2025-08-22
Il lodo Meloni per la difesa di Kiev: in caso di attacco, 24 ore per reagire
Il presidente-attore: «In 7-10 giorni, garanzie stile articolo 5 Nato. Poi vedrò Vladimir Putin». Secondo Bloomberg, Palazzo Chigi preme per un meccanismo di risposta rapida. Intanto gli alleati frenano sulle truppe al fronte.Volodymyr Zelensky vuol vedere cammello: prima, «entro 7-10 giorni», intende blindare le garanzie di sicurezza per l’Ucraina; dopodiché, nel giro di una o due settimane, sarebbe disponibile a incontrare Vladimir Putin. Sulle tutele che l’Occidente dovrebbe offrire a Kiev, peraltro, la Russia ha già messo i paletti. Ieri, il ministro degli Esteri di Mosca, Sergej Lavrov, ha annunciato che la proposta sarà respinta, qualora sia basata «sulla logica dell’isolamento della Russia, dell’unione del mondo occidentale con l’Ucraina al fine di continuare la politica aggressiva e di confronto, di contenimento della Federazione russa, con l’obiettivo, ovviamente, di infliggerci una sconfitta strategica». La presenza di truppe straniere sul territorio ucraino è considerata «assolutamente inaccettabile» e, in generale, qualsiasi decisione «unilaterale», presa senza il consenso del Cremlino, sarebbe, per il diplomatico, addirittura «un’impresa assolutamente disperata». Lo stesso Zelensky, d’altronde, ha ribadito che il «quadro approssimativo» da delineare riguarda un meccanismo «simile all’articolo 5» del Trattato Nato. «Quello che abbiamo oggi», ha confermato, «è il sostegno politico a questo». Non ai contingenti nel Donbass.Dunque, sarà pur vero che non c’è incompatibilità di principio tra l’estendere la clausola di mutuo soccorso a Kiev e l’organizzare una missione di peacekeeping al fronte; al momento, però, l’unica proposta concreta sul tavolo è quella che parte dall’idea italiana. Ed è forse questo potenziale successo di Giorgia Meloni ad aver provocato qualche versamento di bile, animando una pur timida campagna stampa volta a squalificare il progetto. Anche se con ciò, per assurdo, toccasse dare ragione a Donald Trump: costui, alla vigilia del summit di giugno dell’Alleanza atlantica, sembrava aver depotenziato la portata dell’articolo 5, lasciando intendere che non esso non implica l’obbligo, per tutti i membri dell’Organizzazione, Usa in testa, di entrare in guerra al fianco di un Paese amico sotto attacco. Ieri, ad esempio, il consigliere di Zelensky, Mikhailo Podolyak, su Repubblica lamentava proprio che il sostegno bellico, modellato sull’esempio della Nato, «non sarebbe automatico».Una risposta ai dubbi è trapelata su Bloomberg: citando «persone al corrente delle decisioni», la testata ha svelato che i leader europei, su impulso della stessa Meloni, stanno discutendo una procedura che li vincolerebbe a stabilire «entro 24 ore» se fornire supporto militare all’Ucraina, in caso di attacco russo. Altre capitali premerebbero per ridurre i tempi a 12 ore, altre ancora per allungarli a 48 o 72. Mancherebbe l’automatismo vagheggiato da Podolyak, ma agli Stati serve un passaggio preliminare all’ingresso in un conflitto che avrebbe esiti potenzialmente apocalittici. Anche l’articolo 5, in fondo, pur fissando il principio per cui colpire un alleato significa colpirli tutti, prevede che si eserciti un «giudizio» sulla contromossa opportuna, laddove il ricorso alla forza viene considerato solo una delle opzioni possibili. Analogamente, la strategia allo studio per Kiev ipotizza che si metta in campo un ventaglio di soluzioni: strumenti difensivi, assistenza economica, rafforzamento dell’esercito ucraino, ulteriori sanzioni a Mosca. Bloomberg, invece, non sa «se il piano comporterebbe che singoli Paesi europei inviino truppe». È poco? Be’, l’articolo 5 della Nato, per tutta la guerra fredda, ha funzionato bene da deterrente. Diventa sempre più palese quali siano le proposte concrete e quale l’aria fritta. La verità è che soltanto la Francia ha manifestato un vero entusiasmo per la spedizione nel Donbass. Gli inglesi hanno rimarcato che non invierebbero uomini «in prima linea», senza però spiegare se li terrebbero nella parte occidentale dell’Ucraina o, addirittura, in Polonia, come magari potrebbero pretendere i russi. Non ha espresso riserve Praga, mentre la Lituania, pur dichiarandosi aperta a partecipare «nella misura consentita dal mandato del Parlamento», tramite il suo presidente, Gitanas Nauseda, ha aggiunto che è «troppo presto per parlarne», che la coalizione dei volenterosi non ha trovato una quadra e che, comunque, i continenti partirebbero «solo se la pace fosse garantita». Cauta pure la Turchia: «È necessario prima raggiungere un cessate il fuoco», ha commentato l’Ammiraglio di brigata Zeki Aktürk, «poi definire chiaramente il mandato della missione e determinare i contributi dei vari Paesi. Fare valutazioni su ipotesi non ancora concretizzate non è corretto né sano». In Germania si moltiplicano le proteste di Afd e persino il cancelliere, Friedrich Merz, si è rimesso al Bundestag, mentre il suo ministro degli Esteri, Johann Wadephul, ha definito «troppo onerosa» l’iniziativa. Ieri, inoltre, l’Associazione delle forze armate tedesche ha avvisato: affinché la missione riesca, ogni nazione dovrebber schierare 10.000 uomini. Certo, a vedere il modo in cui Parigi ha reagito agli ultimi raid russi sull’Ucraina - «Dimostrano l’assenza di volontà di impegnarsi seriamente a favore della pace», ha dichiarato un portavoce del ministero degli Esteri - è legittimo domandarsi se non ci fosse un fondamento di verità nella ricostruzione di Politico. Il sito ipotizzava che gli europei abbiano semplicemente adulato Trump, convinti che Putin farà saltare il tavolo e che la guerra andrà avanti, con il placet americano. Si capirebbe perché qualcuno parla a cuor leggero di soldati da spedire nel Donbass, purché ad armistizio firmato: se le ostilità proseguissero, non bisognerebbe piantare nemmeno mezzo stivale sul terreno. E si potrebbe continuare a combattere fino all’ultimo ucraino.
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Nel libro postumo Nobody’s Girl, Virginia Giuffre descrive la rete di abusi orchestrata da Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell e ripercorre gli incontri sessuali con il principe Andrea, confermando accuse già oggetto di cause e accordi extragiudiziali.