2024-09-07
Anche l’assessore di Beppe Sala l’ammette: Milano è il luna park dell’immobiliare
Da sinistra, l'assessore all'urbanistica della città di Milano, Giancarlo Tancredi, e il sindaco Beppe Sala (Imagoeconomica)
Dopo le inchieste che hanno bloccato per irregolarità tanti cantieri, il responsabile all’Urbanistica Giancarlo Tancredi fa un passo indietro: «Ci saranno nuove regole e cercheremo di eliminare ogni margine di discrezionalità».Dopo le 11 inchieste giudiziarie ecco il mattone su un piede. È quello di Beppe Sala, modellato dalle Church, con la calza arcobaleno che non riesce ad ammortizzare il dolore. Per la giunta rossoverde di Milano lo scandalo urbanistico costituisce il fallimento di una fantasiosa utopia (quella dell’autocertificazione) e il ritorno ad un’amara realtà: trasformare un immobile di tre piani in un palazzo di 25 senza seguire l’iter scandito dalla legge fa felici costruttori, immobiliaristi e professionisti del ramo, ma sarebbe vagamente illegale. Così il Vanity sindaco si prepara a cambiare le regole del Piano regolatore (Pgt) mettendosi in linea con le norme in vigore. Lo scandisce il suo assessore all’Urbanistica, Giancarlo Tancredi, in una bella intervista al Corriere della Sera, nella quale manda in archivio la stagione del «liberi tutti» nel luna park meneghino, ammettendo di fatto che è esistita, eccome se è esistita. Con la miracolosa capacità di trasformare nuove costruzioni in ristrutturazioni; la perdita secca in oneri di urbanizzazione sarebbe stata di oltre 1,5 miliardi da mettere a disposizione dei servizi per i cittadini. Tutto questo da parte di chi aumenta i ticket del trasporto pubblico e pianifica l’Area C anche la domenica «perché non ci sono soldi». Bastava una Scia (traduzione da geometra, autocertificazione) per veder comparire un albero di 30 piani senza scomodare Adriano Celentano. I magistrati non potevano fare a meno di vedere tutto questo e di decretarne il tramonto a colpi di avvisi di garanzia. Mentre sono cominciati i rinvii a giudizio dei funzionari del Comune per lottizzazione abusiva, abuso edilizio e abuso d’ufficio, arriva il momento della brusca frenata della politica. «Ci saranno delle regole nuove, anche se non è il Pgt che risolve le problematiche interpretative di leggi nazionali», conferma Tancredi. A chi obietta che non era necessario interpretarle in chiave impressionista, ma sarebbe bastato applicare quelle vecchie (peraltro valide per tutte le altre città), l’assessore spiega che «cercheremo di eliminare qualsiasi margine di discrezionalità. Oggi è possibile superare le regole del piano vigente con pareri e valutazioni date dalla Commissione del Paesaggio». Un approccio curioso con qualche distorsione lessicale, dove «superare» andrebbe sostituito con «violare» e dove la discussa Commissione ha avuto un ruolo così pervasivo da dover essere ridefinita. Dai pm viene ritenuta un mostro giuridico, composta anche da architetti che prima lavorano per i costruttori e poi approvano i loro progetti dentro l’istituzione. Tancredi non la eliminerà ma intende derubricarne l’impatto, come se fosse un ecomostro. «La Commissione del Paesaggio rimane solo con compiti di valutazione dell’impatto paesaggistico di un progetto e basta. Quel parere non potrà però superare e oltrepassare le regole morfologiche del Pgt, mente oggi in alcuni casi è possibile». Anche qui manca la seconda parte del ragionamento: è possibile perché l’amministrazione lo ha permesso. Ed è singolare che l’assessore tenda a trasformare il rispetto delle regole generali (da domani) in una scelta lungimirante e coraggiosa. Sono i miracoli della politica mediatica, che i pm di Milano hanno smantellato a colpi di mattone in quella che - con narrazione onirica - viene descritta come la città della gioia. Dove la presunta violazione di parecchie leggi viene definita allegramente «caos urbanistico». Undici mattonate, come i cantieri fermati dai sigilli: Hidden Garden in piazza Aspromonte, Torre Milano in via Stresa, le Park Towers di Crescenzago, opere in via Fauché, via Lamarmora, via Crema, via Anfiteatro, Bosconavigli, Giardino Segreto di via Lepontina, le Residenze Lac davanti al parco delle Cave. E l’ultimo, il più recente, un mese fa: quello dei palazzi Oro e Ambra di Lambrate Twin Palace (300.000 euro per un bilocale, 900.000 per cinque locali), complesso bloccato per verificare se sia stato progettato in violazione delle norme urbanistiche e del testo unico Edilizia, senza un piano attuativo per gli interventi più impattanti. Un’ecatombe di calcestruzzo.Mentre l’assessore Tancredi nell’intervista al Corriere della Sera non rinuncia a condividere le colpe con Roma («Restiamo in attesa di un riordino organico che in Italia è molto in ritardo»), nel luglio scorso il sindaco Sala sperava che fosse proprio il governo di centrodestra a togliergli le castagne dal fuoco con il decreto «Salva-Milano». Ma l’operazione aveva i profili del condono al cubo e Giorgia Meloni ha detto no. Da quell’impasse ecco la necessità di tornare dentro i binari antichi. «Quello che a questo punto faremo, credo che sarà riprendere in mano il Pgt e cercare di velocizzarlo, per trovare una formula che metta in sicurezza gli interessi della città e di chi costruisce», ha ipotizzato il borgomastro. Servirà un anno per costruire uno strumento nuovo, un contenitore di sogni e di realtà, con uno sguardo al futuro (parchi, sovrappassi trasformati in aree green) e i piedi piantati per terra (parcheggi e case popolari). Dove le parole «superare» e «violare» non hanno lo stesso significato.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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