2022-07-09
Ottawa è propensa a restituire il componente essenziale per ripristinare i flussi di gas via Nord Stream. Mercato ottimista: prezzi in calo. Ira di Kiev: «Scelta pericolosa».Il sistema delle sanzioni verso la Russia si sta letteralmente ritorcendo contro i Paesi occidentali che le hanno comminate. Il caso è esattamente quello del vice cancelliere tedesco Robert Habeck che avrebbe chiesto al Canada di superare le sue stesse sanzioni e inviare alla velocità della luce la turbina a gas (da tempo bloccata a Ottawa per manutenzione) verso il Cremlino per permettere a Berlino di pompare attraverso il Nord Stream sufficiente gas da stoccare per l’inverno. Dall’11 luglio, quindi tra pochissimo, per 10 giorni il gasdotto del Baltico cesserà di operare per manutenzione. Il Canada, dal canto suo, sarebbe intenzionato a spedire la turbina al mittente. «Abbiamo ricevuto un segnale positivo dal Canada, riguardo alla restituzione della turbina, ma al momento non possiamo dire se sia stata consegnata», ha fatto sapere un portavoce del governo tedesco. Non è chiaro, in realtà, se questa mossa sia frutto di una reale necessità di manutenzione o se sia un tentativo di Mosca di fare pressioni sul Vecchio Continente. Fatto sta che, ad oggi, i serbatoi tedeschi sono pieni al 62% e il gas arriva in terra tedesca al 40% della capacità massima. Detto in parole povere: senza turbina, la Germania starà al freddo e molte fabbriche non potranno andare avanti. «Il Paese potrebbe fare i conti con una carenza di gas e razionamenti obbligati dell’energia, andando incontro a una recessione certa e profonda. Nella migliore delle ipotesi, con una stagione fredda segnata da prezzi fuori controllo», il Paese potrebbe andare avanti, «con aumenti da quattro cifre», ha detto il vice di Olaf Scholz. Per questi motivi, insomma, Habeck ha tirato la giacca di Justin Trudeau chiedendo di chiudere anche più di un occhio perché la situazione tedesca è molto tesa. D’altronde, a Berlino fanno bene ad essere preoccupati. In meno di una settimana, da quando è stato reso noto che la turbina sarebbe rimasta in Canada, attraverso il Nord Stream si è scesi da 170 a 60 milioni di metri cubi. Habeck, per dirla tutta, vuole riportare la turbina in Russia per non dare alcuna scusa a Gazprom per fermare i flussi. «Abbiamo bisogno di capacità nel Nord Stream 1 per riempire i nostri depositi», ha detto il vice cancelliere in un’intervista a Bloomberg. «Le capacità di stoccaggio riempite in Germania non sono importanti solo per il mercato tedesco, ma anche per il mercato europeo e per la sicurezza dell’approvvigionamento in Europa».In realtà, è prassi che le turbine per la compressione del gas fornite a Gazprom nel 2009 facciano periodicamente ritorno in Canada per manutenzione. Su otto, però, al momento ne funzionano tre a San Pietroburgo e una in particolare è rimasta a Montreal per alcuni «malfunzionamenti dei motori e della scadenza di termini di revisione dell’unità di compressione», spiega Gazprom. Così Habeck si è trovato costretto «a malincuore» a dover chiedere una deroga. E anche in fretta, prima di quando Nord Stream chiuderà i battenti per manutenzione.Oltre a Scholz e Habeck, la questione ha interessato anche la Commissione europea, intenta a sbrogliare il più velocemente possibile una matassa che lo stesso Vecchio Continente ha creato. Il dubbio è che questa situazione possa rappresentare il primo tassello per mettere fine alle sanzioni. Intanto Kiev ieri ha reso noto che i flussi di gas russo attraverso l’Ucraina hanno toccato il «minimo storico» il mese scorso. Inoltre, l’Ucraina ha ha tentato di sollecitare Ottawa a non cedere alle richieste tedesche: «Sarebbe una decisione infondata e pericolosa per il regime di sanzioni», ha scritto il ministro dell’Energia ucraino Herman Galushchenk .Il mercato dell’energia, dal canto suo, ieri ha mostrato uno spiraglio di ottimismo ritenendo che - in qualche maniera - la turbina arriverà in Russia. Per questo motivo, ieri il prezzo dell’energia è sceso sotto i 170 megawattora con una flessione di quasi il 6%. Certo è che queste sono state giornate molto intense per il mercato dell’energia. Ad Amsterdam le quotazioni sono state molto altalenanti. Ieri la giornata era partita a 175 euro per Mwh. Anche a Londra le quotazioni erano elevate, intorno ai 300 penny per Mmbtu. Il ritorno della turbina che si trova in Canada, però, «consentirà di aumentare i flussi di gas verso l’Europa», sostiene Bloomberg, citando il portavoce del Cremlino Dmitrij Pescov. Ancora più complicato l’andamento del petrolio. Ieri l’Arabia Saudita ha fatto sapere di non avere troppo greggio da esportare per sostituire l’oro nero in arrivo da Mosca. Riad, secondo le ultime rilevazioni, avrebbe al massimo 1 o forse 1,5 milioni di barili di petrolio giornalieri da pompare in aggiunta a quanto già non faccia, non di più. Gli stessi Stati Uniti speravano che la disponibilità fosse maggiore. Ora il rischio è che i prezzi crescono ancora, con i prezzi alla pompa che potrebbero salire ampiamente oltre i due euro al litro.
L’aumento dei tassi reali giapponesi azzoppa il meccanismo del «carry trade», la divisa indiana non è più difesa dalla Banca centrale: ignorare l’effetto oscillazioni significa fare metà analisi del proprio portafoglio.
Il rischio di cambio resta il grande convitato di pietra per chi investe fuori dall’euro, mentre l’attenzione è spesso concentrata solo su azioni e bond. Gli ultimi scossoni su yen giapponese e rupia indiana ricordano che la valuta può amplificare o azzerare i rendimenti di fondi ed Etf in valuta estera, trasformando un portafoglio «conservativo» in qualcosa di molto più volatile di quanto l’investitore percepisca.
Per Ursula von der Leyen è «inaccettabile» che gli europei siano i soli a sborsare per il Paese invaso. Perciò rilancia la confisca degli asset russi. Belgio e Ungheria però si oppongono. Così la Commissione pensa al piano B: l’ennesimo prestito, nonostante lo scandalo mazzette.
Per un attimo, Ursula von der Leyen è sembrata illuminata dal buon senso: «È inaccettabile», ha tuonato ieri, di fronte alla plenaria del Parlamento Ue a Strasburgo, pensare che «i contribuenti europei pagheranno da soli il conto» per il «fabbisogno finanziario dell’Ucraina», nel biennio 2026/2027. Ma è stato solo un attimo, appunto. La presidente della Commissione non aveva in mente i famigerati cessi d’oro dei corrotti ucraini, che si sono pappati gli aiuti occidentali. E nemmeno i funzionari lambiti dallo scandalo mazzette (Andrij Yermak), o addirittura coinvolti nell’inchiesta (Rustem Umerov), ai quali Volodymyr Zelensky ha rinnovato lo stesso la fiducia, tanto da mandarli a negoziare con gli americani a Ginevra. La tedesca non pretende che i nostri beneficati facciano pulizia. Piuttosto, vuole costringere Mosca a sborsare il necessario per Kiev. «Nell’ultimo Consiglio europeo», ha ricordato ai deputati riuniti, «abbiamo presentato un documento di opzioni» per sostenere il Paese sotto attacco. «Questo include un’opzione sui beni russi immobilizzati. Il passo successivo», ha dunque annunciato, sarà «un testo giuridico», che l’esecutivo è pronto a presentare.
Luis de Guindos (Ansa)
Nel «Rapporto stabilità finanziaria» il vice di Christine Lagarde parla di «vulnerabilità» e «bruschi aggiustamenti». Debito in crescita, deficit fuori controllo e spese militari in aumento fanno di Parigi l’anello debole dell’Unione.
A Francoforte hanno imparato l’arte delle allusioni. Parlano di «vulnerabilità» di «bruschi aggiustamenti». Ad ascoltare con attenzione, tra le righe si sente un nome che risuona come un brontolio lontano. Non serve pronunciarlo: basta dire crisi di fiducia, conti pubblici esplosivi, spread che si stiracchia al mattino come un vecchio atleta arrugginito per capire che l’ombra ha sede in Francia. L’elefante nella cristalleria finanziaria europea.
Manfred Weber (Ansa)
Manfred Weber rompe il compromesso con i socialisti e si allea con Ecr e Patrioti. Carlo Fidanza: «Ora lavoreremo sull’automotive».
La baronessa von Truppen continua a strillare «nulla senza l’Ucraina sull’Ucraina, nulla sull’Europa senza l’Europa» per dire a Donald Trump: non provare a fare il furbo con Volodymyr Zelensky perché è cosa nostra. Solo che Ursula von der Leyen come non ha un esercito europeo rischia di trovarsi senza neppure truppe politiche. Al posto della maggioranza Ursula ormai è sorta la «maggioranza Giorgia». Per la terza volta in un paio di settimane al Parlamento europeo è andato in frantumi il compromesso Ppe-Pse che sostiene la Commissione della baronessa per seppellire il Green deal che ha condannato l’industria - si veda l’auto - e l’economia europea alla marginalità economica.




