2023-07-28
Giorgetti infila il canone Rai in tutti i cellulari
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Aperto un tavolo al Mef sul futuro del balzello, ora inserito in bolletta: potrebbe essere legato al possesso di uno smartphone. Sulla carta promessi sconti, ma in media ogni maggiorenne possiede 2,2 schede attive. Ecco i pericoli fiscali della digitalizzazione.Una cosa è certa. Di privatizzazione la Rai proprio non si parla. Al contrario il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha abbracciato il concetto di trasfusione. Dal «basta canone in bolletta» all’idea progressiva di infilarlo nei nostri cellulari. Una bomba, anche se ancora non sembra innescata. «Ci sono allo studio varie ipotesi di riforma del canone, che si differenziano anche in base all’orizzonte temporale», ha detto Giorgetti, nel corso dell’audizione in commissione di Vigilanza Rai sulla schema di contratto di servizio, aggiungendo che per «definire meglio le ipotesi di riforma e il perimetro del servizio pubblico è stato convocato uno specifico tavolo presso il Mef, in un’ottica di breve periodo». Semplificando, l’idea del Mef potrebbe essere quella di diluire gli interventi in almeno tre momenti. Garantendo l’attuale livello di finanziamento pubblico, ha precisato il ministro, «una delle ipotesi di riforma prevede lo scorporo dal canone della quota destinata agli investimenti sostenuti dalla Rai per ottimizzare la capacità trasmissiva. Tale quota, che ammonta a circa 300 milioni di euro all’anno, potrebbe essere posta a carico della fiscalità generale con un graduale calo del canone annuo». Ovviamente non è un regalo. Ciò che diminuisce da un lato (la bolletta elettrica) aumenta dall’altro (le imposte). Scorporate le voci si potrà definire il contratto di servizio andando a definire le diverse voci e i capitoli di spesa. A quel punto sarà commissionato uno studio e valutata anche l’ipotesi dell’addio al digitale terrestre e quindi un vero passaggio per il mercato televisivo tricolore al digitale. La presenza di Silvio Berlusconi ha implicitamente rallentato alcuni passaggi dall’analogico al digitale nel nostro Paese. Altrove la transizione è stata più rapida. Da noi ancora deve fare numerosi passaggi. Ma appare certo che entro pochi anni si consumerà una sorta di passaggio generazionale. E qui entra in ballo il terzo capitolo dell’intervento sulla Rai. Considerando «un’ottica di ampio periodo», ha proseguito Giorgetti, si potrebbe valutare «la possibilità di legare il pagamento del canone televisivo al possesso di uno smartphone, in considerazione delle nuovo modalità di fruizione dei contenuti della Rai». E - aggiungiamo noi - di tutti i broadcast operanti sul mercato. Per la riforma del canone, ha aggiunto, «ci si deve interrogare sul presupposto dell’imposta, che attualmente è legato al possesso di un apparecchio televisivo in presenza di un contratto di energia. Ma le nuove modalità di trasmissione e di sviluppo di piattaforme multimediali come Raiplay consentono di accedere ai contenuti della Rai utilizzando diversi device, come smartphone e tablet. Qualora quindi il presupposto dell’imposta dovesse essere il possesso di una utenza telefonica mobile, l’ampliamento della platea comporterebbe la riduzione del canone pro capite». Elementare, Watson! D’altronde il ministro per rafforzare la propria tesi ricorda: «Basti pensare che oggi il canone risulta pagato da 21 milioni di soggetti mentre le utenze telefoniche attive sono circa 107 milioni». Certo. Peccato che gli italiani maggiorenni sono poco più di 48 milioni significa che ciascuno ha 2,2 sim attive a testa. Spesso in molte famiglie ci sono anche 5/6 sim attive. Ne consegue che sarà facile ridurre il prelievo sul singolo, ma è forte il rischio che sul nucleo familiare ci sia un aggravio maggiore. E fin qui ci siamo soffermati sul mero calcolo delle frazioni. Poi c’è un tema molto più ampio. Il concetto stesso di servizio di informazione digitale. Per anni abbiamo discusso dell’invasività delle grandi aziende della Silicon Valley. Sempre pronte a rubarci i dati. Il famoso motto: «Se il servizio è gratis, il prodotto sei tu». Abbiamo quindi discusso di enormi problemi legati alla privacy. Mesi e mesi per mettere a terra normative di tutela come la Gdpr europea. Vincoli su vincoli per tutelare i cittadini consumatori. Poi è arrivato lo Stato che, su suggerimento dell’Europa, ha capito quali siano i vantaggi della digitalizzazione. Così, grazie alla pandemia e all’applicazione massiva del green pass, si è spinto il piede sull’acceleratore. Lo Stato ha capito che tramite la tecnologia può controllare i cittadini. Ovviamente lo fa secondo il criterio della lotta all’evasione. Criterio sulla carta sacrosanto. Ma nella pratica pericolosissimo. Il cittadino da un lato non potrà più evadere (vedi il canone tv), ma non potrà più sottrarsi dalle decisioni unilaterali. Perché imporre l’obbligo di tv pubblica prelevando alla fonte tramite sim? A quel punto i cittadini vorrebbero essere liberi. Vorrebbero poter scegliere tra pagare il contenuto, il cosiddetto paywall, oppure non cliccare e non guardare la Rai. Se chi governa comincia a scoprire quanto sia facile usare la tecnologia per imporre tasse e balzelli rischiamo di rimpiangere gli anni in cui i complottisti temevano le big tech della Silicon Valley. Con ciò non vogliamo negare che il futuro della televisione sarà tutto sui telefoni e sui tablet, ma l’evoluzione non può significare solo nuovi modi per imporre vecchi palinsesti.
Jose Mourinho (Getty Images)