2025-08-13
Garlasco, Caporetto della giustizia. Scoperto un altro pasticcio sul Dna
Le forze dell'ordine durante un sopralluogo nella villetta di Garlasco. Nel riquadro, Chiara Poggi (Ansa)
Il materiale biologico nella bocca di Chiara era di un cadavere su cui era stata fatta un’autopsia. Ma solo oggi ci si accorge della contaminazione. L’unica cosa certa, ormai, è che la vecchia inchiesta è stata fatta coi piedi.Dove ti volti trovi un errore. Dove ti soffermi trovi un’incongruenza. Il commissario Maigret e il tenente Colombo sarebbero pronti a uscire sbattendo la porta dall’albo dei detectives, se sapessero che è lo stesso al quale sono iscritti gli investigatori del caso Garlasco. L’ultimo inciampo dei 55 catalogati (neanche fossero specie di lepidotteri) è di ieri: il dna di Ignoto 3 è frutto di contaminazione. Dalle analisi comparative si è scoperto che la traccia sulla garza utilizzata per il prelievo di materiale biologico dalla bocca di Chiara Poggi è di un altro cadavere sottoposto ad autopsia sullo stesso tavolo in quei giorni di 18 anni fa.A rivelare l’ennesima cantonata di un’inchiesta nata male e proseguita peggio è la procura di Pavia, che dopo avere disposto approfondimenti su una possibile contaminazione, ha deciso la comparazione con «preparati istologici di cinque maschi sottoposti ad autopsia in concomitanza con quello della vittima» e ha scoperto che quel dna parziale e degradato «coinciderebbe con quello di un cadavere arrivato prima dell’omicidio della ragazza». Secondo il procuratore capo Fabio Napoleone, la contaminazione del reperto 335283-114472 sarebbe avvenuta all’istituto di medicina legale di Vigevano. A fronte di tutto ciò, la procura ha disposto nuove verifiche, affidandole all’antropologa e medico legale Cristina Cattaneo, un’autorità in merito. In questo contesto non è esclusa la riesumazione per risalire al dna completo dell’uomo morto 18 anni fa per cause naturali. Di fatto si torna indietro di un giro, anche se in un labirinto è difficile identificare la posizione. Il commento del genetista Ugo Ricci, consulente della difesa di Alberto Stasi, è definitivo: «Un errore clamoroso, è preoccupante per i cittadini che possano succedere queste cose». Mentre per Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi, «se si guardano i dati e non le suggestioni ogni passaggio conferma la responsabilità di Stasi», per gli avvocati del condannato Giada Bocellari e Antonio De Rensis, la scoperta della contaminazione del dna sulla garza «evidenzia la totale inaffidabilità degli accertamenti svolti nel 2007. È uno di quei gravissimi fatti che compromettono alla radice le valutazioni svolte nel processo a Stasi e sono già di per sé idonei ad ottenere una revisione della sua condanna. Come più volte ricordato da questa difesa, la natura del dna rinvenuto sulla garza andava verificata con estrema attenzione e andava esclusa la contaminazione con tutti i confronti possibili». Così la revisione del processo non è solo una chimera.Alberto Stasi (condannato), Andrea Sempio (indagato) e l’imbarazzante collezione di Ignoti diventano convitati di pietra, a loro modo vittime di una macchina della giustizia mai così ingolfata, che è avanzata a fari spenti per 18 anni nella giungla delle ipotesi più traballanti e smentite. Senza alcuna certezza del diritto e della pena, senza alcun rispetto per vittime ed eventuali (a questo punto) colpevoli. Nel rosario di topiche messo insieme nel tempo ne spiccano otto, alcune delle quali nei primi giorni, dal 7 agosto 2007 in poi. Per cominciare, la scena del crimine e la raccolta di prove sono state compromesse 1) da contaminazioni surreali, come la presenza di 25 persone entrate nella villetta, scena del delitto, senza calzari, con una clamorosa confusione di impronte. Alcuni tecnici operarono senza guanti aggravando la situazione; la faccenda porterebbe all’allontanamento immediato non solo nella realtà, ma anche in tutte le fiction televisive. 2) Per contaminazione furono perse quasi subito le impronte sul pigiama della vittima. 3) Il computer, le scarpe e la bicicletta di Stasi furono sequestrati con grande ritardo, mettendo in dubbio l’autenticità di quei reperti. 4) Il tampone orofaringeo prelevato a Chiara non fu analizzato e la leggerezza azzerò la possibilità di trovare tracce biologiche utili. Invece di analizzare il tampone, per raccogliere il materiale genetico fu utilizzata una garza.A queste mancanze, nel tempo se aggiunsero altre. 6) Il verbale dell’interrogatorio di Andrea Sempio ha lasciato molto perplessi gli investigatori che recentemente hanno ripreso in mano l’inchiesta: presentava anomalie negli orari e nelle risposte alle domande con incongruenze che hanno sollevato dubbi sulla sua posizione. 7) La scoperta di un’impronta sconosciuta (la traccia 10) ha dato valore alla presenza di un complice; in questa indagine a spanne c’è una singolare ossessione per i numeri. 8) Sulla scena del delitto furono trovati due cucchiaini sporchi, potenzialmente utili per verificare la presenza di tracce, ma non furono repertati. Errori, anomalie, che caratterizzano un tormentone infinito, accompagnato dal convincimento che la riapertura dell’inchiesta fosse necessaria. E dall’ansia che domani un nuovo colpo di scena rimescoli di nuovo le carte. Con una certezza: Garlasco è destinata a passare alla storia come la Caporetto del sistema investigativo italiano.
Niccolò Celesti (Instagram)