2023-09-12
Gentiloni spinge una riforma che metterà in mano alla Ue qualsiasi politica economica
Macché commissario «amico». Col nuovo Patto di stabilità, da lui elaborato, Bruxelles potrà valutare la sostenibilità del debito e decidere come dobbiamo investire le risorse.Le trattative per un’eventuale riforma del Patto di stabilità e crescita (Psc) stanno ormai entrando nella fase più calda e al centro dello scontro politico negli ultimi giorni è finito il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Paolo Gentiloni Silveri, nobile di Filottrano, Cingoli e Macerata. Che proprio ieri – nel tentativo di sgombrare il campo dal nugolo di polemiche sollevatosi nei giorni scorsi in relazione alla scarsa sensibilità del commissario alle istanze provenienti da Roma – è intervenuto in prima persona per commentare lo stato di avanzamento dei lavori, anche in vista del prossimo Eurogruppo e Consiglio Ecofin del 15 e 16 settembre.Secondo Gentiloni «la Commissione ha fatto buona parte del lavoro che spetta alla Commissione fare e vi assicuro che non è stato facile. Ha messo sul tavolo una proposta, a mio avviso è una proposta equilibrata che va nell’interesse dell’insieme dell’economia europea e quindi anche nell’interesse dell’Italia. Può essere migliorata? Senz’altro». Qui Gentiloni sa molto bene che non esiste alcun «interesse dell’insieme dell’economia europea» ma un insieme affollato di interessi nazionali spesso divergenti che dovranno trovare composizione all’interno del Consiglio dei ministri Ue (Ecofin nel caso specifico) e, ove non bastasse, a livello dei capi di governo presenti nel Consiglio europeo. Ed è per tale motivo che, quasi chiamandosi fuori ed indicando che la trattativa sarà su altri tavoli, ha concluso che «è in questo gioco a migliorarla, che tuttavia ci sono opinioni diverse, c’è chi la vuole migliorare in un senso chi in un altro, la Commissione aiuta la presidenza di turno spagnola a cercare questa intesa».Ed allora vediamola, questa «proposta equilibrata». Si tratta di condurre su un sentiero di discesa il deficit/Pil superiore al 3% o un debito/Pil superiore al 60%. Attraverso un piano quadriennale concordato tra Commissione e Stato membro, eventualmente prolungabile a sette anni. L’unico strumento che sarà usato per raggiungere l’obiettivo sarà la spesa pubblica (al netto di entrate discrezionali).Ma il punto di partenza di tutto questo processo è l’analisi di sostenibilità del debito pubblico, eseguita dalla Commissione, che segnalerà la rischiosità della situazione finanziaria del Paese. Di conseguenza, sarà la Commissione a concordare - o meglio, imporre perché il negoziato è solo proforma - a ciascuno Stato il percorso differenziato che dovrà seguire. La ormai famosa «traiettoria tecnica» di rientro di deficit e debito, che è il fulcro del piano quadriennale, scaturisce proprio dalla rischiosità del nostro debito determinata dai servizi della Commissione. Se l’analisi della Commissione indicasse la necessità di conseguire imponenti avanzi primari (alla Monti) per ridurre il debito/Pil, la traiettoria della spesa sarà disegnata conformemente a questo obiettivo.Da un lato ci viene offerta la mera illusione di un processo negoziale, dall’altro si delinea una ferrea presa su tutte le decisioni di politica di bilancio del Paese.Ma questo è solo l’ultimo frutto avvelenato di questo processo che, già all’avvio, si basa sulla differenziazione tra Stati in base all’esito della valutazione di sostenibilità del debito e al livello di rischio del debito che ne scaturisce. Un esercizio pericolosissimo e dall’elevata incertezza. Se finora il rapporto della Commissione sulla sostenibilità del debito (Debt Sustainability Monitor) era rimasto un esercizio quasi accademico senza alcuna conseguenza concreta, con la riforma diventa la pietra d’angolo da cui cominciare per costruire la politica fiscale di qualsiasi Paese. L’ultimo rapporto pubblicato ad aprile valuta che la posizione di bilancio dell’Italia abbia un rischio basso nel breve termine, alto nel medio termine (in compagnia di altri 8 Paesi, tra cui la Francia) e medio nel lungo termine. E questa stratificazione, fino a ieri praticamente ignorata, da domani ci relegherà inevitabilmente tra i Paesi la cui politica di bilancio sarà praticamente dettata dalla Commissione. Insomma, siamo passati dalla padella del deficit strutturale alla brace dell’analisi della sostenibilità del debito da cui tutto dipende. A questo proposito, sabato Gentiloni ci ha tenuto a far sapere, per interposto Corriere della Sera, che è stato merito suo «aver fatto saltare senza grandi proclami la distinzione degli Stati europei in tre categorie di debito» e pertanto gli attacchi provenienti dall’Italia lo hanno decisamente «sorpreso». Si fa riferimento ad una proposta di nove mesi fa, ma la proposta sul tavolo - con tanto di bozza di articolato di due regolamenti ed una direttiva – è quella pubblicata dalla Commissione il 26 aprile scorso. E, come è stato fin qui spiegato, quella proposta legislativa ha la sua spina dorsale proprio nel processo che parte dall’analisi di sostenibilità, passa per la valutazione della rischiosità del debito di un Paese, e termina con la traiettoria tecnica di aggiustamento. Con buona pace della volontà politica dei governi che saranno in carica nei quattro o sette anni successivi alla formulazione del piano.Quindi non si capisce cosa abbia fatto «saltare» Gentiloni. Ma, ove mai fosse vera, salutiamo con favore questa posizione contraria alla definizione di Paesi di serie A e B, perché costituisce proprio una delle maggiori contestazioni che viene mossa per opporsi alla ratifica del Trattato del Mes riformato. Se Gentiloni fosse così pugnace come sostiene, allora anche lui dovrebbe opporsi alla ratifica, proprio per evitare che il Mes faccia pericolose distinzioni sulla sostenibilità e sul rischio del debito che, date in pasto ai mercati, provocherebbero una profezia autoavverante. O no?
(Ansa)
Il ministro Guido Crosetto in occasione dell'82°anniversario della difesa di Roma: «A me interessa che gli aiuti a Gaza possano arrivare, le medicine possano arrivare, la vita normale possa riprendere». Nonostante tutto, Crosetto ha ben chiaro come le due guerre più grandi - quella Ucraina e quella a Gaza - possano cessare rapidamente. «Io penso che la decisione di terminare i due conflitti sia nelle mani di due uomini: Putin e Netanyahu».