2024-03-10
Il genio selvaggio e ribelle di Andrea Pazienza sbarca anche a Bruxelles
Fino al 7 aprile, all’Istituto italiano di cultura della capitale belga, una mostra ospita tavole originali e reperti del talento scomparso prematuramente nel 1988.Il profilo di Zanardi, il cui naso aquilino è un fendente tra il XX e il XXI secolo, che Andrea Pazienza non vide di persona eppure già aveva dentro, fa da icona emblematica della sua opera sulla locandina della mostra a lui dedicata, che si tiene nell’Istituto italiano di cultura di Bruxelles. Il titolo, Ci vuole Pazienza, non è solo il gioco di parole per un ritorno impossibile. Ne evoca la necessità, con un retaggio non solo della sua generazione bensì di tutte le varianti della giovinezza.Fino al sette aprile, si potranno ammirare tavole originali di Paz e reperti del genio che seguita a esprimersi ancora oggi, trentasette anni dopo la scomparsa. L’hardware è perduto, il software persiste, eterno.L’iniziativa viene da un’idea di Luca Ciarla, musicista e direttore artistico dell’Adrifest. L’allestimento è dell’Associazione culturale AdriArt, in collaborazione con Marina Comandini, erede di Andrea Pazienza, lo Splash, l’Archivio bibliografico «Andrea Pazienza» del Mat, il Museo dell’Alto Tavoliere del Comune di San Severo e la Violipiano Visual. Ciarla vi apporta lo spettacolo Suoni da Paz: note, visioni e parole dedicate ad Andrea Pazienza, con esecuzioni al violino e al pianoforte, accompagnato da Peppe Voltarelli, voce e chitarra. Marina Comandini unisce alla supervisione anche il live painting. L’artista Keziat propone dei video. Antonello Vigliaroli, curatore dello Splash, vi reca quindici pannelli di grande rilievo biografico. Elena Antonacci, direttrice del Mat ha dichiarato: «La mostra costituisce una vetrina di grande prestigio e di apprezzamento di tutte le attività negli anni promosse dal Comune di San Severo, dopo l’istituzione nel 2015 del centro di documentazione Splash».Pazienza era nato sì a San Benedetto del Tronto, ma consumò la propria epopea formativa a San Severo, la città del padre Enrico, impareggiabile acquerellista, e sul Gargano. Si inerpicava con il Dingo Cross lungo la salita di Ingarano, quindi sulle basole di Sannicandro e ridiscendeva sulla litoranea verso Torre Mileto, superando il ponte mobile di Capoiale, oggi di asfalto, e correndo sull’istmo di Foce Varano, tra il lago omonimo e il mare, fino a Rodi e a San Menaio. Di là, i tornanti per Calenella, Peschici e Vieste, sotto un tunnel di pini. L’insegna fucsia della scomparsa discoteca Harmony sormontava case bianche abbarbicate sul crinale di Peschici.Con Pazienza morì un fumetto unico, che trasformava l’autobiografia in poesia di immagini e linguaggio, nonché territorio di escursioni nell’avventura esistenziale. Personaggi ormai classici, accanto a Oliver Twist, Tom Sawyer e Holden Caulfield.Pazienza ha sancito la loro continuità con ogni bohème successiva, di cui fu precursore. O semmai il contrario. Scrisse Jorge Luis Borges: «Il fatto si è che ogni scrittore crea i suoi precursori. La sua opera modifica la nostra concezione del passato, come modificherà il futuro. In questa correlazione non ha alcuna importanza l’identità o la pluralità degli uomini ». Di Pazienza viene sviscerata una poetica che comprende il taglio della rappresentazione, la galleria dei caratteri e lo sberleffo del linguaggio, dal dialetto sanseverese assurto a invenzione. Caratteristiche che lo vaccinano dal rischio dell’obsolescenza invecchiare, dal finire calato nella convenzione. Un rischio che Andrea non correva anche se fosse ancora vivo. Avrebbe conservato la freschezza di una gioventù che non cede il passo a ciò che il meccanismo dei consumi prevede per ogni nidiata successiva.Sulla pelle di Pazienza si avverò la maledizione cinese: «Che tu possa vivere in tempi interessanti». Lui era troppo giovane per il ’68 e maggiorenne nel ’77. Dai quadri ai fumetti, cercava i parametri di uno spessore intimo, sparito nell’odierno circo digitale. Dall’art déco a Proust (accostamento fatto nell’82 nella lettera di da un suo coetaneo di Pazienza sulla rivista di Oreste Del Buono, L’Eternauta) con certe confessioni personali che divengono elegia, dal tratto selvaggio del fumetto Trase al Raymond Radiguet di Le Diable au corps, dalle avanguardie storiche (Breton, Picasso, i dadaisti) a Joyce che reinventa sulla pagina l’argot e i fondali delle origini (San Severo come Dublino, San Menaio come la spiaggia di Sandymount), dalla pop art e gli abitatori delle ore tardissime, biazzanott, masticatori di notte si dice a Bologna, dove frequentò il Dams, disegnati con reminiscenze di Edward Hopper, e degli universi disperati e metropolitani targati Raymond Chandler.Non a caso, la mostra viene tenuta a Bruxelles, dove Pazienza, da postumo, aveva avuto più di trent’anni fa una mostra antologica presentata al Centre Belge de la Bande Dessinée. D’altronde la capitale belga lo è anche del fumetto, patria della ligne claire, la linea chiara di Tintin, Michel Vaillant, Ric Roland e la truppa dei protagonisti delle storiche riviste Titin e Spirou. Accanto a questi si allineano Pentothal, Enrico Fiabeschi e il terminale Pompeo, alter ego degli ultimi giorni di Andrea Pazienza.
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