2024-06-10
Giovanni Primo Quagliano: «L’auto ha un futuro anche qui in Italia e non è solo elettrico»
Il presidente del centro studi Promotor: «Che i giovani non siano più interessati a guidare è un’idiozia da ambientalisti fideistici».Sa tutto sul mercato dell’auto e ha fatto della statistica un evento: la insegna all’Università di Bologna, con Econometrica l’ha fatta diventare la misura della contemporaneità e con il centro studi Promotor ha messo i dati al servizio della mobilità. Giovanni Primo Quagliano ha accompagnato il boom dell’auto con la sua saggia capacità d’indagine e oggi, dopo i fasti del Motor Show di Bologna, dopo gli anni in cui i saloni di Torino e di Ginevra (ora emigrato definitivamente in Qatar) imponevano uno stile e le scelte industriali al mondo, osserva l’orizzonte elettrico. Un orizzonte pieno di scintille e fulmini se si guarda alle polemiche di questi giorni sugli incentivi.Professore, lei da molti anni monitora il mercato dell’auto con Promotor: c’è un’anomalia negli ultimi due anni nella domanda?«Sì, c’è una grossa anomalia ed è iniziata con la pandemia e tutti gli altri eventi negativi che l’hanno seguita: dal ritorno dell’inflazione alla crisi dell’economia, alla guerra in Ucraina, alla guerra in Palestina. Per il mercato dell’auto dell’Italia e della Ue l’impatto sulla domanda è stato disastroso e decisamente peggiore di quello sull’intera economia. I Pil dell’Unione e dell’Italia hanno recuperato abbastanza rapidamente i livelli ante-crisi mentre il mercato dell’auto nei primi quattro mesi del 2024 accusa ancora un calo sui corrispondenti livelli ante-crisi del 2019 del 18,5% per l’Unione e del 17,7% per l’Italia».L’annuncio della Ue dello stop ai motori endotermici nel 2035 ha condizionato il mercato?«Certamente e in maniera molto significativa. I produttori europei in vista della transizione energetica hanno dovuto puntare molto sull’auto elettrica e il costo e l’ingombro delle batterie hanno fatto sì che privilegiassero le produzioni destinate ad acquirenti con disponibilità economiche medio-alte o alte, aprendo così spazi importanti per l’importazione in Europa di auto cinesi destinate alle masse. Le case auto europee sono riuscite comunque a far quadrare i loro conti utilizzando la leva dei prezzi, ma l’impatto della penetrazione cinese sui nostri mercati ha indubbiamente conseguenze negative».Gli incentivi concessi ora dal governo sono stati bruciati sulle auto elettriche, meno attenzione è stata rivolta alle ibride. Perché?«Ci sono diverse anomalie nella reazione del mercato agli incentivi diventati operativi dal 3 giugno. Il primo è sicuramente l’esaurimento a tempo di record dello stanziamento per le auto elettriche. Non era mai successo in passato, anzi, in tutte le precedenti esperienze gli stanziamenti per le elettriche erano risultati esuberanti. Il boom dal 3 giugno per la prenotazione degli incentivi per le auto elettriche a mio avviso è dovuto soprattutto all’entità dell’incentivo che arriva fino a 13.750 euro, più della metà del prezzo delle elettriche più economiche. C’è però un aspetto da chiarire. Gli incentivi definitivi per le elettriche riguardavano in effetti tutte le vetture con emissioni da 0 a 20 grammi di CO2 al chilometro. Fino a qualche tempo fa in questa classe vi erano solo le auto elettriche, che hanno emissioni zero, ma recentemente sono state lanciate alcune vetture ibride plug-in che hanno emissioni di 19 grammi di CO2 al chilometro e che quindi rientrano nella classe in cui fino a poco tempo fa vi erano solo le elettriche. Per capire cosa è effettivamente successo bisognerebbe che il ministero pubblicasse l’elenco dei modelli per i quali sono stati prenotati gli incentivi per le auto con emissioni di CO2 fino a 20 gr/km. La presenza di ibride plug-in in questo elenco potrebbe spiegare anche il modesto numero di prenotazioni che sono state fatte per le auto ibride (emissioni da 21 a 65 grammi di CO2 al chilometro)».I sostenitori del full electric dicono che questa risposta agli incentivi è la dimostrazione che non si torna indietro dalla batteria: è così?«Credo anch’io che dalla batteria non si torni più indietro, ma non credo che l’auto elettrica sarà l’unico tipo di auto che potrà circolare. In primo luogo perché norme talebane come quelle della Ue non sono state emanate in nessun’altra parte del mondo e in secondo luogo perché l’auto elettrica è un’eccellente soluzione, ma non per tutti, e non per tutte le esigenze».Il mercato italiano resta comunque il più «freddo» verso i veicoli elettrici. Secondo lei perché e quali sono le tendenze?«Non è il più freddo tra i mercati della Ue, ma è sicuramente tra i più freddi ed è decisamente il più freddo tra gli altri grandi mercati della Ue. La ragione secondo me è una sola: l’auto elettrica costa ancora troppo per le tasche degli italiani. Basti pensare che nel 2023 il reddito medio pro capite degli italiani è stato di 28.520 euro contro i 35.630 della Germania e i 33.290 della Francia».Si invoca soprattutto dai concessionari una seconda edizione degli incentivi. Ce li possiamo permettere? Servono davvero? Non si rischia di drogare la domanda? «Mi sembra prematuro parlarne. Gli incentivi hanno un prima e un dopo. Quando vengono annunciati bloccano il mercato, quando vengono adottati determinano delle vendite aggiuntive e quando finiscono si pagano le anticipazioni di domanda. Vediamo come andrà a finire questa volta».Più della conversione all’elettrico non sarebbe prioritario, anche per ragioni ambientali oltreché di sicurezza, un svecchiamento del parco circolante?«La conversione all’elettrico coincide con uno svecchiamento del parco circolante, ritengo però che sia opportuno dare una mano anche a chi è costretto ad utilizzare un’auto molto datata e quindi molto inquinante e poco sicura e sogna di avere una nuova auto anche non elettrica».Osservando gli andamenti di mercato l’auto sta avviandosi a diventare un prodotto maturo? «L’idiozia che riguarda i giovani che preferirebbero il tablet all’automobile circola ormai da oltre dieci anni ed è diffusa dai seguaci dell’ambientalismo fideistico che odiano l’automobile e sognano un mondo in cui tutti, compresi gli handicappati e gli anziani, vadano a piedi o al massimo in bicicletta. Gli ambientalisti fideistici, per chi non li conoscesse, sono coloro che hanno scambiato l’ambientalismo per una fede e sono pronti anche a mentire per il trionfo del loro oggetto di culto, perché per un fedele mentire per una causa giusta (o ritenuta tale) non è un peccato ma anzi una virtù. Il problema vero è che i prezzi delle automobili sono molto aumentati ed oggi è più difficile di un tempo per un giovane avere la sua prima auto. Quanto poi al fatto che l’automobile sia un prodotto maturo nulla da eccepire. L’automobile è nel pieno della sua splendida maturità (come una stupenda signora di cinquant’anni), ma questo non significa che sia un prodotto destinato ad essere sostituito da qualcos’altro. D’altra parte, se consideriamo soltanto il mercato italiano, constatiamo che dieci anni fa il parco circolante di autovetture era costituito da 36.962.934 unità e l’anno scorso si è arrivati a 40.915.229 e la crescita non è ancora finita, e ciò in un Paese come l’Italia in cui la popolazione sta calando e la motorizzazione di massa è iniziata 70 anni fa. Quindi, se si considera che in una larga parte del mondo la motorizzazione di massa è ancora lontana dal decollare, è facile immaginare che il futuro dell’auto sarà ancora lungo e felice nel pieno rispetto dell’ambiente e a beneficio anche di tutti coloro che nel mondo (ed anche in Italia) ancora sognano la loro prima auto».In Italia il governo punta a tornare a produrre un milione di pezzi all’anno, ma è possibile avendo noi di fatto un solo produttore?«Mi sembra che, oltre che legittimo, sia doveroso che il governo italiano punti ad una produzione in Italia di un milione di auto all’anno anche perché se analizziamo la serie storica della produzione vediamo che nel 1989 in Italia erano state prodotte 1.971.969 autovetture. Certo il 1989 è molto lontano, ma il governo ha gli strumenti per puntare a un primo obiettivo di un milione. Occorre vedere se il governo vorrà e saprà utilizzare questi strumenti».L’opzione tutto elettrico operata dalla Ue è pienamente giustificata o c’erano altre strade da esplorare?«L’opzione tutto elettrico non è giustificata e non è corretta perché alla politica spetta l’indicazione degli obiettivi e agli operatori economici e ai cittadini compete la loro realizzazione. In altre parole, occorre la neutralità tecnologica. La politica può stabilire che le auto non abbiano emissioni di CO2, ma l’industria deve essere libera di raggiungere questo obiettivo con qualsiasi soluzione utile. In altri termini le scelte politiche devono essere neutrali dal punto di vista tecnologico. È ben noto che per raggiungere l’obiettivo zero emissioni di CO2 non c’è solo l’auto elettrica».Il salone di Ginevra si farà ormai in Qatar. Vuol dire che l’Europa è diventata un mercato secondario?«Non mi pare affatto che l’Unione europea sia diventata un mercato secondario nonostante tutti gli sforzi compiuti dall’ambientalismo fideistico e dai suoi seguaci al governo nell’Unione europea e la riprova viene dal fatto che i cinesi intendono conquistare questo mercato». A questo proposito lei come vede l’invasione delle auto cinesi? E l’opportunità di ospitare in Italia costruttori cinesi?«Date le scelte di chi ci ha governato nella Ue, una forte presenza delle auto cinesi nel mercato europeo è inevitabile ma è molto importante che il nostro governo, come peraltro sta cercando di fare, crei le condizioni perché operatori cinesi aprano le loro fabbriche nel nostro territorio a beneficio della nostra economia e dell’occupazione dei nostri cittadini e di coloro che fuggono dalla miseria e cercano un mondo migliore in Italia».
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
Ecco #DimmiLaVerità del 12 settembre 2025. Il capogruppo del M5s in commissione Difesa, Marco Pellegrini, ci parla degli ultimi sviluppi delle guerre in corso a Gaza e in Ucraina.