2020-10-11
Giallorossi ko davanti alla seconda ondata
La fila davanti all'ospedale di San Giovanni a Roma per effettuare il tampone (Ansa)
Dopo mesi di proclami e falsi allarmi, il Conte bis si fa trovare impreparato. Mancano i posti letto, per le mascherine dipendiamo ancora dall'estero e fare un tampone è un'impresa. Senza dimenticare le mancate assunzioni, il flop di Immuni e quello dei banchi.Errare è umano, perseverare è Giuseppe Conte. La seconda ondata del virus sembra ormai arrivata anche in Italia, ma rispetto a otto mesi fa, quando l'effetto sorpresa poteva giustificare approssimazione, lacune e carenze, oggi come oggi il governo non ha nessuna scusante per la situazione di totale impreparazione nella quale si trova a brancolare senza aver risolto nessuno dei problemi che si presentarono lo scorso febbraio. Un dato importantissimo è quello relativo ai posti di terapia intensiva occupati rispetto a quelli liberi. «Non siamo ancora in una situazione di stress», avverte Davide Giacalone della Fondazione Einaudi, «ma le terapie intensive iniziano a essere sotto pressione». La dotazione di partenza, prima dell'emergenza, era di 5.404 posti letto, tra pubblico e privato. Bene (anzi molto male): al di là degli sforzi delle singole Regioni, che sono riuscite a recuperare circa 2.300 nuovi posti letto in terapia intensiva, dal governo sono arrivate solo promesse. Eppure, lo scorso maggio il governo ha stanziato poco più di 1 miliardo di euro per realizzare 3.500 nuovi posti letto di terapia intensiva e 4.200 di terapia sub intensiva. Fino a oggi, non se ne è visto neanche uno, e non poteva essere altrimenti, visto che il bando è stato pubblicato pochi giorni fa. «A fine ottobre», ha detto al Sole 24 Ore il commissario Domenico Arcuri, «sottoscriveremo i contratti e partiranno i lavori». E fino a oggi, visto che la seconda ondata era ampiamente prevista, che ha fatto il governo? Niente. Passiamo alle mascherine: tutti ricordiamo il caos totale che caratterizzò la prima ondata. I dispositivi di protezione (compresi guanti e camici) erano introvabili, perfino i medici ne erano privi, per non parlare dei cittadini. La produzione in Italia era sparita, a causa della concorrenza del mercato cinese, e da Pechino era difficilissimo importare i dispositivi di protezione individuale necessari alla bisogna, con tutto il mondo alla ricerca di mascherine. Il governo promise una riconversione delle aziende italiane per diventare autosufficienti, ma basta consultare i dati ufficiali per verificare come siamo in realtà ancora quasi totalmente dipendenti dalle importazioni: dall'estero ne arrivano circa 100 milioni a settimana, che in un anno fa 5 miliardi di pezzi. «Le carenze che c'erano all'inizio dell'emergenza», ha sottolineato a Fanpage.it Silvestro Scotti, segretario generale della Fimmg, la Federazione italiana medici di famiglia, «la consegna dei dispositivi di protezione individuale, nonostante una legge dello Stato, non è attivata in maniera consona ai fabbisogni e in molte parti d'Italia è completamente disattesa».Tutti noi abbiamo impresse nella memoria le immagini di medici, infermieri e operatori sanitari distrutti da turni infiniti, durante la prima ondata. Uno sforzo immane, che avrebbe potuto (dovuto) suggerire al governo di assumere quanto più personale possibile, in vista di un autunno che tutti prevedevano difficile. Invece, siamo ancora nei guai: «Da un punto di vista delle risorse», ha denunciato pochi giorni fa, a Radio Cusano Campus, il segretario nazionale della Fp Cgil medici, Andrea Filippi, «siamo purtroppo al punto di partenza, assunzioni non se ne sono viste, la carenza di medici specialisti rimane sempre la stessa. Le soluzioni, al di là del mettere a lavorare gli specializzandi, ancora non sono state individuate. Le carenze sono evidenti sia sul fronte degli infermieri che dei medici». Parliamo dei tamponi, che secondo la totalità degli esperti rappresentano il mezzo di contrasto più efficace al dilagare dell'epidemia. Con otto mesi di tempo a disposizione per potenziare il servizio, assistiamo ancora a scene come quelle che si sono verificate a Roma e a Napoli, con intere famiglie costrette addirittura a trascorrere la notte in auto in attesa dell'agognato test. Non solo: i ritardi nell'effettuazione dei tamponi hanno ripercussioni molto pesanti sulla scuola, con docenti, studenti e personale costretti ad assentarsi in attesa del responso o, peggio ancora, ad andare al lavoro pur essendo stati a contatto con positivi, poiché le Asl non forniscono in tempi stretti i risultati dei test. A proposito di scuola: i banchi promessi da Arcuri sono stati consegnati solo in minima parte. La app Immuni? Ritenuta dal governo fondamentale, ad oggi non serve praticamente a niente, visto che solo 8,1 milioni di italiani l'hanno scaricata, appena il 21% degli smartphone che ci sono nel nostro Paese.Infine, secondo i calcoli di Confindustria, fino a oggi sono stati effettivamente attuati 64 provvedimenti per un totale di 76,8 miliardi di euro. Un quarto delle risorse, 23 miliardi, restano nei cassetti in attesa dei tempi della burocrazia italiana. Inoltre, secondo le previsioni, dei 26,6 miliardi stanziati all'Inps per pagare la Cassa integrazione a fine anno ne saranno stati spesi non più di 22. Non essendo vincolati da clausole di salvaguardia, i circa 4 miliardi che avanzeranno potrebbero essere stornati su altre voci, come la sanità. Il governo ha preferito impegnare 150 milioni di euro per i bonus bicicletta, piuttosto che destinare i soldi agli aumenti di stipendio, per fare un esempio, agli infermieri. Dai banchi alle bici ai monopattini, il solito governo a rotelle.