L’esplosione della bolla immobiliare ha ridotto del 90% i capitali esteri sui listini di Pechino. Ne beneficiano il Sud Est asiatico e l’America latina. Soldiexpert: «Ma per il Dragone il peggio potrebbe essere passato».
L’esplosione della bolla immobiliare ha ridotto del 90% i capitali esteri sui listini di Pechino. Ne beneficiano il Sud Est asiatico e l’America latina. Soldiexpert: «Ma per il Dragone il peggio potrebbe essere passato». Se si analizza l’andamento degli indici azionari e obbligazionari dei cosiddetti Paesi emergenti e si confrontano con quello dei mercati sviluppati si nota come negli ultimi cinque anni le azioni abbiano reso 60% punti percentuali in più, mentre le obbligazioni quasi 15% di maggior guadagno. Gli esperti di un colosso come Jefferies, all’interno di un loro report, spiegano che «ci piacciono le azioni dei mercati emergenti, in particolare quelle asiatiche (India, Sud Est asiatico, America Latina)».Va detto che il quadro complessivo è stato influenzato in modo significativo dalla performance della Cina, che rappresenta il peso massimo nei mercati emergenti. Nel corso del 2023, l’economia cinese ha attraversato un periodo difficile, caratterizzato dal crollo della bolla immobiliare e dalla riduzione dei consumi a causa di restrizioni economiche e sociali. Questi fattori hanno contribuito a una sottoperformance dell’indice Msci China, che ha registrato un calo del 60% rispetto al suo picco nel 2021.Il settore bancario cinese ha risentito di questa situazione, con province del Paese che hanno dovuto intervenire per salvare le banche regionali per un ammontare considerevole. La fuga di capitali stranieri dalle azioni cinesi nel 2023 è stata storica, con quasi il 90% degli investimenti esteri che ha abbandonato il mercato cinese. Questo deflusso è stato causato non solo da difficoltà economiche, ma anche dalle preoccupazioni legate alla mancanza di democrazia e all’intervento statuale diffuso. «Alcuni gestori di fondi», dice Salvatore Gaziano, direttore investimenti di Soldiexpert, «suggeriscono che il peggio potrebbe essere passato per il mercato cinese, considerando i multipli borsistici, ora sulla carta molto attraenti. Tuttavia, emerge una tendenza interessante: cresce la preferenza per fondi ed Etf che escludono la Cina dai loro panieri, riflettendo la preoccupazione degli investitori riguardo alla governance e alla stabilità politica».Nel contesto di questa dinamica, altri mercati emergenti si stanno facendo notare come alternative attraenti. Paesi come il Brasile e l’India stanno guadagnando la fiducia degli investitori. Non solo. Fino a poco tempo fa la Cina attirava più del 10% degli investimenti diretti esteri globali e, con l’inversione di questi flussi, i maggiori guadagni sono stati per i Paesi emergenti rivali, guidati da Vietnam, India, Indonesia, Polonia e soprattutto Messico, che ha visto la sua quota crescere di più del doppio, al 4,2%. Il rendimento da dividendi atteso per le società incluse nell’Msci Brazil ha superato il 7% e il rapporto prezzo-utili a termine è pari a 7,7.L’azionario dell’India, dal canto suo, è salito di circa il 16% superando i massimi storici nelle ultime settimane con gli investitori internazionali che scommettono (circa 15 miliardi di dollari sono affluiti sulla Borsa di Mumbai nei primi undici mesi del 2023) su un aumento della domanda interna man mano che la popolazione indiana cresce.
Stephen Miran (Ansa)
L’uomo di Trump alla Fed: «I dazi abbassano il deficit. Se in futuro dovessero incidere sui prezzi, la variazione sarebbe una tantum».
È l’uomo di Donald Trump alla Fed. Lo scorso agosto, il presidente americano lo ha infatti designato come membro del Board of Governors della banca centrale statunitense in sostituzione della dimissionaria Adriana Kugler: una nomina che è stata confermata dal Senato a settembre. Quello di Stephen Miran è d’altronde un nome noto. Fino all’incarico attuale, era stato presidente del Council of Economic Advisors della Casa Bianca e, in tale veste, era stato uno dei principali architetti della politica dei dazi, promossa da Trump.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 10 novembre con Carlo Cambi
Martin Sellner (Ansa)
Parla il saggista austriaco che l’ha teorizzata: «Prima vanno rimpatriati i clandestini, poi chi commette reati. E la cittadinanza va concessa solo a chi si assimila davvero».
Per qualcuno Martin Sellner, saggista e attivista austriaco, è un pericoloso razzista. Per molti altri, invece, è colui che ha individuato una via per la salvezza dell’Europa. Fatto sta che il suo libro (Remigrazione: una proposta, edito in Italia da Passaggio al bosco) è stato discusso un po’ ovunque in Occidente, anche laddove si è fatto di tutto per oscurarlo.
Giancarlo Giorgetti e Mario Draghi (Ansa)
Giancarlo Giorgetti difende la manovra: «Aiutiamo il ceto medio ma ci hanno massacrati». E sulle banche: «Tornino ai loro veri scopi». Elly Schlein: «Redistribuire le ricchezze».
«Bisogna capire cosa si intende per ricco. Se è ricco chi guadagna 45.000 euro lordi all’anno, cioè poco più di 2.000 euro netti al mese forse Istat, Banca d’Italia e Upb hanno un concezione della vita un po’…».
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, dopo i rilievi alla manovra economica di Istat, Corte dei Conti e Bankitalia si è sfogato e, con i numeri, ha spiegato la ratio del taglio Irpef previsto nella legge di Bilancio il cui iter entra nel vivo in questa settimana. I conti corrispondono a quelli anticipati dal nostro direttore Maurizio Belpietro che, nell’editoriale di ieri, aveva sottolineato come la segretaria del Pd, Elly Schlein avesse lanciato la sua «lotta di classe» individuando un nuovo nemico in chi guadagna 2.500 euro al mese ovvero «un ricco facoltoso».






