2025-08-26
Gaza, missile di Israele sull’ospedale: morti 5 reporter. Vaticano sconvolto
I danni del bombardamento israeliano all'ospedale Nasser di Khan Younis, Sud di Gaza (Ansa)
Colpito il centro sanitario Nasser, almeno 20 vittime. Parolin: «Guerra senza prospettive di soluzione». La difesa dell’esercito: «Hamas usa le strutture civili come scudi, avevamo individuato una minaccia».Ieri mattina l’ospedale Nasser di Khan Yunis, uno dei principali centri sanitari della Striscia di Gaza, è stato colpito da un attacco delle forze di difesa israeliane. Secondo fonti palestinesi, almeno 20 persone sono rimaste uccise. L’Idf ha spiegato di aver identificato una minaccia proveniente dall’interno della struttura e ha confermato che il capo di Stato Maggiore, Eyal Zamir, ha immediatamente ordinato l’apertura di un’indagine preliminare. Il portavoce militare ha precisato che il raid non è stato condotto con mezzi aerei, ma tramite un missile sparato da terra, su richiesta della 36esima Divisione operativa attiva nella zona. «L’Idf si rammarica per qualsiasi danno arrecato a persone non coinvolte e ribadisce che non prende di mira i giornalisti in quanto tali», si legge nel comunicato ufficiale. Cinque giornalisti hanno perso la vita nell’attacco. Tra loro Mariam Abu Dagga, 33 anni, fotoreporter freelance dell’Associated Press dall’inizio della guerra, conosciuta per i suoi servizi dall’ospedale Nasser. Nello stesso attacco è morto anche Mohammed Salama, giornalista di Al Jazeera, noto per la sua vicinanza a Hamas: in un video registrato il 7 ottobre 2023 all’interno di Israele lo si sente esclamare «Allahu Akbar». Poi sei mesi fa Salama Muhammad ha filmato con orgoglio la grottesca cerimonia di Hamas in cui sono stati esposti i corpi della famiglia Bibas. Le altre vittime sono il cameraman della Reuters Hussam al-Masri e Moaz Abu Taha. È rimasto ferito, invece, Hatem Khaled, anch’egli della Reuters. A causa delle condizioni di sicurezza, la Striscia di Gaza resta in gran parte preclusa ai media internazionali, i quali possono accedere soltanto durante rare visite controllate. Ciò costringe le principali agenzie a basarsi in larga misura su fonti riconducibili ad Hamas, i cui racconti raramente trovano conferme indipendenti. Una fonte della sicurezza israeliana ha inoltre riferito che una telecamera installata da Hamas sul tetto dell’ospedale Nasser - puntata sulle truppe Idf - era stata individuata. «Avremmo potuto rimuoverla con un drone», ha raccontato la fonte, «ma alla fine sono stati sparati due colpi di carro armato: il primo contro la telecamera, il secondo contro le squadre di soccorso presenti». Per l’esercito, questo episodio si inserisce in un quadro più generale: l’uso di strutture civili come scudi o centri operativi da parte delle milizie. Un precedente risale a dicembre, quando l’Idf ha colpito l’ospedale Kamal Adwan dopo averlo individuato come centro di comando di Hamas: allora, pazienti e personale erano stati evacuati e oltre 200 presunti combattenti arrestati. La morte dei reporter ha suscitato reazioni contrastanti nel panorama globale. Rispondendo ai giornalisti nello studio Ovale, Donald Trump ha affermato: «Ne ho sentito parlare e non sono contento. Questa situazione deve finire. Sono io che ho già liberato gli ostaggi. Ho detto da tempo che Hamas non rilascerà gli ultimi 10 o 20 che tiene in ostaggio. È una situazione vergognosa». A proposito degli ostaggi, durante una visita alla base navale di Haifa, il capo di Stato Maggiore delle Idf, il generale Eyal Zamir, ha rilasciato dichiarazioni destinate a far discutere. «C’è un accordo sugli ostaggi, dobbiamo accettarlo», ha detto a Channel 13, aggiungendo che «l’Idf ha creato le condizioni per un’intesa, ora la decisione è nelle mani di Netanyahu». Un messaggio che scarica sul premier la responsabilità politica, lasciando intendere che sia lui il principale ostacolo a un accordo per la liberazione dei prigionieri. Il ministro degli Esteri britannico David Lammy ha detto di essere «inorridito» per l’attacco israeliano all’ospedale Nasser di Gaza. Parallelamente il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha definito «sconvolgente» il raid israeliano contro l’ospedale Nasser di Gaza. A Napoli, durante la Settimana liturgica nazionale, ha denunciato «l’assenza di prospettive di soluzione e l’aggravarsi della crisi umanitaria». Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha ribadito che «la libertà di stampa deve essere garantita anche in un contesto di guerra». Israele ha continuato a sottolineare che non ha intenzione di mirare ai giornalisti, ma che non può ignorare il fatto che Hamas sfrutti telecamere, servizi in diretta e reportage per trasmettere informazioni operative ai suoi combattenti. Mentre a Gaza infuria la guerra, il conflitto si intreccia con la diplomazia regionale. Israele ha annunciato la disponibilità a ritirarsi da cinque postazioni nel sud del Libano a condizione che l’esercito libanese avvii il disarmo di Hezbollah, definendo la misura un passo essenziale per la sovranità di Beirut. Immediata la risposta del leader di Hezbollah, Naim Qassem: «Chiunque cerchi di privarci delle nostre armi è come se volesse strapparci l’anima stessa, e vedrà la nostra forza. Se il governo continuerà su questa strada, tradirà la sovranità del Libano». Parole che pesano come macigni sulla stabilità dell’area.
13 ottobre 2025: il summit per la pace di Sharm El-Sheikh (Getty Images)
iStock
In un mondo che ancora fatica a dare piena cittadinanza alla voce femminile, questa rivista è un atto di presenza, che ho fortemente voluto, con l’intenzione di restituire visibilità e valore alle donne che ogni giorno, in silenzio o sotto i riflettori, trasformano il mondo in cui vivono.
Quelle che fondano imprese e reinventano modelli economici, che fanno ricerca, innovano nelle professioni, guidano comunità e progetti sociali. Quelle che mettono la competenza al servizio dell’impegno civile, che difendono i loro diritti, che si fanno portavoce di una nuova idea di leadership: inclusiva, empatica, concreta. Non a caso in questo numero è stato dato largo spazio al premio Donna d’autore, promosso dall’A.i.d.e. (Associazione indipendente donne europee) e in modo particolare alla sua entusiasta presidente Anna Silvia Angelini, perché le premiate rappresentano in maniera evidente i modelli di Valore Donna, dove ogni pagina è una finestra aperta su storie di talento, coraggio e visione. Non ho voluto costruire solo un racconto di unicità, ma anche restituire la normalità della grandezza femminile: donne che riescono, che sbagliano, che ricominciano, che costruiscono futuro. La loro forza non è un’eccezione, ma una presenza quotidiana che Valore Donna vuole portare alla luce, con impegno, rispetto e franchezza. Questo progetto editoriale inoltre ha nel suo dna un’idea di qualità come responsabilità: nella scrittura, nelle immagini, nella scelta dei temi. Ogni contributo è frutto di una ricerca attenta, di un linguaggio curato e di una sensibilità che si sforza di vedere il mondo con occhi diversi. Dando spazio a voci nuove, a imprenditrici, giornaliste, intellettuali, professioniste, donne della politica, giovani, donne che operano nel terzo settore, donne che collaborano, si sostengono e che raccontano la realtà contemporanea senza filtri, con l’autenticità di chi la vive pienamente. Perché solo rinnovando lo sguardo si può cambiare la prospettiva. Valore Donna vuole essere una rivista che lascia un’impronta nel panorama editoriale del Paese, un luogo d’incontro tra generazioni, esperienze e linguaggi. Non un manifesto ideologico, ma un laboratorio vivo, dove la libertà di pensiero e la sensibilità estetica si intrecciano. Nel racconto di queste pagine c’è l’orgoglio delle donne che sognano e nello stesso tempo si impegnano non per rivendicare uno spazio, ma per abitarlo con la pienezza di chi sa di meritarlo. Perché il futuro si scrive soprattutto con le loro voci.
Per scaricare il numero di «Valore Donna» basta cliccare sul link qui sotto.
Valore Donna-Ottobre 2025.pdf
Continua a leggereRiduci