2023-03-30
Con i tassi arrivati alle stelle gelo in vista per Mr Cerved e per il business del mattone
Andrea Pignataro era vicino a Prelios ma l’acquisizione è ferma: esclusiva scaduta. Il trend dettato da Francoforte frena i piani dei grandi fondi pure su calcio e immobiliare.Doveva essere l’affare dell’anno, l’ennesimo colpo italiano di Andrea Pignataro, il finanziere bolognese che vive da anni a Londra e dopo aver acquisito Cedacri e Cerved e aver messo una fiche su Illimity e nell’aumento di capitale di Mps era a un passo da Prelios, invece l’operazione, almeno per il momento, è ferma. L’uomo dei numeri (dopo la laurea in economia ha conseguito un dottorato di ricerca in matematica), che con la sua Ion punta a creare un polo dei big data per l’Intelligenza artificiale, aveva trovato l’accordo con il fondo americano Davidson Kempner per rilevare il colosso milanese attivo nell’immobiliare (area MilanoSesto per esempio) e nella gestione dei crediti a rischio, ma in mancanza del via libera delle banche ha dovuto mettere il freno. Scaduta l’esclusiva al momento è tutto fermo. Il finanziamento sarebbe di circa 700 milioni, la metà della valutazione complessiva di Prelios. Sui primi 350 Pignataro avrebbe pure trovato una soluzione, mancherebbe il resto, che non è poco. I problemi partono dall’impetuoso aumento dei tassi d’interesse che nell’ultimo anno ha stravolto il mercato e dall’esposizione debitoria dello stesso Pignataro. Certo, Ion parte da un fatturato superiore ai 3 miliardi e può contare su un Ebitda (differenza tra costi e ricavi prima degli oneri finanziari) di 2 miliardi e un cash flow di 1,8 miliardi, ma è altrettanto vero che per ammissione dello stesso finanziere il debito è di circa cinque volte i margini, parliamo di 10 miliardi. Un’esposizione gestibile in una situazione «tranquilla» di mercato, un po’ preoccupante in quella attuale. Soprattutto poi se si stanno chiedendo altri soldi in prestito.Ricostruire una visione d’insieme del gruppo di Andrea Pignataro non è semplice. Non c’è un bilancio consolidato, le società operative sono controllate tramite una catena più o meno lunga di scatole societarie e il debito è nelle singole società operative. Un esempio è quello di Cerved group. L’intero capitale è in pegno agli istituti che hanno finanziato l’Opa del 2021, che ha portato al ritiro dalla Borsa: Unicredit, Deutsche Bank, Jp Morgan e Goldman Sachs. Dopo la fusione tra Cerved e il veicolo italiano che ha realizzato l’Opa, il controllo è della Castor bidco holding, a sua volta controllata dalla Castor finance international, entrambe irlandesi. Risalendo lungo la catena di controllo - con ancora qualche passaggio societario - da quest’ultima si arriva finalmente alla società personale di Pignataro. Si chiama Bessel capital, ha sede in Lussemburgo ed è qui che si trovano gli investimenti e i beni personali dell’imprenditore. Dalla Itt sarl, alla quale fa capo il gruppo Ion. E ancora la villa alla Maddalena. O l’investimento a Canouan, piccola isola caraibica che doveva diventare una destinazione di superlusso, ma il cui progetto stenta. L’idea di trasformarla in una meta del jet set internazionale era di un altro italiano, Antonio Saladino. E con l’arrivo di Pignataro sembrava che finalmente il piano potesse realizzarsi. Ma al momento, riporta la stampa specializzata, l’idea di farne «la Portofino dei Caraibi» è rimasta sostanzialmente solo sulla carta. La Bessel capital comunque scoppia di salute. Nel 2021, ultimo bilancio disponibile, dichiara asset per oltre 800 milioni di euro e un utile netto di 49,4 milioni. Il merito va essenzialmente ai risultati di Ion, con la capofila Itt che ha pagato 49 milioni di dividenti a Bessel capital. Pignataro a parte, quella di Prelios è una storia che colpisce perché riguarda uno degli uomini più liquidi d’Italia e perché lancia un campanello d’allarme su quello che potrebbe succedere. Mai come oggi infatti per le banche selezionare il credito è fondamentale e per questo è prevedibile che molte delle operazioni che necessitano di una forte quota di «financing» possano rallentare o saltare. Qualche segnale c’è già. Secondo indiscrezioni, anche uno dei deal più attesi del 2023 sarebbe in forse. Si dice ormai da mesi che il fondo Usa Gip sarebbe pronto a cedere Italo (Ntv). Dall’acquisto del 2018 a 2 miliardi sono trascorsi cinque anni, il tempo canonico di un private per uscire con utili. Ma vista la portata dell’operazione, la valutazione non sarebbe inferiore ai 5 miliardi e il debito di Ntv (superiore al miliardo). Con buona pace dei pretendenti: dai fondi Eqt, Kkr e Brookfield fino ad Aponte. Poi c’è il calcio, dove l’eccesso di debito con profitti inesistenti è la regola. Da questo punto di vista la situazione più delicata è quella dell’Inter. Tra poco più di un anno (maggio 2024) scade il bond da 275 milioni e interessi al 12% con il quale il fondo Oaktree ha finanziato Suning per far fronte alle esigenze di cassa del club milanese. Secondo Il Sole 24 Ore, visti i rialzi dei tassi, la proprietà cinese non ha nessuna intenzione di rifinanziare il prestito e quindi toccherà allo stesso private americano trovare un nuovo acquirente per i nerazzurri. Senza parlare dell’immobiliare, il business a forte leva per eccellenza. Tornando a Prelios, esemplificativo è il progetto MilanoSesto per riqualificare la zona che ospitava le acciaierie Falck. Ci lavorano da anni il fondo Hines-Cale street (Kuwait investment office) e Prelios, ma c’è stato un rallentamento prima a causa del Covid e poi per l’aumento del costo delle materie prime. Nelle more è arrivata l’offerta (respinta) della cordata Coima-Redo sgr, ma soprattutto da poche settimane sono scaduti i finanziamenti, in primis quello da circa 900 milioni di Intesa (900 milioni). Così anche i colossi dell’immobiliare dovranno fare i conti con i tassi imposti da Christine Lagarde per il rifinanziamento.
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