2025-01-14
Gentiloni sbarca su «Repubblica» per dichiarare la guerra a Musk
L’ex Commissario rivela che oltre 150 tecnici stanno valutando «l’uso distorto degli algoritimi da parte di X». È un attacco coordinato: la delegata al digitale del nuovo esecutivo comunitario annuncia censure in arrivo.In attesa di trovare l’ufficio che gli spetterà all’Onu nel ruolo di co-presidente del gruppo sul debito (di cui l’ex premier è molto esperto) e l’Agenda green 2030, Paolo Gentiloni è riuscito a trovare una occupazione. Per carità, saltuaria e non a tempo indeterminato. Ha iniziato la collaborazione con La Repubblica, il quotidiano del gruppo Gedi di John Elkann. Forse perché è stato fino a poche settimane fa Commissario Ue all’Economia, ha scavalcato una buona fetta di collaboratori in attesa e ha trovato subito spazio in prima pagina. A dimostrare il distacco che l’ex Commissario ha sempre mantenuto con la sua famiglia d’origine (il Pd) e i gruppi industriali come Stellantis che (prima di schiantarsi contro il fallimento delle logiche green) hanno ampiamente beneficiato delle politiche di Bruxelles e del relativo fiume di incentivi. Tolte queste quisquiglie, che a sinistra amano chiamare sinergie, del Gentiloni editorialista ci ha colpito la verve e la forza che nel Gentiloni segretario e nel Gentiloni Commissario non sono mai potute emergere. Così, presa carta e penna, si è lanciato nella disamina delle inaudite capacità della tecnodestra di «minare dall’interno i nostri sistemi democratici». Delegittimare le regole dell’ordine multilaterale, farci abbandonare la lotta al cambiamento climatico, revival del protezionismo e ricerca di nuovi posti al sole (riferimento alle mire Usa sulla Groenlandia). Per questo serve una Europa più forte, unita nel debito, nella Difesa, nell’organizzazione di commerci sostenibili - ci spiega Gentiloni come se fino a ieri avesse fatto l’assessore a Buccinasco, poco a Sud di Milano - e in grado di rendere sostenibili (parola magica) le mosse pro ambiente. «Ma attenzione», la sfida che arriverà dalla nuova Casa Bianca sarà ben altro. «L’Ue deve prepararsi al peggio», scrive Gentiloni, «reagire unita nei commerci e nella regolazione delle piattaforme digitali». Ecco, tutta una lunga premessa per arrivare all’unico obiettivo dell’articolo. Mandare un messaggio o meglio una minaccia a Elon Musk. «Oltre 150 tecnici dell’Ue stanno valutando in questi giorni l’uso distorto degli algoritmi da parte delle piattaforme, soprattutto di X», spiega Gentiloni dando a tutti i contribuenti Ue una notizia non da poco. Il Digital services act, approvato nel 2023 adesso che c’è Musk a sostenere Trump si è messo al lavoro in modo alacre «non per censurare» ma solo per moderare quei contenuti che secondo la Commissione sono una interferenza nella politica comunitaria. Quali? Beh immaginiamo che le rivelazioni di Musk sulle Grooming gangs in Gran Bretagna e sugli stupri dei gruppi di musulmani siano da intendere interferenza contro il governo Starmer. Ah peccato, Uk non è Europa. E allora interferenza è intervistare la numero uno dell’Afd in vista delle elezioni in Germania. «A Bruxelles servono coraggio, ambizione e leadership politica», conclude l’ex Commissario che di esperienza nel gestire i social vanta il periodo del Covid, lo stesso durante il quale Facebook (per ammissione del suo fondatore) censurava tutti i contenuti non graditi alla Casa Bianca e - visto quanto è accaduto - a Bruxelles. D’altronde un altro ex celebre, Thierry Breton, si è lasciato scappare una dichiarazione da brividi per chi ancora spera in una postura democratica. «Elezioni da annullare se vince Afd in Germania. Sarebbero colpa della disinformazione come in Romania». Il Gentiloni editorialista si esprime chiaramente per conto del gruppo di potere che lo ha portato a Bruxelles in qualità di Commissario e pur avendo abdicato parla con cognizione di causa. Indica la strada. Una strada di guerra contro i social ora che hanno eliminato i filtri e che non sono più a favore del potere socialista. E che l’ex segretario del Pd parli in maniera coordinata - se ci fossero stati dubbi - diventa una certezza granitica quando nel pomeriggio di ieri Henna Virkkunen, delegata al digitale, spiega a Bloomberg che l’Ue si sta muovendo per estendere le verifiche e formalizzare le accuse sulle attività di X in Europa. Chi scrive non vede in Musk il salvatore dei Paesi occidentali - tanto per chiarirsi - e teme che l’espandersi della comunicazione tramite i social possa aumentare le occasioni di scontro nella società reale. Sono una cassa di risonanza pazzesca di problemi reali. E di trasformazioni secolari in atto. Ma al tempo stesso le censure messe a terra negli ultimi anni hanno procurato frustrazioni così come il tentativo di rimuovere, tramite una modifica orwelliana del significante delle parole, realtà sotto gli occhi di tutti. Dal Covid ai problemi dell’immigrazione senza controlli. Ecco, l’approccio delle autorità non elette è stato vergognoso e deleterio. E se chi fino a oggi ha praticato la censura verso l’interno (i cittadini Ue) cercherà di praticarla verso l’esterno (la piattaforma di Musk) farà un ulteriore duplice danno. Invece che analizzare i motivi del voto in Germania o in Romania e il disincanto di chi non accetta questo modello immigrazionista, questa Commissione ci vuole portare a una guerra ideologica contro gli Usa, senza assicurarsi - per giunta - che l’Ue abbia la forza di sostenere le altre guerre. Non quelle in cui ci siamo infilati, ma quelle che ci travolgeranno nei prossimi anni. Materie prime, ulteriore instabilità in Africa, in generale, e nel Sahel in particolare. Predominio tecnologico civile e militare. Così l’unica cosa che Bruxelles dimostra è la volontà di regolare ciò che gli altri inventano e di chiamare «moderazione» ciò che invece è censura. La realtà però bussa sempre. Lo farà e in molti si sveglieranno. Saremo però tutti più acciaccati, più deboli e più poveri.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)