2025-01-29
«Sono il comico numero uno in Italia. Ma nel cinema resto uno studente»
L’esponente di spicco della stand up comedy nostrana: «Mi hanno cacciato da Rai e Mediaset, per me sono due medaglie. Adesso voglio vincere un premio a Venezia. Sul set imparo da tutti, divento una spugna».Giorgio Montanini, un alieno nel mondo dello spettacolo, con la testa rivolta verso l’America, patria della stand up comedy, e il corpo ancorato a Fermo, nelle Marche, da dove si sposta solo per girare film e fare spettacoli in giro per l’Italia. Il cinema lo ha scoperto tardi, ma dopo aver vestito i panni di Oreste Dicembre in Enea di Pietro Castellitto non sembra poter fare a meno di lui. Il suo alter ego guardava l’orizzonte da un grattacielo, lui invece ha cominciato dal basso.Come si diventa comici?«Non lo so! Io sono diplomato perito chimico e mi sono laureato in scienze della comunicazione». Come mai questo percorso particolare?«Se c’è una cosa che posso rimproverare a mia madre, è che io volevo fare il liceo. Mia madre invece mi diceva: “Non hai voglia di studiare. Intanto diventa perito, così un diploma ce l’hai, poi, se vuoi, farai l’università”. Mi è costato due anni di bocciature: sono perito chimico, ma non so nulla di chimica! Ancora oggi sogno l’esame di maturità: devo sostenere l’esame e se non lo passo mi tolgono la laurea… un incubo ricorrente!».Sua madre poi l’ha sostenuta nelle sue scelte?«Come attore sempre. Quasi ci credeva più di me. Quando ho cominciato a fare il comico, mi ha detto: “Lo sai che sei meglio di Benigni?”. Ogni scarrafone è bello a mamma sua! Già vedeva in me quello che io non riuscivo a vedere». Ha sempre avuto una vena comica?«Quando ho cominciato a fare l’attore, mi sono reso conto che, venendo da Fermo senza conoscere nessuno, figlio d’operai, la strada più agevole era quella del comico. Ho cominciato così e sono arrivato al cinema dieci anni dopo. Pietro Castellitto mi ha visto in televisione e mi ha scelto perché mi ha conosciuto come comico. Non sono riuscito a entrare nel cinema della porta, quindi sono entrato dalla finestra». Perché pensava fosse più facile quella strada?«La comicità è la cosa più meritocratica del mondo. Puoi essere anche raccomandato, puoi essere anche il figlio illegittimo del Papa, ma se non fai ridere, non fai ridere». Però aveva esordito con Edipo re..«Sì, con il teatro classico, ho fatto una tournée con Franco Branciaroli. Mi ha formato tantissimo, più di tanti corsi di recitazione che ho frequentato. Avevo già trent’anni, perché nelle Marche è impossibile pensare di fare l’attore, nelle Marche lavori. Devi fare le scarpe oppure studiare e poi lavorare in un’azienda, se ti va bene come manager. A Roma si fa l’attore. Adesso con Internet siamo più globalizzati e anche uno di Roccaraso può pensare di mettersi in mostra». Quindi il suo destino era segnato?«Infatti all’università ho studiato marketing e impresa, proprio per diventare un manager. Poi mi sono reso conto quanto odiassi quel tipo di mondo». Com’è stato scelto da Branciaroli?«È stato il mio primo provino. Mi sono presentato e mi ha preso. È stato incredibile, non ci credevo. Il maestro che mi ha preparato ha fatto il provino pure lui, ma è stato scartato. Ho fatto due anni di improvvisazione teatrale con un gruppo di Firenze in giro per l’Italia e in varie parti d’Europa, dove sopperivo alla lingua con la mimica. Poi ho cominciato a fare i primi sketch comici». Ha cominciato a partecipare a importanti trasmissioni televisive…«È rimasta solamente La7 che non mi ha cacciato! Me la tengo buona per la pensione!».È un titolo di merito?«Ora mi sono un po’ invecchiato e mi sono rotto di litigare. Prima per me era molto importante non arretrare neanche un centimetro. Era un titolo di merito nel senso che era importante imporre quel tipo di comicità e non cedere. Adesso se mi chiamano dico di no direttamente, non mi va di andare a fare la guerra. Ormai fanno tutti la stand-up comedy in Italia, a parte tre-quattro dinosauri del cabaret che sono rimasti. A mio tempo ero uno dei pochi a fare quel tipo di comicità».A chi si ispirava?«Ai comici americani, Lenny Bruce e Bill Hicks soprattutto, le colonne portanti della comicità americana. La televisione è stata una bella sfida, il direttore di Rai 3 di allora, Andrea Vianello, mi diede fiducia: era la mia prima esperienza, mi diede la trasmissione in mano, Nemico pubblico, e si fidò ciecamente. Tutti volevano che ci fosse uno studio vero e lanciassi monologhi. Io invece dissi: “Bisogna cambiare stile e velocizzare”. È stato un grande successo, poi è cambiato il direttore di rete, è cambiato il panorama politico ed è cambiata la musica». Ha notato differenze a lavorare in Rai e Mediaset?«Rai e Mediaset sono simili: devi avere un direttore e un capostruttura che puntano su di te, perché io mi assumo la responsabilità artistica, ma ci deve essere dietro chi si assume la responsabilità editoriale. In questo Paese di vigliacchi, a parte Vianello, che è stato un grande direttore, quando sono andato a Mediaset (Pregiudizio universale e Diritto e rovescio, ndr) o in Rai (Nemico - Nessuno escluso, ndr) i direttori avevano paura di me. Io stavo in prima linea a prendermi le fucilate sul petto, mentre loro non avevano nemmeno la forza di difendere quello che avevano fatto. Provo più pena che rabbia per loro». Il comico è destinato sempre a rimanere da solo…«Penso di sì e penso che sia giusto così. ll comico, soprattutto satirico, deve essere sempre in qualche modo avversato da chi detiene il potere. La satira deve rimanere sottocutanea. Non sopporto quelli che la celebrano: se celebri la satira, la uccidi! Io non mi sono mai lamentato, non sono mai andato a dire, come certi colleghi: “Mi hanno censurato”. Non ho mai piegato la testa alle imposizioni, piuttosto mi cacciavano o me ne andavo io, e questo per me è stato sempre un motivo di vanto». Tornerebbe in televisione?«No. Adesso giro tre-quattro film l’anno, faccio una tournée da cinquanta date, che me ne frega della televisione? Non è più il miraggio di prima. Se mi chiamassero, dovrebbero stare alle mie regole».Preferisce continuare a esibirsi davanti al pubblico?«Quella è la parte più importante del comico. Però si possono trovare anche altre forme espressive: mi piace molto il cinema perché l’attore è un mezzo per il regista, come la chitarra per il chitarrista. Penso che potrei intraprendere un percorso con un film mio». Esordire alla regia…«Nella mia vita ho rinnovato i miei sogni almeno quindici volte. Si sono rinnovati perché li ho sempre raggiunti. Potrei sognare una vita dietro la macchina da presa e vivere uno stress diverso. Quando sei in tournée, c’è uno stress tutte le sere, nel cinema c’è molto più tempo per gestirlo. È uno stress diluito e poi, quando l’opera è finita, te la puoi godere». Vive ancora a Fermo?«Orgogliosamente. Mi piace perché così sento pochissimo le pressioni».Cosa dicono i suoi concittadini? «Ci tengono molto a farmi stare tranquillo, a far finta che non ho fatto niente. È un modo per sminuirti. La provincia tende a essere sempre un po’ ostile nei confronti di chi è uscito fuori. Io rimango qui e metto in evidenza il loro complesso di inferiorità».La incontrano la mattina al bar?«Tutte le mattine! A volte anche il pomeriggio quando porto i miei figli a fare merenda. Sono rimasto la stessa persona di prima: sono contento di aver mantenuto i rapporti con i miei amici di trentacinque anni fa». Il cinema italiano non tende ad assorbirla con le sue cerimonie, premiazioni, feste?«Quando faccio un film, giro e poi torno a casa. Non ho mai partecipato a una festa di fine produzione o una conferenza stampa, mai! Non ci vado. Mi piace solo andare al Festival di Venezia, dove sono stato presente con tre film, I predatori e Enea di Pietro Castellitto e Nonostante di Valerio Mastandrea, che tra poco uscirà nelle sale. Se mi avessero detto: “Parteciperai a Venezia con un film come attore”, avrei risposto: “Sei un ubriacone”. Era inimmaginabile. Mi piace perché Venezia è il tempio del cinema, uno dei festival più importanti al mondo».Il sogno attuale è andare a Cannes?«Il sogno è vincere l’Oscar! È il sogno che mi porterò nella tomba. Il prossimo sogno è vincere il David di Donatello in qualsiasi categoria, anche come interprete femminile, quello che vi pare! Ero quasi riuscito con I predatori ad avere la nomination».I predatori è il film che le ha conferito la statura del vero attore.«Merito di Pietro Castellitto che ci ha creduto, lo devo sempre ringraziare. Era un personaggio lontanissimo da me. Gli ho detto: “Se tu ci credi, io provo a farlo”. Non credevo di essere in grado di fare una cosa del genere». Il personaggio di Enea invece?«Sono il vero villain, una di quelle persone che si ammantano di una forma benefica, ma poi in realtà sono malefici. È diametralmente opposta a quello de I predatori, che era un personaggio viscerale, impacciato, imbarazzato, in fondo un vigliacco, quello di Enea è scafato, sa vivere nell’upper class, un mostro. lo lo odiavo, speravo che morisse!».Il detenuto di Grazie ragazzi di Riccardo Milani era più empatico. «È stato più facile interpretarlo, era simpatico, più nelle mie corde. È un film amato perché evita di cadere nella retorica. Ho sempre odiato il fatto di lanciare messaggi attraverso un film. Non mi piace quando l’artista sale sul piedistallo e comincia a pontificare». Progetti futuri?«Ho girato una serie tv con Maccio Capatonda, con il quale vi sono molto divertito. È un genio, una persona fantastica».Oltre a lui, con quali collega si è trovato particolarmente bene?«Nel mondo del cinema sono stato fortunato, mi trovo benissimo. Se ho avuto qualche problema, è stato solo per colpa mia perché ho avuto un periodo destabilizzante qualche anno fa. Ho richiamato colleghi per scusarmi e ho trovato delle persone disponibilissime, che avrebbero potuto mandarmi a quel paese, invece hanno capito che non passavo un bel momento. Quando faccio il comico, lo dico senza presunzione, non posso imparare da nessuno perché sono il numero uno in Italia, sono straconvinto di questo, come attore imparo da tutti, sono una carta assorbente. Quando sono sul set, ho gli occhi sgranati come un bambino!».
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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