e Gallipoli. Quello che sembrava un’attività apparentemente isolata si è rivelata ben presto la punta dell’iceberg di due strutture criminali ramificate, ben suddivise sui rispettivi territori, capaci di piazzare gradi quantitativi di droga. In particolare, l’organizzazione che operava sull’area di Nardò è risultata caratterizzata da una struttura verticistica in grado di gestire una sistematica attività di spaccio di stupefacenti aggravata dal tipico ricorso alla violenza, in perfetto stile mafioso anche mediante l’utilizzo di armi, finalizzata tanto al recupero dei crediti derivanti dalla cessione di stupefacente, quanto al controllo del territorio ed al conseguente riconoscimento del proprio potere sull’intera piazza neretina.
Sono stati alcuni episodi a destare l’attenzione degli inquirenti. Un caso eclatante è stato quando,dopo un prelievo di denaro presso un bancomat, una vittima era stata avvicinata da alcuni individui armati che, con violenza e minaccia, la costringevano a cedere il controllo della propria auto.
Durante il tragitto, la vittima veniva colpita con schiaffi e minacciata con una pistola puntata alla gamba destra e al volto, fino a essere portata in un luogo isolato, dove i malviventi la derubavano di una somma in contanti di 350 euro e delle chiavi dell’auto.
Uno degli aggressori esplodeva successivamente due colpi d’arma da fuoco in direzione della macchina, uno dei quali colpiva lo sportello dal lato del conducente.
In un'altra circostanza invece, nei pressi di un bar di Nardò, una vittima era stata aggredita da uno dei sodali in modo violento, colpendola più volte con una violenza inaudita e sproporzionata anche dopo che la stessa era caduta al suolo con calci e pugni al volto, abbandonandolo per terra e causandogli la deformazione e lo sfregio permanente del viso.
Per mesi i Carabinieri hanno seguito le tracce delle due strutture criminose, intrecciando intercettazioni, pedinamenti, osservazioni discrete e perfino ricognizioni aeree. Un lavoro paziente che ha svelato un traffico continuo di cocaina, eroina, marijuana e hashish, smerciati non solo nei centri abitati ma anche nelle località marine più frequentate della zona.
Nell’organizzazione, un ruolo di primo piano è stato rivestito anche dalle donne di famiglia. Alcune avevano ruoli centrali, come referenti sia per il rifornimento dei pusher sia per lo spaccio al dettaglio. Altre gestivano lo spaccio e lo stoccaggio della droga, controllavano gli approvvigionamenti e le consegne, alcune avvenute anche alla presenza del figlio minore di una di loro. Spesso utilizzavano automobili di terzi soggetti estranei alla compagine criminale con il compito di “apripista”, agevolando così lo spostamento dello stupefacente.
Un’altra donna vicina al capo gestiva per conto suo i contatti telefonici, organizzava gli incontri con le altre figure di spicco dell’organizzazione e svolgeva, di fatto, il ruolo di “telefonista”. In tali circostanze, adottava cautele particolari al fine di eludere il controllo delle forze dell’ordine, come l’utilizzo di chat dedicate create su piattaforme multimediali di difficile intercettazione (WhatsApp e Telegram).
Nell’azione delle due strutture è stato determinante l’uso della tecnologia e l’ampio ricorso ai sistemi di messaggistica istantanea da parte dei fruitori finali, che contattavano i loro pusher di riferimento per ordinare le dosi. In alcuni casi gli stessi pusher, per assicurarsi della qualità del prodotto ceduto, ricontattavano i clienti per acquisire una “recensione” sullo stupefacente e quindi fidelizzare il cliente.
La droga, chiamata in codice con diversi appellativi che ricordavano cibi o bevande (come ad es. “birra” o “pane fatto in casa”), veniva prelevata da nascondigli sicuri e preparata in piccole dosi prima di essere smerciata ai pusher per la diffusione sul territorio. Un sistema collaudato che ha permesso alle due frange di accumulare ingenti profitti nel Salento ionico, fino all’intervento di oggi.
Il bilancio complessivo dell’operazione è eloquente: dieci arresti in flagranza, il sequestro di quantitativi di cocaina, eroina, hashish e marijuana, che avrebbero potuto inondare il territorio con quasi 5.000 dosi da piazzare al dettaglio.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce ha ritenuto gravi gli elementi investigativi acquisiti dai Carabinieri della Compagnia di Gallipoli, ha condiviso l’impostazione accusatoria della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, emettendo dunque l’ordinanza di custodia cautelare a cui il Comando Provinciale Carabinieri di Lecce ha dato esecuzione nella mattinata di oggi.
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