2024-11-11
Giorgio Cremaschi: «Landini urla, ma non contro Elkann»
Maurizio Landini e Giorgio Cremaschi (Ansa)
Parla l’anima storica della Fiom di una volta: «Rivolta sociale? Solo “sparate”, il leader Cgil non è credibile. Dovrebbe avere il coraggio di presentare il conto agli Agnelli, sono loro che hanno smantellato la Fiat».«Landini minaccia la rivolta sociale? Sono solo “sparate”. Servono i fatti. Perché non alzano la voce con Stellantis e Confindustria?». Giorgio Cremaschi, sindacalista di ferro, anima storica della Fiom di una volta, e oggi orgoglioso combattente di Potere al Popolo, sfida la Cgil sul tema caldo dell’auto. «Non sono più credibili. Le promesse contano zero, se non si ha il coraggio di rompere con gli Elkann, e costringerli a pagare il conto. Se l’Italia è maglia nera degli stipendi, sinistra e sindacati sono corresponsabili».Prima di dedicarci alle polemiche italiane, mi dia un parere sulla disfatta della sinistra americana. Trump ha sbancato nelle periferie, nelle fasce più povere, persino tra le minoranze etniche. Come se lo spiega?«Credo sia complicato, tanto per cominciare, usare il termine “sinistra”. Diciamo che il “centro” ha perso contro la destra estrema. Trump propone il ritorno al sogno americano, che per me è un’idea reazionaria: ma almeno propone qualcosa. Mentre il Partito democratico promette soltanto, scusate il termine, di restare nella merda in cui si vive oggi. Di accontentarsi. Dal mio punto di vista è ridicolo definire di sinistra Kamala Harris».Guardi che sta parlando di un personaggio per il quale il Pd italiano ha fatto il tifo fino all’ultimo…«Capisco che nella vostra dimensione politica il confronto è sempre destra-sinistra, ma non è più così da tempo. La sinistra oggi non c’è: né in Italia né negli Usa. Cerco una sinistra che lotti per il lavoro e per la pace, e non la trovo. In Francia e in Spagna scorgo qualcosa del genere, ma in Italia la mia linea è assolutamente minoritaria. Finché la sinistra non ritroverà sé stessa, è ovvio che la destra continuerà a vincere ovunque».Cultura woke, diritti delle donne e delle minoranze. Ha pesato, nella sconfitta di Harris, il fatto di aver puntato sulle questioni identitarie trascurando i diritti sociali?«Quelle non sono questioni identitarie, è pubblicità, è marketing. Negli Stati Uniti Trump ha ripreso i suoi voti con qualcosa in più; Harris ha perso milioni di voti, e moltissimi suoi elettori hanno disertato le urne. L’astensionismo di sinistra colpisce anche in Italia, e da questo punto di vista siamo il Paese più “americano”. Sì, l’Italia è il Paese occidentale che è regredito di più sul piano della partecipazione».I poveri ormai votano a destra e i ricchi a sinistra. Diamo per scontata questa tendenza?«I poveri in gran parte non votano. Pensano che non serva a niente. Votano le forze organizzate, i ceti medi, una parte degli operai che però sceglie la destra. Questa è la catastrofe della sedicente sinistra: ha abbandonato il popolo tra le braccia della destra».È rassegnato?«No, la considero una fase di passaggio. Finché non torna in campo il vero socialismo, le cose non cambieranno. A tal proposito distribuirò un volantino nelle fabbriche, glielo posso leggere?».Un volantino? Ai tempi dei social?«Più o meno scrivo così: “Vi ricordate quando gli operai erano comunisti? Avevano salari alti, la scala mobile, gli esami sanitari, erano una classe rispettata”. Poi gli operai hanno cominciato a votare Pd, Lega e Fdi: e ora non contano più niente».Però Maurizio Landini promette di tornare al sindacato duro e puro. Incita alla «rivolta sociale»”.«Vale per Landini come per Salvini: le sparate le fanno tutti, contano i fatti. Certo che ci vuole una rivolta sociale. Ma questo vuol dire che la Cgil deve rinnegare i suoi comportamenti degli ultimi 20 anni».Cioè?«La Cgil non ha lavorato per la rivolta sociale: semmai per la pace sociale. Non litiga più con la Confindustria, non litiga più con le aziende, firma contratti per pochi euro: al massimo litiga soltanto con il governo, in termini più di immagine che di sostanza. Dunque non è credibile». Perché la Cgil si sarebbe addormentata? Mancanza di coraggio?«È una scelta politica. Quella della concertazione, che non ho mai condiviso. Noi siamo l’unico Paese occidentale nel quale i salari negli ultimi 30 anni sono calati. Dappertutto i lavoratori hanno perso terreno, ma mai come in Italia. E di questo bisogna chiedere conto non solo alla destra. Il centrosinistra e sindacati sono corresponsabili. Le peggiori leggi contro il lavoro le ha fatte il centrosinistra, con il pacchetto Treu e con il Jobs Act: leggi criminali. Il centrodestra si è trovato il lavoro già fatto.Per questo la sinistra e i sindacati non possono criticare il ceo di Stellantis, Carlos Tavares, quando chiede soldi allo Stato?«Possono criticarlo, se vogliono, ma con quale credibilità? I guai della Fiat non cominciano oggi. Qualsiasi politica sull’auto va fatta, tanto per cominciare, presentando il conto agli Agnelli, perché lo smantellamento della Fiat lo hanno voluto loro. Tavares è solo il continuatore della linea Marchionne. È per questo che John Elkann oggi è stupito di tanto clamore: “Ma come, avete portato in trionfo Marchionne, e non siete d’accordo con Tavares?”. Dal suo punto di vista, è una posizione coerente».Ma quindi come salviamo l’auto?«Per salvare il settore auto bisogna cacciarci dei soldi e fare investimenti, quelli che gli Agnelli non volevano fare da tempo. Già negli anni Novanta progettavano di mollare tutto, pensavano di fare più soldi con la Telecom e le banche. Questo disegno gli è fallito, e sono dovuti tornare all’auto, senza metterci una lira. In quel contesto, Marchionne non aveva il compito di rilanciare la Fiat, bensì di renderla appetibile ai fini della vendita. È ciò che è accaduto».Come mai Landini non dice una parola su Elkann?«Questa polemica è stata sollevata da Calenda, e non voglio andar dietro a lui. Però è vera una cosa: Landini divenne segretario della Fiom rompendo violentemente con la Fiat. Ero con lui, e subimmo la rottura sindacale, perché eravamo gli unici a dire no agli accordi firmati dalle altre sigle. Mi incazzai a morte con Bersani, allora segretario del Pd, che poneva l’aut aut: rinunciate al contratto nazionale oppure delocalizzano tutto. Insomma, c’era la Fiom contro il resto del mondo».E poi cos’è successo?«E poi dev’essere successo qualcosa. La rottura è rientrata, i rapporti si sono ammorbiditi, Landini è diventato segretario della Cgil, che è un’altra cosa. Ripeto, io ho vissuto una stagione di scelte coraggiose, che dividevano il fronte sindacale. Adesso son tutti uniti, e persino la Fiom si è accodata agli altri. Questo è stato il segno della gestione di Landini».Quindi le lotte promesse oggi sono solo fumo?«Se non rompono con Confindustria e Fiat, queste lotte non saranno mai realtà».Landini chiede anche il ripristino dei fondi per l’auto elettrica. Non è come tendere la mano a Stellantis?«Sono contrarissimo a ogni forma di finanziamento per l’elettrico. I soldi per incentivare gli investimenti non si devono concedere. O meglio: si possono concedere a due condizioni. Numero uno: gli Agnelli devono cedere una parte del pacchetto azionario, perché anche loro devono cacciare qualche soldo. Numero due: lo Stato deve controllare l’azienda con potere di veto. Se si apre una fase di controllo pubblico, come in Francia, se ne può parlare: ma dare soldi per incentivare l’acquisto di auto elettriche, per giunta fabbricate all’estero, è un ricatto da rispedire al mittente».Si attesta addirittura sulla linea confindustriale, nella sua critica all’elettrico?«Non lo nascondo. Sull’elettrico la penso come Confindustria. Persino durante il fordismo gli operai producevano macchine che potevano acquistare. Oggi producono auto elettriche che non possono permettersi. Se si vuole affrontare la riconversione dell’industria senza ritoccare i salari, si fa un gigantesco buco nell’acqua».Non pensa che dalla Cgil dovrebbe arrivare qualche sillaba in più sulle delocalizzazioni?«Certo che sì. Il punto è aprire davvero uno scontro a tutti i livelli sulle delocalizzazioni. Nella scorsa legislatura, con alcuni parlamentari 5 stelle, avevo promosso un progetto di legge in merito, scritto insieme agli operai della Gkn».E com’è finita?«Quel progetto è stato totalmente boicottato da tutte le forze politiche, nessuna esclusa. Ed è stato ignorato completamente dai sindacati. Per questo, quando oggi sento dire dal mondo sindacale che sono pronti alla protesta, io, fedele alla vecchia scuola, rispondo: “Parole a parte, in concreto cosa state facendo?”. Non hanno mai fatto una vera battaglia».Un consiglio finale per Landini?«Vuole la rivolta sociale? La faccia davvero».
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