2022-09-24
Pioli e tutti gli altri sono «on fire» grazie a un’italiana
Stefano Pioli e Sandro Tonali. Nel riquadro, Gala Rizzatto (Ansa)
La hit anni Novanta che i tifosi riadattano per i loro beniamini era stata scritta dall’artista milanese Gala: «Felice di ispirare».L’ultimo coro è in gloria di Stefano Pioli. «Pioli is on fire», urla San Siro, la Curva Sud all’unisono, alzando le braccia al cielo sullo stesso tempo, le stesse note di Gala. Freed from desire non viene cantata così come lei l’ha scritta nel 1996. Le parole sono state cambiate. Di quel tormentone da discoteca - un successo planetario che in un solo anno ha venduto 6 milioni di copie - è rimasto il ritmo trascinante. Un ritmo che si è insinuato nella memoria di chiunque abbia vissuto gli anni Novanta, anche in quella di chi non sappia chi sia Gala e nemmeno che titolo abbia quel motivo che si scopre a ripetere: «Na-na-na—na-na-na-nà—na-na-na-na-na-nà». Freed from desire è diventata cultura popolare. Questo da solo dovrebbe bastare a spiegare il legame col calcio, il mondo che - nel 2016 - ha riportato alla vita il tormentone. Erano gli Europei, allora, e i tifosi nordirlandesi furoreggiavano per Will Grigg, centravanti pennellone che stava vivendo un’estate di grazia: «Will Grigg’s on fire, your defense is terrified». «Will Grigg fa faville, la vostra difesa è terrorizzata», parole ricamate sulla musica di Gala. Da lì è stato un crescendo globale, forza della viralità. Ma chi è Gala? Una milanese, della Milano cosiddetta «bene»: genitori intellettuali, adolescenza spesa fra le mura del Parini, mollato per andarsene via, lontano, prima Boston poi New York. Gala Rizzatto, il nome di una fra le muse di Salvador Dalì, ha lasciato l’Italia a 17 anni, spinta da un malessere esistenziale. Una forma di nausea. È stata la stasi, il divieto letterale di muoversi ad indurla. Un problema alla schiena, niente più sport, niente più movimento, nessun ballo. Gala, tredicenne all’epoca della diagnosi, si è sentita morire. Avrebbe dovuto rinunciare alla sua passione di bambina, alla musica, alla danza. Quattro anni più tardi, quando quel suo malessere è diventato impossibile da ignorare, ha deciso di partire. Dietro di sé ha lasciato tutto: la famiglia, i suoi divieti, il latino e il greco antico, sostituiti in America da studi diversi, l’arte, la fotografia. La laurea è arrivata nel 1993 alla Tisch School of the Arts dell’Università di New York, turning point di una vita che è tornata a scorrere come avrebbe dovuto. Gala ha cominciato a fare la fotografa. Era la scena underground a dipanarsi davanti al suo obiettivo, i locali notturni, la loro musica. Gala, con la macchina fotografica appesa al collo, ha scoperto di poter ballare ancora. Così la musica è tornata nella vita di Gala, con i locali, la fotografia, scambiata una volta con la partecipazione ad un disco. Freed from desire è stato inciso tre anni dopo la laurea. Nel 1998 sarebbe diventato parte del suo album d’esordio, Come into my life, e certificato platino, insieme ad altri due singoli (Come into my life e Let a boy cry). Gala, allora, risuonava ovunque. Ma dietro quel successo apparente si celava altro: la difficoltà di stare a galla in un mondo spietato, da sola, senza l’aiuto di persone fidate, senza il supporto spesso salvifico della famiglia. Gala ha stretto accordi che ha poi reciso, si è vista costretta a perdere tempo. Poi è ripartita. Ha scritto Faraway, è tornata ad esibirsi. Sola, sempre, pensando da sé all’organizzazione dei propri eventi, alla logistica. Nel 2008 questa indipendenza l’ha riversata nella fondazione di un’etichetta discografica, la Matriarchy Records. Da allora ha continuato a fare musica, davanti e dietro le quinte. Altri singoli, altre performance, i suoi pezzi più noti diventati cover. Uno, Freed from desire, grido di battaglia negli stadi. Il brano, che Gala - in occasione del film Un amore all’altezza (Francia, 2016) - ha inciso in versione acustica, ha riempito le curve. Lo hanno cantato i tifosi nordirlandesi, al loro Will Grigg. Lo hanno ripreso gli inglesi, «Vardy is on fire», e con loro la Roma biancoceleste: «Lazio is on fire» rimbomba all’Olimpico, mentre il Milan, nell’ultima e più nota versione, ha riadattato la canzone perché potesse celebrare Pioli, l’allenatore dello scudetto numero 19. «Non sono tifosa di nessuna squadra di calcio ma sono onorata che la mia canzone ispiri atleti di differenti squadre e discipline sportive di tutto il mondo», ha scritto Gala sul proprio profilo Instagram, celebrando l’eterna attualità di un brano con il quale ha voluto dar voce a chi voce non ce l’ha, ai poveri, senza «potere», forse, senza «soldi» o grande «reputazione», ma armati delle proprie e «salde credenze».