Da Carrà a Sironi, passando per Fontana, Matisse, Klein e un'ampia carrellata di grandi artisti, in mostra sino al 19 marzo 2023, 200 opere che approfondiscono il tema dell’influenza di Giotto sull’arte moderna e contemporanea. Un'esposizione importante e originale, che celebra i primi vent’anni del Polo culturale di Rovereto, inaugurato il 15 dicembre 2002.
Da Carrà a Sironi, passando per Fontana, Matisse, Klein e un'ampia carrellata di grandi artisti, in mostra sino al 19 marzo 2023, 200 opere che approfondiscono il tema dell’influenza di Giotto sull’arte moderna e contemporanea. Un'esposizione importante e originale, che celebra i primi vent’anni del Polo culturale di Rovereto, inaugurato il 15 dicembre 2002.Se Cimabue - molto probabilmente il suo maestro - è stato l’ultimo, grande pittore della tradizione pittorica bizantina, Giotto di Bondone, o, più semplicemente, Giotto (1267-1337), è senza ombra di dubbio colui che per primo questa tradizione l’ha superata, sostituendo agli ori e alla staticità ieratica dell’arte figurativa medioevale l’umanità e la sensibilità delle sue figure, che vivono e si muovono in uno spazio reale. Ed è in questo senso che Giotto è il primo pittore moderno. Perché anche quando rappresenta (o forse è meglio dire «narra») le storie dei santi, lo fa come se fosse un film, frame dopo frame, sequenza dopo sequenza, senza mai perdere il contatto con la realtà e con la natura. Anzi. Accentuando questi due elementi. Non è un caso che sia proprio di Giotto il primo bacio della storia dell’arte italiana, quello fra Gioacchino e Anna, rappresentato in una delle scene della Cappella degli Scrovegni di Padova. Pittore moderno dunque, ma anche «rivoluzionario», perché con lui finisce «l’era della bidimensionalità» e nasce la prospettiva, la sua famosa «prospettiva a spina di pesce», che prevede non uno, ma diversi punti di vista da cui poter guardare l’immagine. Insomma, Giotto è un elemento cardine della storia dell’arte. Esiste un «prima» e un «dopo» Giotto. Dopo di lui tutto è cambiato ed è chiaro che un genio di tale portata abbia influenzato generazioni e generazioni di artisti, secolo dopo secolo, sino ad arrivare ai giorni nostri. Che è poi il tema della bella mostra allestita nei modernissimi spazi del MART di Rovereto, esposizione che, appunto, approfondisce l’influenza di Giotto sull’arte moderna e contemporanea.Giotto e il Novecento, la mostraUn percorso suddiviso in sette sezioni, curato da Alessandra Tiddia, che ha inizio con il capolavoro assoluto del Maestro toscano, la sopracitata Cappella degli Scrovegni di Padova - riprodotta in una grande installazione immersiva che regala allo spettatore l’inebriante sensazione di trovarsi fra i protagonisti di quell’inarrivabile ciclo di affreschi (patrimonio UNESCO) risalenti al XIV secolo - e che prosegue con una raccolta di opere di grandi autori e autrici del XX secolo, tutti accomunati dalla passione per la figura e l’arte di Giotto: da Carlo Carrà a Mario Sironi, da Gino Severini a Ubaldo Oppi, passando per Giorgio Morandi, Fausto Melotti e anche, in ambio internazionale, Henri Matisse e Yves Klein (solo per citarne alcuni…), schiere di artisti di epoche e secoli diversi videro, nella straordinaria, moderna sintesi giottesca fra plasticismo e colore, l’ispirazione e il punto di riferimento preciso per la loro arte. ... «faccio ritorno a forme primitive, concrete, mi sento un Giotto dei miei tempi », scriveva Carlo Carrà; «in Giotto il senso architettonico raggiunge spazi metafisici », faceva eco Giorgio De Chirico; « Quando vedo gli affreschi di Giotto … percepisco immediatamente il sentimento che ne emerge, perché è nelle linee, nella composizione, nel colore», dichiarava Henri Matisse, forse più di ogni altro influenzato dal celebre, corposo, intenso «blu di Giotto».Di opera in opera - in mostra ce ne sono circa 200, di cui una cinquantina proveniente dal patrimonio del MART (meravigliosa Le figlie di Loth, di Carlo Carrà, dipinto scelto come immagine guida della mostra ed opera-simbolo delle collezioni museali), mentre le altre provengono da alcune tra le più importanti collezioni pubbliche e private europee - si arriva alla fine del lungo e convolgente percorso espositivo, che si conclude con un’altra grande installazione immersiva: una stanza di puro e luminoso blu. Si tratta di un celebre lavoro dello statunitense artista contemporaneo James Turrel, maestro della luce e dei colori e studioso della percezione: attraverso la pura astrazione, l’opera richiama quella spiritualità che gli storici dell’arte e gli artisti hanno attribuito a Giotto, il genio pittorico che ha sapute rendere visibile l’invisibile e reale il trascendente.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Ridotti i paragrafi del primo documento, il resto dovrebbe essere discusso direttamente da Volodymyr Zelensky con il presidente americano Il nodo più intricato riguarda le regioni da cedere. Forse ci sarà un incontro in settimana. E l’ultimatum per giovedì potrebbe slittare.
È un ottimismo alla Giovanni Trapattoni, quello espresso ieri da Donald Trump sul processo diplomatico ucraino. «È davvero possibile che si stiano facendo grandi progressi nei colloqui di pace tra Russia e Ucraina? Non credeteci finché non li vedete, ma potrebbe succedere qualcosa di buono», ha dichiarato il presidente americano su Truth, seguendo evidentemente la logica del «non dire gatto, se non ce l’hai nel sacco». Una presa di posizione, quella dell’inquilino della Casa Bianca, arrivata dopo i recentissimi colloqui, tenutisi a Ginevra, tra il segretario di Stato americano, Marco Rubio, e la delegazione ucraina: colloqui che hanno portato a una nuova versione, definita da Washington «aggiornata e perfezionata», del piano di pace statunitense. «I rappresentanti ucraini hanno dichiarato che, sulla base delle revisioni e dei chiarimenti presentati oggi (l’altro ieri, ndr), ritengono che l’attuale bozza rifletta i loro interessi nazionali e fornisca meccanismi credibili e applicabili per salvaguardare la sicurezza dell’Ucraina sia nel breve che nel lungo termine», si legge in una dichiarazione congiunta tra Washington e Kiev, pubblicata nella serata di domenica.
Elisabetta Piccolotti (Ansa)
Sulla «famiglia nel bosco» non ci risparmiano neppure la sagra dell’ipocrisia. La deputata di Avs Elisabetta Piccolotti, coniugata Fratoianni, e l’ex presidente delle Camere penali e oggi a capo del comitato per il Sì al referendum sulla giustizia, avvocato Giandomenico Caiazza, aprendo bocca, non richiesti, sulla dolorosissima vicenda di Nathan Trevallion, di sua moglie Catherine Birmingahn e dei loro tre figli che il Tribunale dei minori dell’Aquila ha loro tolto dicono: «Non mi piace la superficialità con cui si parla dei bambini del bosco», lei; e: «In un caso come questo dovremmo metterci al riparo da speculazioni politiche e guerre ideologiche preventive», lui.
(IStock)
La valutazione attitudinale (domande di cultura generale) usata per decidere «l’idoneità» di mamma e papà viene contestata per discriminazioni e abusi, ma è stata sospesa solo per la Groenlandia. Rimane in vigore per il resto della popolazione danese.
Concita De Gregorio (Ansa)
Su «Repubblica» la De Gregorio difende la famiglia di Nathan. Ma per chi la pensa diversamente la coercizione è impietosa.







