2025-08-11
Netanyahu tira dritto: «Solo l’occupazione farà finire la guerra». Gli Usa non lo mollano
Benjamin Netanyahu (Ansa)
Il primo ministro israeliano: «Sono gli ostaggi a morire di fame». Dopo le critiche al piano, ora l’America difende Bibi all’Onu.Benjamin Netanyahu tira dritto contro tutti. Ieri, il premier israeliano ha confermato l’intenzione di prendere l’intero controllo di Gaza. «Il nostro obiettivo non è occupare Gaza. Il nostro obiettivo è liberare Gaza, liberarla dai terroristi di Hamas», ha dichiarato, per poi aggiungere: «Sarà smilitarizzata. Israele avrà la responsabilità primaria della sicurezza. Verrà istituita una zona di sicurezza al confine tra Gaza e Israele per prevenire future incursioni terroristiche. Verrà istituita un’amministrazione civile che cercherà di vivere in pace con Israele». Netanyahu ha poi elencato le condizioni per porre fine al conflitto. «Uno, Hamas deve essere disarmata. Secondo, tutti gli ostaggi vanno liberati. Terzo, Gaza va smilitarizzata. Quarto, Israele avrà un controllo di sicurezza assoluto. E cinque, ci sarà un’amministrazione civile pacifica non israeliana», ha affermato. «Dato il rifiuto di Hamas di deporre le armi, Israele non ha altra scelta che portare a termine l’opera e completare la sconfitta di Hamas», ha proseguito, definendo inoltre il proprio piano come «il modo migliore per porre fine rapidamente alla guerra». Per quanto riguarda invece la tempistica dell’operazione, Netanyahu è rimasto fondamentalmente vago. «Non voglio parlare di tempi precisi, ma stiamo parlando di tempi piuttosto brevi perché vogliamo porre fine alla guerra», ha detto. Il premier ha specificato di non aver ancora parlato con Donald Trump, da quando è stato deciso il progetto, ma ha detto di volerlo fare «molto presto». Ha inoltre respinto le accuse, secondo cui lo Stato ebraico starebbe deliberatamente provocando fame e carestia nella Striscia. «Dall’inizio della guerra, Israele ha permesso l’ingresso di quasi due milioni di tonnellate di aiuti. Non conosco nessun altro esercito che abbia permesso che tali aiuti andassero alla popolazione civile in territorio nemico. Ora, se avessimo adottato una politica di fame, nessuno a Gaza sarebbe sopravvissuto dopo due anni di guerra. Ma la nostra politica è stata esattamente l’opposto», ha dichiarato il premier, accusando inoltre Hamas di rubare gli aiuti. «Gli unici che stanno deliberatamente morendo di fame sono i nostri ostaggi», ha aggiunto, per poi rendere noto di aver «ordinato» all’Idf di consentire ai giornalisti stranieri di entrare nella Striscia. Nei giorni scorsi era emerso come il piano volto a occupare Gaza avesse creato degli attriti tra il governo di Netanyahu e l’Idf, che aveva mostrato scetticismo verso l’operazione. Il premier ha però anche necessità di coprirsi politicamente a destra, dopo che l’ala più conservatrice del suo esecutivo, da sempre favorevole a una linea di massima severità nei confronti di Hamas, ha lasciato intendere che potrebbe uscire dalla maggioranza. Sabato sera, il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, ha addirittura affermato di aver perso la fiducia in Netanyahu. Come che sia, non è al momento chiaro chi dovrebbe guidare l’eventuale amministrazione civile della Striscia, una volta che l’operazione militare israeliana fosse completata. Netanyahu, ieri, ha escluso che il governo di Gaza possa essere affidato all’Anp. Il premier ha parlato genericamente di «diversi candidati» che potrebbero guidare un’«autorità di transizione» nella Striscia. «È istruttivo che alcuni Paesi arabi, in realtà parecchi, abbiano affermato che Hamas deve essere disarmata. Credo che questo sia il punto di partenza», ha aggiunto. È quindi verosimile ipotizzare che il premier punti ad affidare il governo di Gaza a un Paese arabo. Ricordiamo che la fine della guerra in loco si lega indissolubilmente alla questione della ricostruzione della Striscia: un dossier questo che, tanto dal punto di vista economico quanto da quello geopolitico, è al centro degli interessi non solo degli israeliani e delle monarchie del Golfo, ma anche dei russi e degli americani. E infatti sabato The Hill ha riportato che Trump avrebbe dato «un tacito via libera» allo Stato ebraico per assumere il controllo di Gaza. Non solo. Ieri, durante una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, gli Stati Uniti hanno difeso Israele da Cina, Francia, Regno Unito e Russia che criticavano l’operazione militare annunciata da Netanyahu. «Israele ha il diritto di decidere cosa è giusto per la sua sicurezza», ha dichiarato l’ambasciatrice ad interim degli Usa alle Nazioni Unite, Dorothy Shea. Alcuni mesi fa, era emerso che l’idea di Trump potesse essere quella di far passare gradualmente il controllo politico della Striscia nell’orbita dell’Arabia Saudita: una soluzione che avrebbe garantito a Riad un accesso al Mediterraneo e che, al contempo, avrebbe rassicurato Israele. Non solo. L’Arabia Saudita avrebbe anche in gran parte gestito i poderosi investimenti per la ricostruzione della Striscia: un dossier, quest’ultimo, che si interseca a sua volta con il tentativo, promosso dallo stesso Trump, di rilanciare gli Accordi di Abramo. Chissà quindi che Netanyahu non pensasse proprio a Riad, mentre parlava dei possibili «candidati» a governare Gaza. Tuttavia bisogna fare attenzione: oltre allo sradicamento di Hamas (che ieri ha accusato il premier israeliano di «mentire»), il principale nodo sul tavolo resta la sorte dei palestinesi residenti nella Striscia. Il 18 luglio, Axios riportò che il capo del Mossad, David Barnea, aveva discusso con l’inviato americano per il Medio Oriente, Steve Witkoff, dell’eventualità di ricollocare alcune centinaia di migliaia di gazawi in vari Paesi, come Libia, Indonesia ed Etiopia. Uno scenario, questo, che potrebbe imbarazzare politicamente i sauditi.
lUrsula von der Leyen (Ansa)