2021-04-02
Gioco sporco del Pd contro la Lega
Dallo ius soli alle cartelle esattoriali, dal lockdown alla legge bavaglio Zan, Enrico Letta non perde l'occasione per provocare l'«alleato» di governo allo scopo di farlo tornare all'opposizione. Ma il bersaglio vero è Mario Draghi, al quale vuole sbarrare la strada per il Colle. Forse qualcuno dovrebbe avvisare Enrico Letta. Da qualche settimana a questa parte il nuovo segretario del Pd è convinto di essere Amanda Gorman, ma in realtà ogni giorno che passa assomiglia di più a Laura Boldrini. Non litiga con le colf e gli assistenti, questo no. In compenso maltratta qualche sottoposto nella gerarchia di partito. E, soprattutto, sembra in preda a un'ossessione dirittista senza precedenti. Prima ha rilanciato la cittadinanza facile per i giovani stranieri. Poi ha chiesto il voto per i sedicenni. Quindi si è concentrato sulla parità dei sessi provocando un putiferio fra i suoi (un capolavoro: donne che si accapigliavano in nome dei diritti delle donne). Non pago, se l'è presa con i «maschi-bianchi-cinquantenni», che ricordano i «maschi-bianchi-morti» con cui se la prendevano decenni fa i primi fautori del politicamente corretto negli Stati Uniti. Capite bene che al dolce Enrico dev'essere successo qualcosa: l'abbiamo lasciato democristiano, lo ritroviamo boldriniano. Ieri ha persino incontrato Nicola Fratoianni di Sinistra italiana, e si sono confrontati su «idee nuove e scelte radicali e coraggiose». Da non credere: qui siamo davanti a una vera e propria transizione di genere. Chissà, forse è per questo che a Letta sta così tanto a cuore il ddl Zan «contro l'omotransfobia». Già: il nostro ha trovato il tempo pure per alzare il vessillo arcobaleno. Ed è proprio su questo terreno che ha sferrato l'ennesimo attacco a Matteo Salvini. Mercoledì sera ha pubblicato un tweet velenoso: «Opporsi alla calendarizzazione del ddl Zan contro l'omotransfobia, ecco lo spirito europeo della Lega». La differenza d'atteggiamento salta all'occhio. Da una parte, Letta incontra cordialmente Giorgia Meloni, cioè il capo dell'opposizione. Galateo istituzionale, certo. E forse anche un giusto segno di rispetto verso un partito, Fratelli d'Italia, che ormai ha raggiunto percentuali di consenso molto vicine a quelle del Pd (cosa che, almeno in teoria, dovrebbe spingere Enrico a farsi due domande sulla sua linea). Dall'altra parte, tuttavia, il neosegretario non perde occasione per infierire sui leghisti, i quali, fino a prova contraria - fanno parte della sua maggioranza di governo. Sembra quasi che Letta si sia dimenticato dello spettacolo pietoso offerto dalle forze di sinistra fino a poche settimane fa. Giusto per rimettere ordine fra i ricordi: il Partito democratico non è l'azionista di maggioranza del governo. Si crede di esserlo solo perché il Movimento 5 stelle si è vaporizzato, e non offre che pochi e blandi segni di vita. L'assembramento giallorosso che sosteneva Giuseppe Conte - e di cui il Pd si è fatto orgoglioso promotore al fine di tornare al potere pur non avendo i voti necessari e nemmeno i numeri in Parlamento - è miseramente franato su iniziativa di Italia viva. Significa che, senza Lega e Forza Italia, l'avventura di Mario Draghi a Palazzo Chigi non solo non sarebbe mai cominciata, ma potrebbe pure rischiare di incartarsi abbastanza celermente. Ecco, sembra che a Letta di tutto ciò non importi assolutamente nulla. Si potrebbe obiettare che anche la Lega, ai tempi dell'esecutivo gialloblù (Conte 1), prese in mano il timone e dettò la linea su molti temi sensibili, costringendo i grillini a recedere. Ma rispetto alla situazione attuale ci sono alcune differenze. Intanto, Salvini e Luigi Di Maio avevano siglato un contratto di governo, e avevano in qualche modo delimitato i propri ambiti di azione. Inoltre, non risulta che i leghisti esibissero lo stesso disprezzo e la stessa (presunta) superiorità morale che il Pd ora sparge a piene mani. Letta, infatti, non si limita a tenere il punto su questioni che gli stanno a cuore, cosa che sarebbe legittima: egli mostra di volere segnare e approfondire il solco fra buoni e cattivi. Insiste a porre questioni politiche come se fossero questioni morali, e se ne serve per denigrare gli alleati (sarà pure dettata da circostanze straordinarie, ma sempre di un'alleanza parliamo). Una volta è Salvini che tiene in ostaggio il governo sui sostegni; un'altra volta è la Lega becera che non vuole il ddl Zan; un'altra volta ancora sono i leghisti che devono «giustificare» il sostegno a Draghi su cui il Pd ha posto la bandierina. Alle intemerate del battagliero Enrico Boldrini, la Lega non ha finora risposto per le rime. Non cerca la spaccatura continua, la lite continua. Non ha digrignato i denti sui migranti; non ha nemmeno acceso le torce per il ddl Zan, mantenendo toni bassi; ha strappato un contentino sulle chiusure senza chiudersi in trincea. Dunque che intende fare Letta? Insistere fino all'esasperazione? Tentare di provocare i compagni di viaggio - graditi o meno che siano - per favorire l'implosione? La sensazione è Enrichetto sia orientato in questa direzione, alla faccia degli appelli di Sergio Mattarella alla concordia nazionale. Mettere i leghisti alle strette serve al capoccia piddino a rafforzare per contrasto la propria identità. Ma è anche un gioco allo sfinimento: se la Lega cede sottraendosi all'alleanza, viene esclusa dal novero dei «presentabili» con voce in capitolo sulla scelta del prossimo presidente della Repubblica; se resiste e prosegue a incassare, si logora. In entrambi gli scenari, Letta ci guadagna. Intanto, onde alimentare la confusione tra generi di cui pare essere preda, ieri il segretario ha mostrato di avere un umorismo tutto suo e ha pubblicato una foto che lo ritrae al fianco di Arnold Schwarzenegger: «Oggi, primo aprile, riunita la segreteria Pd. Ho nominato il mio incaricato speciale per i rapporti con le correnti». Matte risate, di sicuro. Ma, di nuovo, pure qualche punto politico: l'approccio da Terminator celato sotto la vernice boldriniana, se applicato all'interno del partito, può produrre tanti malumori ma pochi effetti sul futuro della nazione. Utilizzato su larga scala, invece, può causare molti più danni. Se però l'obiettivo di Letta è quello di sabotare la maggioranza onde avvantaggiarsi nella corsa al Colle, allora lo Schwarzenegger spaccatutto da film è un buon modello (a noi pareva di ricordare che il bazooka fosse competenza di Draghi, non dei suoi lacchè, ma i tempi cambiano). Di sicuro, c'è almeno una pellicola del vecchio Arnold che pare perfetta per il Pd: si intitola I Mercenari. Al cinema risulta molto divertente, in politica un po' meno.
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